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GIULIO NAPOLITANO/AFP/Getty Images
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La trattatvia stato-mafia e le due facce della verità

Le motivazioni dell'assoluzione di Mori vengono criticate dai teorizzatori che vedono l'ennesimo complotto - Le motivazioni della sentenza Mori

Oggi i cupi teorizzatori della trattativa Stato-mafia sono in gramaglie. Sono scandalizzati, schifati, offesi. Si stracciano le vesti perché il Tribunale di Palermo, nelle motivazioni (leggile qui ) della assoluzione del generale dei carabinieri Mario Mori dall’accusa di avere favorito la mafia per non avere catturato nel 1995 il boss Bernardo Provenzano, ha «osato» negare validità all’ipotesi del negoziato tra parti deviate delle istituzioni repubblicane e Cosa nostra. 

Marco Travaglio scrive sul Fatto quotidiano che è la sentenza «è una cluster sentenza», cioè una pronuncia che come le bombe a grappolo colpisce contemporaneamente più obiettivi. I giacobini sono scandalizzati, schifati, offesi perché «con la formula Dash, paghi uno prendi tre», i giudici palermitani hanno osato intervenire su temi contigui a quel che giudicavano, «fulminando anche altri processi, possibilmente scomodi per il potere». 

Stupisce lo stupore. Perché questo accade regolarmente in Italia. E per anni i suddetti giacobini ci hanno ripetuto che la stessa trattativa aveva trovato una definitiva asseverazione in sentenze che poco avevano a che fare con le bombe palermitane del 1992. È la solita verità a due facce. Se stanno dalla tua parte sono giusti, corretti, morali; se stanno dall’altra parte sono fabbrica del fango, killer, asserviti a interessi oscuri.

Comunque, cari giacobini, fatevene una ragione. Perché i giudici italiani sono fatti così: scrivono, scrivono. Per esempio quelli che si sono tante volte occupati di Marcello Dell’Utri hanno scritto, nelle sentenze dedicate all’imputato-schermo, pagine e pagine velenose dedicate al mancato-ma-vero-imputato: Silvio Berlusconi. Farlo, lo sanno bene, aiuta a passare alla storia come sinceri democratici, anche se dal punto di vista giudiziario è evidente che la forzatura ha effetti illiberali: se io in una sentenza lancio sospetti gravi su una persona estranea al procedimento, come può questa difendersi legalmente? Non può. 

Ma queste sono regole forzate del diritto. Che soltanto un garantista può percepire. I giacobini no: per loro conta solo il calcolo di parte.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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