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ANSA/ GIUSEPPE LAMI
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Referendum costituzionale: adesso Renzi prova a trascinare il partito

Il premier intende impegnare tutto il Pd nella battaglia per il Sì alla riforma. Le incertezze di Bersani

È noto che Matteo Renzi, nella sua doppia veste di premier e di segretario Pd, si gioca il suo futuro politico sul referendum costituzionale di ottobre, quando i cittadini italiani saranno chiamati a esprimere con un o con un No il loro gradimento al progetto di riforma monocameralista approvato il 12 aprile alla Camera.

È altrettanto nota l'ostilità alla riforma, all'interno del suo partito, di un pezzo della minoranza, che teme - con la creazione di un Senato delle regioni a elezione indiretta spogliato delle tradizionali prerogative - una deriva plebiscitaria nella politica italiana.

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IL TIMORE DI RENZI
Per Renzi quella sul referendum è la madre di tutte le battaglie. Il suo timore è che possa saldarsi la diffidenza della minoranza di sinistra del Pd  con quei settori dell'opinione pubblica, vicini al centrodestra e al M5S, che attraverso il referendum puntano a dare la spallata definitiva alla maggioranza. Il suo richiamo all'unità del partito si inquadra in questo contesto.

"Nei prossimi sei mesi occorre parlare al Paese" - ha detto il premier rivolto ai suoi parlamentari. "Farò questo e soltanto questo, rinunciando a ogni tipo di diatriba interna. Nei prossimi sei mesi giochiamo all'attacco e andiamo a raccontare in ogni piazza cosa stiamo facendo".  

BERSANI DIXIT
Pierluigi Bersani, nella trasmissione Otto e mezzo, è tornato sul tema.

Non ha scoperto le carte ma ha chiesto, come condizione per impegnarsi per il Sì, che sia reintrodotta l'elezione diretta dei senatori, che secondo il progetto di riforma approvato dalla Camera sarebbero scelti secondo criteri proporzionali tra i consiglieri regionali e i sindaci: "Ho votato sì con luci e ombre e con il patto dell'elezione diretta dei senatori, da fare subito. Ho tutta l'intenzione di votare sì. Ma - ha avvertito l'ex segretario dopo le rassicurazioni - la costituzione non può essere l'oggetto con cui dividi il Paese. Qui stiamo parlando della Costituzione, non siamo in cerca del maschio alfa...".

SINTESI POSSIBILE
Anche sulla  possibilità che nel Pd  possono sorgere comitati del No, Bersani si è limitato a dire che "è legittimo che ci siano membri del mio partito ed elettori del Pd che votano no". Una frase che è insieme un no alla scissione ma anche un no all'idea di un partito sottomesso alle esigenze del premier e del governo. La battaglia dentro il Pd si gioca su questo.

Trovare la sintesi nel partito, dopo che Renzi ha distribuito ai segretari territoriali i moduli per la raccolta delle firme a sostegno del Sì, non sarà affatto un compito semplice. Né per il Pd e nemmeno per il governo, il cui futuro è appeso in parte al risultato delle prossime elezioni amministrative di Napoli, Milano, Roma, Torino e Bologna e in parte - in massima parte - al risultato del referendum costituzionale.



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