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ANSA/ANGELO CARCONI
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Rosatellum bis: il grande errore del voto di fiducia

Sulla legge elettorale si apre la campagna elettorale, che dà al populismo nuovo pane per i denti e che potrebbe essere un boomerang per il PD

Alla fine Paolo Gentiloni ha cambiato idea. Su sollecitazione di Matteo Renzi e copertura politica del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che da mesi invitava il Parlamento a varare una legge elettorale, il governo ha posto la questione di fiducia

Ma non bisogna cadere nell’inganno che questa sia una prova di forza. Al contrario, in questo caso la fiducia è l’espressione della fragilità di questa maggioranza che neanche di fronte a un ampio consenso intorno al testo del Rosatellum bis, si è sentito al riparo dai franchi tiratori.

Al Pd che da solo alla Camera avrebbe i numeri sufficienti per approvare qualunque cosa, non è bastata la convergenza di Forza Italia, Ap e Lega per evitare questo strappo istituzionale che ieri ha trasformato l’aula di Montecitorio in uno stadio e oggi le vie del centro in piazze di protesta. Il M5s davanti alla Camera, Sinistra italiana e Articolo 1 - Mdp al Pantheon.

Una scelta quella della fiducia che apre ufficialmente la campagna elettorale, che dà al populismo nuovo pane di cui alimentarsi e che paradossalmente potrebbe trasformarsi per il Pd in un boomerang al momento delle urne.

La strada del Rosatellum, quindi, è tutt’altro che in discesa. La scelta di Gentiloni di porre la questione di fiducia non ha fatto altro che polarizzare le posizioni in campo. Giuliano Pisapia è stato chiaro: “Non si può dire "andiamo uniti" mentre si fa una legge elettorale con Berlusconi, Salvini e Alfano. Per noi questo è uno spartiacque”.

Una scena già vista

Roberto Speranza, oggi esponente di Mdp ha definito la fiducia “una violenza inaccettabile”. Per Speranza questo è un film già visto. Lui in occasione del voto di fiducia sull’Italicum abbandonò il ruolo di capogruppo del PD con queste parole: “Non cambiare la legge elettorale è un errore molto grave che renderà molto più debole la sfida riformista che il Pd ha lanciato al Paese”.

Insomma, le scene di queste ore, le abbiamo già viste nel 2015 e quello che è più grave, che esaspera gli animi dentro e fuori il Parlamento è che la storia si ripete sempre uguale a se stessa, sperando che nessuno se ne accorga. Ma come fa notare qualcuno interno al PD “la vittoria di oggi non vuol dire che la gente alle votazioni voterà per noi. A colpi di maggioranza abbiamo portato a casa tante cose, ma poi il tonfo del referendum l’abbiamo sentito tutti”.

E anche chi come Gianni Cuperlo, solo pochi giorni fa, avvertiva che il voto di fiducia sulla legge elettorale sarebbe stato “uno strappo” è rimasto inascoltato. Senza contare che la legge elettorale è materia parlamentare e non dell’esecutivo, così come evidenziano i commentatori notando i, non nobilissimi, precedenti: la legge Acerbo nel 1923 che garantì a Mussolini la maggioranza parlamentare, la “legge truffa” nel 1953 e l’Italicum. Tanto che ieri Nichi Vendola in un tweet ha ribattezzato il Rosatellum come “fascistellum”.

Gli scenari 

L’obiettivo è quello di arrivare a un via libera definitivo prima della chiusura della sessione di bilancio, che inizia il 27 ottobre. Anche perché, dopo l'approvazione della legge, il governo avrà bisogno di ulteriori 30 giorni per disegnare i collegi. A quel punto si potranno sciogliere le Camere. Al Senato il problema dei voti segreti è relativo visto che possono essere richiesti in un numero limitatissimo di casi, ma c'è comunque il problema di superare le resistenze dei senatori a dare il proprio consenso a una legge su cui non hanno messo becco. Per questo c'è chi avanza l'ipotesi di un voto di fiducia anche a Palazzo Madama, dove i numeri sono sempre un problema.

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Sara Dellabella