Elezioni, vogliono blindare l'agenda Monti
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Elezioni, vogliono blindare l'agenda Monti

Chiunque vinca, nel 2013, ci potrebbe essere una riedizione della Grosse Koalition. Con un premier super partes e la benedizione del Colle

Nel giro di poche ore gli ingranaggi messi in moto nelle ultime settimane hanno cominciato a girare in senso completamente inverso”. La legge elettorale, le alleanze, il futuro premier, le elezioni anticipate. Sono saltate tutte le trattative agostane “concordate a tavolino”. Da oggi si ricomincia da zero. E l’autunno si preannuncia più caldo che mai.

Le indiscrezioni delle ultime ore – “ho conferme da alte sfere quirinalizie”, si sbilancia un deputato di lungo corso – danno per scontate le elezioni a primavera: “C’è già una data, si voterà il 7 aprile”. Tutti i gruppi parlamentari sembrano aver preso atto del nuovo corso istituzionale che Quirinale e Palazzo Chigi stanno approntando in vista dell’autunno caldo.

Si era partiti da un’ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere a fine dicembre, dopo l’approvazione della legge di stabilità. Il che avrebbe portato a fissare la data delle nuove elezioni tra fine febbraio ed inizi di marzo. “A patto, tuttavia, che si arrivasse alle urne con una nuova legge elettorale”.

A quel punto “l’imperativo categorico dei difensori della responsabilità verso l’Europa”, continua a spiegarci una fonte parlamentare, sarebbe stato quello di “scindere la maggioranza uscita vittoriosa dalle urne con la governabilità”. Che tradotto vorrebbe dire: “Chi vince le elezioni non dia per scontato di sedersi a Palazzo Chigi”.

Facile immaginare le reazioni del Partito Democratico - dato in vantaggio da tutti i sondaggi. I continui refrain “ce lo chiede l’Europa” e “il peggio deve ancora arrivare” avrebbero finito per obbligare i partiti ad un accordo su una grande coalizione di sostegno all’agenda Monti anche per il 2013. Con la più che concreta possibilità che a sedere alla presidenza del Consiglio fosse a quel punto una persona super partes, svincolata da logiche e appartenenze di partito.

Da ambo gli schieramenti non erano mancate inquietudini rispetto a quest’ennesimo commissariamento della politica. Per mantenere in vita l’agenda Monti il Pd avrebbe dovuto rinunciare all’alleanza con l’Idv e Sel, “a quel punto rischiando di non avere più una solida maggioranza parlamentare”. (Non è un caso se “quel furbacchione di Renzi ha giocato di anticipo elogiando Monti e dicendosi pronto a rinunciare alla premiership in suo favore”, fanno notare in area Pd). Il Pdl, invece, avrebbe dovuto sancire al proprio interno la rottura tra coloro che chiedono da mesi “uno sgambetto ai tecnici” e chi, invece, “sostiene una grande coalizione per ridurre i danni della perdita elettorale”.

L’unico modo per inceppare questo ingranaggio era quello di minacciare la mancata riforma della legge elettorale. E così è stato. “I partiti hanno volutamente rallentato sulle trattative”. Costringendo in questo modo il Quirinale ad assumersi da solo la responsabilità di un eventuale scioglimento anticipato delle Camere con il Porcellum ancora in piedi.

Prevedibili le reazioni: Napolitano sente Fini e Schifani ed esorta le Camere a procedere sulla riforma. “E’ il via libera alle elezioni ad aprile”, e a qualche settimana in più di tempo per raggiungere un accordo sulla nuova legge. Pena il “rischio che si arrivi comunque in Aula con un testo da approvare a colpi di maggioranza”.

“Questa legge s’adda fare”: da oggi è il bigliettino da visita che serve da un lato a Napolitano per uscire a testa alta dal settennato, e ai partiti come impegno ad approntare una riforma a patto che il vincitore delle prossime elezioni possa affacciarsi e gridar vittoria dalle finestre su Piazza Colonna.  

“Che tipo di legge elettorale e chi uscirà vittorioso dalle urne sono incognite che dipendono ancora da troppe variabili”: in primis dagli scandali interni ai partiti (“quello del Pdl Lazio si fa sentire con una certa preoccupazione”); dall’esito delle elezioni in Sicilia che metteranno alla prova nuove e “strane alleanze”; ed infine dalla competizione “geriatrico versus pediatrico” che il Pd ha già sdoganato con la coppia Bersani-Renzi, mentre il Pdl fatica ancora ad accogliere.

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