Prodi, Bersani, Letta: vogliono rifare l'Ulivo
MATTEO BAZZI / ANSA
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Prodi, Bersani, Letta: vogliono rifare l'Ulivo

Dietro la battaglia sull'Italicum c'è il "nuovo" progetto politico della sinistra dem. Che assomiglia soprattutto a una ripicca

Per quanti sforzi abbiano fatto, i vari Bersani, Bindi D'Attorre non sono riusciti a convincere che il loro problema sia davvero l'Italicum. La verità, e il primo a essersene reso conto è stato proprio lui, è che ce l'hanno soprattutto con Matteo Renzi. Se il problema fossero i diritti generali e le aspettative del proprio elettorato, allora non si capirebbe come mai su scuola e lavoro la sinistra dem non abbia battagliato come sulla legge elettorale.

Perché Renzi non teme la scissione nel Pd

Guarda caso, nelle stesse ore in cui l'ufficio di presidenza del Pd procedeva alla loro sostituzione in commissione affari costituzionali della Camera per evitare che l'Italicum si impantanasse per settimane e venisse modificato con conseguenze ben più indigeste della scontata fiducia che verrà messa in Aula, hanno cominciato a filtrare (favorite da interviste televisive ad hoc e interventi sui giornali) voci e indiscrezioni su un “nuovo” progetto politico, ma con basi ovviamente ben piantate nel passato, cui ex leader della sinistra meditano di dar vita per “vendicarsi” dell'usurpatore della “Ditta”.

Quale "nuovo" Ulivo?
Per farla breve: vogliono rifare l'Ulivo. Dare un calcio al bipartitismo perseguito dal premier e tornare alle ampie coalizioni, alla concertazione, al dominio dei corpi intermedi, dai sindacati alle lobby alle associazioni di categoria. Chi? Sempre loro, l'usato che avanza: Prodi, Bersani, Letta jr, magari D'Alema, la Bindi. Tutta gente che si è scannata per decenni, che alle urne ha sempre perso e che anche quando ha vinto (Prodi nel '96 e nel 2006) ha fatto in modo di suicidarsi dopo e che oggi, da vecchia oligarchia sconfitta, contesta a Renzi di guidare il partito e il Paese come un monarca e per questo vuole detronizzarlo. Senza capire, o facendo finta di non capire, che alla base del suo successo, oltre che un' enorme dose di caparbietà, determinazione e spregiudicatezza, c'è anche il fatto che la gente di sinistra si era stufata di perdere.

Prodi, Bersani, Letta
E invece eccoli di nuovo:
- Romano Prodi, che ormai ogni giorno ci fa sapere quanto si senta distante dal Partito della Nazione (che tra l'altro ancora non esiste e chissà mai se esisterà) lui che con Twitter (il social network preferito da Renzi) ha scarsa dimestichezza e quanto sia bella la sua vita lontano dalla politica nonostante nel suo libro-intervista con Marco Damilano non faccia altro che parlare di politica e di una “missione incompiuta” che chiaramente smania di poter compiere.
- Pier Luigi Bersani, al quale non è bastata la “non-vittoria” del 2013, il tentativo fantozziano di dar vita a un governo con i 5Stelle e la tragica gestione dell'elezione del presidente della Repubblica con cui ha fatto secchi due pezzi da novanta del suo partito come Franco Marini e lo stesso Romano Prodi, per convincersi a tirare i remi in barca o comunque a fare un passo indietro lasciando spazio ad altri più capaci o quantomeno più fortunati di lui.
- Enrico Letta, uno talmente di sinistra da aver deciso di andare a dirigere un'università parigina per figli di papà e dichiarato, come un grillino qualsiasi, di voler lasciare il Parlamento per vivere del proprio lavoro (come se fare il parlamentare non fosse un lavoro), rinunciando alla pensione (che comunque non avrebbe l'età per percepire) dopo essere già stato una volta premier non eletto, tre volte ministro, una sottosegretario e deputato in quattro diverse legislature pur aborrendo House of Card (di nuovo, la serie tv preferita da Renzi).

All'opposizione per ripicca
Avrebbero potuto rimandare lealmente la loro battaglia al momento del congresso quando, con le primarie, elettori e simpatizzanti del centrosinistra diranno se preferiscono avere un leader che decide o un leader che media (due visioni perfettamente legittime del potere ma non conciliabili) e nel frattempo contestare sì la linea del proprio segretario, ma senza mettersi a fare il lavoro dell'opposizione con più forza dell'opposizione stessa minacciando continuamente di spaccare tutto. Anche solo per ripicca.

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Claudia Daconto