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Sondaggi: populisti al 60 per cento. E il resto a rischio estinzione

Secondo Ipsos, Salvini e Di Maio sono al 60 per cento dei consensi, mentre tutti gli altri partiti lottano per la sopravvivenza

A livello parlamentare hanno prodotto poco o nulla, ma la scalata al consenso non si è arrestata.

Secondo il sondaggio Ipsos di Nando Pagnoncelli pubblicato da Il Corriere della Sera, Lega e Movimento 5 stelle oggi superano il 60 per cento dei consensi. I grillini tornano sopra il 30 per cento e la Lega segue poco dietro. Insomma, i risultati ottenuti sembrano non contare nell'era della democrazia diretta, degli hashtag, delle dirette Facebook e dei selfie venuti male.

La propaganda convince più che le azioni e forse ha ragione Davide Casaleggio quando dice che il superamento del Parlamento, come luogo di rappresentanza, è inevitabile. La rete oggi sposta i consensi ed è diventato il luogo della politica per eccellenza.

Cambia la visione del mondo

Oggi, grillini e leghisti si spartiscono il consenso con percentuali bulgare e che rischiano di rimanere tali molto a lungo. Basti pensare che solo i partiti del cosiddetto "compromesso storico", Democrazia cristiana e Partito Comunista, erano arrivati tanto in alto nei sondaggi. A quarant'anni di distanza, la visione della politica è cambiata e al posto di Moro e Berlinguer troviamo Salvini e Di Maio.

Se nel '78 si sognava il superamento dei blocchi e la costruzione di una società più inclusiva, oggi invece chiudiamo i porti e strizziamo l'occhio a chi costruisce i muri contro i migranti.

Partiti tradizionali a rischio estinzione

Tutto il resto non esiste o è a rischio estinzione. Il partito di Berlusconi si ferma al 7,7 per cento, toccando uno dei suoi minimi storici, mentre in lieve risalita appare Fratelli d'Italia che arriva al 3 per cento. Entrambi però, in caso di elezioni anticipate potrebbero contare ancora su una candidatura in coalizione, con Salvini candidato premier, che oggi sarebbe in grado di superare la soglia del 40 per cento prevista dal Rosatellum. Un'ipotesi non remota ma che impone comunque a tutti i partiti che oggi sono idealmente all'opposizione un cambio di registro anche comunicativo, pena l'estinzione.

La dissoluzione della sinistra

Il caso più emblematico riguarda il Partito democratico che passato dagli sfarzi del 40 per cento delle europee del 2014 al tonfo delle elezioni del 4 marzo, quando si è fermato ad un misero 18 per cento, che a distanza di quattro mesi, si è ridotto al 17 per cento. Insieme a Leu, il Pd è l’unico partito di centrosinistra a sedere in Parlamento nel ruolo di opposizione, ma che oggi sembra totalmente assente dal dibattito pubblico e che appare sempre più perso nelle dinamiche interne e congressuali.

Insomma tutti i partiti che oggi non siedono nei banchi del governo hanno un urgente bisogno di reinventarsi di fronte a questa ondata di populismo crescente che non risponde ai canoni tradizionali della politica. Chi oggi pensa che sia l’attesa la migliore strategia, considerando un bluff chi governa, rischia di sottovalutare ancora una volta il fenomeno che sta dilagando in tutta Europa e che l’anno prossimo potrebbe trasformarsi in un referendum sulla tenuta dell’Unione Europea.

Già perché nel 2019 si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo e i movimenti antisistema europei stanno già affrontando il tema come si trattasse di un referendum. Mentre i partiti di sinistra e popolari europei sono a rischio estinzione.

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Sara Dellabella