Stefano Bandecchi, la mia università, la mia Roma
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Stefano Bandecchi, la mia università, la mia Roma

Ha costruito un ateneo che fa scuola (senza denaro pubblico); ora scende in politica al grido di: "Occorre fare!"

di Floriana Cerami

Un campus stile americano a Roma. All’interno palestra, aule multimediali, una radio, una foresteria, un mensa dove si mangia dall’antipasto al dolce a 4 euro. Stefano Bandecchi l’ha creato nel 2006 e oggi, all’Ateneo Niccolò Cusano, accoglie 10 mila studenti. «Mi avevano detto che era impossibile fare un’università e invece ci sono riuscito senza mai prendere un centesimo dallo Stato, mentre la Bocconi ottiene 20 milioni e la Cattolica 40. Ci sono riuscito, peraltro, con una retta che va dai 1.500 ai 2.400» spiega. Come fate? «Non lo chieda a me, forse è negli altri casi che c’è qualcosa che non va». Bandecchi è un vulcanico imprenditore livornese, parà e padre di due figli. Uno fattosi da solo, rivendica, «nato povero. E questa è stata una fortuna, perché ho conosciuto il mondo vero». Un mondo che vuole cambiare. A partire da Roma. Il Movimento Unione Italiano, da lui fondato, si presenta alle prossime elezioni comunali. Pochi slogan e una certezza: «Occorre fare».

Cosa l’ha spinta a voler fare politica attiva?

Voglio continuare a fare l’imprenditore, la politica per me è legittima difesa. Ho fondato un movimento riunendo persone di grande valore che mi auguro dopo cinque anni non facciano più politica. Gli deve passare la voglia, proprio perché l’hanno fatto seriamente. Non ho messo il mio nome sul simbolo e non mi candido. Voglio solo portare un po’ di logica.

Ovvero?

In politica oggi ci sono troppe chiacchiere e pochi fatti. Chi fa politica non deve avere l’ambizione né di arricchirsi né di diventare potente, invece negli ultimi 50 anni si è visto solo questo. Viviamo in un paradosso totale. Il debito è un problema di questo Paese e nessuno propone soluzioni, nessuno ha deciso come pagarlo. Quando come imprenditore mi sono indebitato, ho pianificato come ripagare i miei debiti. Ecco: la mia proposta concreta è di aumentare il Pil e di tassare di meno. È in questo modo che il lavoro si rimette in moto, perché se non si lavora non si vive.

Purtroppo i dati sulla disoccupazione e sui suicidi a essa legati sono allarmanti. La crisi si può superare?

Se continua così ci sarà anche sempre più gente armata, perché senza lavoro non c’è rispetto di se stessi. Mio fratello si è impiccato per non aver trovato il lavoro, non voleva un lavoro dato da me, ma cercava la dignità e impazziva dietro al concetto di questa dignità. Il lavoro è la cosa più importante, se penso ai momenti più drammatici della mia vita sono stati quando mi sono trovato senza occupazione. Oggi molti sono in questa situazione, ma mentre  il resto del mondo in questo momento di crisi ha trovato una strada, l’Italia è ferma.

Che fare allora?

Le faccio un esempio concreto che riguarda Roma. Vorrei che ogni fermata della metro fosse dedicata ad un tema della romanità, partendo dal progetto scenografico della fermata della metropolitana di Cinecittà, oggi ‘scandalosamente’ anonima. Un posto in cui sono stati girati più di 3 mila film, 47 dei quali hanno vinto l’Oscar. Si potrebbe creare una ristrutturazione scenica, come hanno fatto gli americani con la passeggiata hollywoodiana. Via Tuscolana deve diventare la via del cinema, con le fermate a tema, i turisti che le percorrono, 1500 negozi che ripartono. Ecco vede, si può partire già da quello che esiste, il cinema, la metro, i negozi.

Certo, ma per ripartire servono i soldi.

Con l’Imu pagata dai cittadini di quella strada, ad esempio. Oppure usando i finanziamenti europei rimandati indietro tutti gli anni. E senza dare gli appalti a chi ruba. Ecco non propaganda, ma concretezza. Credo che sarebbe opportuno creare un istituto bancario a disposizione del cittadino e delle imprese con cui il governo di Roma Capitale possa realmente dare avvio allo sviluppo economico e sociale della città.

Un’altra banca?

Oggi se chiedi un finanziamento te lo danno dal 15 per cento di interessi, il costo del denaro però è allo 0,50. Abbiamo banche non con imprenditori, ma con politici. Invece serve una banca che dia soldi e si fidi degli italiani.

Il suo movimento appoggia il candidato sindaco Gianni Alemanno. Le sue proposte sono di centrodestra?

Abbiamo visto 22 candidati e cercato quello che più sposava le nostre idee, che le riteneva più coerenti con le sue. Non ci reputiamo né di destra né di sinistra. Nella vita, quando non avevo nulla, mi ha aiutato un direttore di banca, allora lo potevano fare. Lui votava Pci. Io Msi. Eppure mi ha dato un mutuo da un miliardo di lire. Avevamo le stesse idee, forse uno di noi due sbagliava il voto. Come dice Francesco Guccini siamo «un po’ anarchici e un po’ fascisti», gli italiani sono così. Facciamo qualcosa a destra o a sinistra, ma soprattutto facciamo qualcosa. Perché la grande tragesia di questo Paese è il non fare.

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