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Quei ladri del passato

L'editoriale del direttore di Panorama, Maurizio Belpietro dedicato all'Europa, alla manovra, alla politica del passato che ci ha portato al buio di oggi

Non so come finirà il braccio di ferro sulla manovra fra il vertice della Ue e l’Italia. Al momento in cui scrivo tutti giocano a fare i duri, anche se, sotto sotto, si capisce che dall’una e dall’altra parte, dopo aver mostrato i muscoli, sono pronti a trattare. Del resto, non conviene a nessuno un duello all’Ok Corral. Non al nostro Paese, che comunque rischia di riportare serie ferite nella sparatoria, e la crescita dello spread ne è una testimonianza.
Ma non fa comodo nemmeno all’Europa, che se la resa dei conti arrivasse fino alle estreme conseguenze non avrebbe che da perderci, sia per quanto riguarda la moneta comunitaria sia per la stabilità dell’intera area euro.
Un’Italexit è impensabile, perché dopo l’uscita della Gran Bretagna se ne andrebbe la terza economia del Continente e la Ue sarebbe più piccola e meno determinante dal punto di vista del peso politico internazionale. Un crac dell’Italia sarebbe in pratica un crac della stessa Europa, per lo meno dell’Europa così come era stata pensata ai tempi del trattato di Roma e credo che tutto ciò nessuno lo desideri, perché se avvenisse sarebbe un fatto gravido di conseguenze politiche ed economiche da cui nessuno, neppure la Germania, uscirebbe indenne.
Ma a prescindere da quel che succederà e che vedremo nei prossimi giorni, ciò che credo sia utile capire è come si sia arrivati a questo punto. Tutta colpa del governo pentaleghista, come qualcuno sostiene? Se al posto di Matteo Salvini e Luigi Di Maio ci fosse stato qualcun altro sarebbe stato diverso? La risposta è no. E non si tratta di un’opinione, ma di numeri, cioè dei dati macroeconomici di questo Paese. In sette anni, cioè da quando, scaricato Silvio Berlusconi, ci siamo affidati alle regole europee, accettando di rinunciare a parte della nostra autonomia finanziaria e inserendo nella costituzione il pareggio di bilancio, il debito pubblico è salito di circa 400 miliardi, il Pil è cresciuto, ma sempre meno di altri Paesi, e la disoccupazione è rimasta alta. Se il 4 marzo gli italiani hanno dato un calcio a chi ha governato negli anni precedenti, non è perché siano all’improvviso impazziti, ammaliati dal pifferaio verde di Pontida (so che Salvini non è orobico bensì milanese, ma nell’immaginario collettivo i leghisti sono sempre di Bergamo).
È perché chi c’era prima ha fatto aumentare le preoccupazioni degli italiani, senza risolverne alcuna. Nelle notti agitate degli elettori non c’era solo la paura degli immigrati, come qualcuno vuole fare credere, ma anche quella del futuro. Eppure, mentre i prezzi delle case calavano e i disoccupati aumentavano, mentre il debito saliva e il Pil scendeva, da Mario Monti a Paolo Gentiloni hanno continuato a raccontare agli italiani di intravedere una luce in fondo al tunnel. La percezione degli aventi diritto al voto, invece, era opposta.
Al posto della luce percepivano il buio. Così hanno scelto i Cinque Stelle o la Lega, in quanto gli altri partiti - e ahimè anche la classe politica europea - si sono limitati a mettere in scena una commedia quando gli italiani non riuscivano a mettere in tavola qualche cosa. Cinque milioni di poveri sono un dato, non una sensazione. E cinque milioni di persone che non hanno nulla da perdere votano senza ascoltare i ragionamenti di chi sta a Palazzo Chigi o a Bruxelles, o anche solo nel borghesissimo salotto di casa, con la pancia piena e tante belle idee politicamente corrette.
Non so come finirà il governo, né che ne sarà della manovra. So che a questa situazione non ci si è arrivati per caso, ma si è giunti con la complicità della classe dirigente italiana ed europea, che ora se la prende con leghisti e Cinque Stelle come se fossero i responsabili di ciò che sta succedendo. Beh, non lo sono. Se il debito è cresciuto lo di deve ad altri e se oggi la Ue minaccia sanzioni è perché è stata zitta quando doveva parlare, chiudendo gli occhi su manovre elettorali come quella degli 80 euro. Il ladro di futuro non è, come recita il Pd, chi prova, magari sbagliando, a governare ora, ma chi ha governato prima. O pensate davvero che una volta cacciati i pentaleghisti il debito scenderebbe come per miracolo, il Pil farebbe faville e la disoccupazione sparirebbe? Via, non prendiamoci in giro. Oggi c’è chi minaccia il governo tecnico e la troika, ma lo fa guardando i dati di ieri. Qui non ci sono ladri di futuro. Ci sono ladri del passato. E sono quelli che brigano per ripetere il colpo. 
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Maurizio Belpietro