Ridurre gli stipendi dei parlamentari? Inammissibile, oggi come negli anni 50
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Ridurre gli stipendi dei parlamentari? Inammissibile, oggi come negli anni 50

Con un voto in commissione i parlamentari rifiutano di adeguare i compensi alla media Ue. C'è un precedente storico. Che risale ai tempi di Gronchi

Non è  ammissibile ridurre gli stipendi ai parlamentari, anche se questo potrebbe servire a incoraggiare l’occupazione giovanile. A stabilirlo sono stati gli stessi parlamentari.  I fatti: la Commissione Industria del Senato, che si sta occupando dell’ammissibilità o meno dei 1800 emendamenti inclusi nel Decreto Sviluppo, ha  deciso di bocciare l’emendamento della senatrice democratica Leana Pignedoli che al fine di reperire, attraverso la riduzione del costo della rappresentanza politica nazionale, maggiori risorse da destinare al sostegno delle politiche per la crescita e l’occupazione giovanile" avrebbe posto il principio che il trattamento economico ciorrisposto ai parlamentari "non può superare la media ponderata rispetto al Pil degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai membri dei Parlamenti nazionali dei sei principali Stati dell’Area Euro”. Quello che si chiedeva, quindi, era solo di adeguare gli stipendi di  senatori e deputati italiani a quelli degli altri Paesi europei.

C'è un precedente storico. Nel 1954, alla vigilia di Natale, l’onorevole Giuseppe Veronesi inviò una lettera al presidente della Camera Giovanni Gronchi con la quale annunciava le sue dimissioni perché due giorni prima la Camera dei Deputati in seduta segreta, quindi senza la presenza di pubblico e stampa, aveva approvato l’istituzione del vitalizio a partire dai 60 anni dopo una sola legislatura. Nella sua lettera scriveva: “In questo modo si continua su una strada che io non mi sento di approvare. Infatti, la nostra gente, e specie la povera gente, ha bisogno di buone leggi ma anche di buoni esempi.”

Al danno però si aggiunse la beffa perché, dopo averla letta, il presidente Gronchi, che di lì a qualche mese sarebbe diventato Presidente della Repubblica, rispose amareggiato: “Non credo che io debba commentare, per quanto riguarda la Presidenza della Camera, il merito di questa lettera, della quale però non posso tacere che il suo tenore, oltre ad essere inopportuno, è in parte inesatto e in parte assolutamente ingiusto”. Come dire: non è assolutamente ammissibile che i parlamentari diano il buon esempio. Allora come oggi.

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Sabino Labia

Laureato in Lettere all'Università "Aldo Moro" di Bari, specializzazione in "Storia del '900 europeo". Ho scritto tre libri. Con "Tumulti in Aula. Il Presidente sospende la seduta" ho raccontato la storia politica italiana attraverso le risse di Camera e Senato; con "Onorevoli. Le origini della Casta" ho dato una genesi ai privilegi dei politici. Da ultimo è arrivato "La scelta del Presidente. Cronache e retroscena dell'elezione del Capo dello Stato da De Nicola a Napolitano" un'indagine sugli intrighi dietro ogni elezione presidenziale

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