Monti al Quirinale? Non è solo una voce
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Monti al Quirinale? Non è solo una voce

Che cosa c'è dietro l'ultima esternazione del premier secondo i parlamentari intercettati dalla nostra fonte al Transatlantico

Quello che segue è il diario di un giovedì pomeriggio in Transatlantico. Non un giovedì come tanti altri, in cui i trolley dei deputati affollano i corridoi di Montecitorio pronti a salire sulla prima corriera in partenza da Roma.  No, quello di ieri, come qualcuno lo ha definito, è stato “il giorno della marmotta”.
Occhi puntati sull’outing del Mario Monti newyorkese che in un’intervista a Bloomberg si dice pronto a tornare in caso di bisogno . “È uscito dal rifugio! - commenta un deputato. “E non mi sembra si sia spaventato stavolta. Lo scenario elettorale del 2013 si fa sempre più limpido”. “La data fatidica sarà il 7 aprile”, si precisa tra i deputati trolley. Monti non si ricandiderà ma “resterà senatore a vita e aspetterà la chiamata per il Colle”, viene precisato da autorevoli esponenti di partito.

Perché - questo il ragionamento di una fonte di governo - sia per il ruolo di senatore a vita, sia per l’immagine superpartes cui si è lavorato in questi mesi con gli interlocutori stranieri, “il premier non accetterà mai di farsi imbrigliare in un’appartenenza politica. E ancor più non accetterà che la sua Agenda sia liquidata da partiti politici fortemente critici verso l’impegno dei professori e che un domani potrebbero far parte dell’alleanza di governo”.  Quale miglior modo, allora, per evitare lo stravolgimento degli impegni assunti in questi mesi? Guardare i partiti dall’alto. Dal Colle più alto.

Il gruppetto di deputati trolley si fa sempre più nutrito. Ascoltano con interesse il calendario del turnover istituzionale. Prendono appunti. Poi la sintesi di qualcuno: “quindi Prodi e Casini costretti a stare fermi per un altro giro?”.

Gli Udc posticipano le partenze. Casini convoca una conferenza stampa, mette a disposizione del premier le sue liste e ritenta quelle prove generali di un Monti bis non andate in porto a Chianciano. Poi precisa. “Monti non è patrimonio della mia lista o del mio partito: questa sarebbe un’appropriazione indebita”. E’ l’apertura alla grande coalizione, anche se i più maligni (fonti Pd) fanno trapelare che questi generosi abbracci siano più che altro “rivolti a convincere il professore a restare a Chigi per incassare, lui Casini, il Quirinale”.

Nel frattempo sulla possibilità di un bis il Pd si divide. Alla spaccatura sulle regole anti-Renzi per le primarie si aggiunge quella sul prossimo candidato premier. Parisi, Fioroni e Farinone accolgono con interesse la disponibilità di Monti, ma chiedono un chiarimento prima del voto. I bersaniani, invece, si agitano e chiedono uno “stop all’eccezionalità”. Più tardi sarà Bersani stesso a ripetere: “se qualcuno pensa di prenotare le elezioni, rendendole inutili, pensando che il giorno dopo debba fare un accordo con Berlusconi e Grillo, io mi riposo”.

In tutto ciò il silenzio del Pdl è sospetto. I pochi deputati trolley di centrodestra presenti alla Camera si ricordano che alle 18.00 Berlusconi avrebbe fatto una comparsa pubblica insieme a Giuliano Ferrara e Renato Brunetta. La corriera salta anche per loro. Qualcuno durante il tragitto verso il Tempio di Adriano chiede ai colleghi: “ma se Monti va al Colle non è che ci mettono Amato (ndr. Giuliano) a Chigi?”, l’allusione è rivolta al fatto che fino a qualche giorno era proprio il nome dell’attuale Consigliere di Monti per i partiti a circolare per il Quirinale. Un collega di partito gli risponde: “e chi ci capisce più niente. Facciamo un salto dal presidente, chissà che la marmotta non venga fuori anche da quelle parti…”. La speranza è che anche Berlusconi a questo punto confermi la propria candidatura.

Resteranno invece delusi. Perché al di là dei cavalli di battaglia dell’ex presidente del Consiglio (dall’euro alla Germania della Merkel, dall’Imu ad Equitalia) il leader Pdl sorprende tutti con un endorsement al professore e all’ipotesi di grande coalizione. Tra le prime file si commenta: “ma come, non avevamo deciso che non si doveva dire?”. “Evidentemente i tempi sono maturi!”, è la risposta stoica che arriva da un alto dirigente di via dell’Umiltà. Grandi assenti della giornata gli exAn. Visto dall’esterno – commenta un cronista parlamentare - sembra proprio che “l’equilibrio interno al Pdl cominci davvero a vacillare e che il patto anti-scissione di qualche giorno fa sia già stato archiviato”.

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