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Più carcere, meno sicurezza. Siamo un popolo di salmoni

C’è un dato su cui si presta assai poca attenzione. Eppure la sua rilevanza è cruciale per decidere quale funzione vogliamo assegnare al carcere, se quella di discarica sociale, dove puntualmente confinare tutti i derelitti della società, partendo da …Leggi tutto

C’è un dato su cui si presta assai poca attenzione. Eppure la sua rilevanza è cruciale per decidere quale funzione vogliamo assegnare al carcere, se quella di discarica sociale, dove puntualmente confinare tutti i derelitti della società, partendo da stranieri indigenti e tossicodipendenti; o se invece vogliamo che il carcere sia effettivamente l’extrema ratio, un luogo di reinserimento, cui ricorrere in via eccezionale solo nei casi in cui non vi sia altro modo per far espletare la pena a un soggetto socialmente pericoloso.

Il dato di cui parlo riguarda il tasso di recidiva. Da una rilevazione del 2007 curata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, si apprende che la recidiva di chi sconta la pena dietro le sbarre è del 68%, mentre cala al 19% tra chi sconta la pena in misure alternative. Tale tendenza si riscontra anche in Francia e in Gran Bretagna, dove non a caso il 75% delle condanne è eseguito fuori dal carcere. Da noi invece oltre l’82% delle condanne si sconta dietro le sbarre, e ciò a causa del ridotto ricorso alle misure alternative. Pensate che dal 2006 ad oggi l’affidamento in prova ai servizi sociali è crollato del 50 percento.

Esiste evidentemente una relazione di segno positivo tra il carcere e la recidiva. In altre parole, più carcere comporta più recidiva. Nel Regno Unito la recidiva per chi sconta la pena in carcere è del 50%, scende al 10% se la pena è eseguita fuori dalla galera. Insomma, non è un fenomeno solo italiano. Del resto, basta il senso comune per comprendere che una pena scontata in condizioni che calpestano la tua dignità difficilmente potrà renderti un cittadino migliore. Il carcere è costitutivamente criminogeno, c’è poco da fare. E’ per questo che chi oggi vuole garantire la sicurezza dei cittadini in concreto, non a colpi di reclami inutili e demagogici, deve battersi per ridurre il ricorso al carcere.

Ma noi italiani siamo un popolo di salmoni, ci piace nuotare controcorrente. Mentre in Gran Bretagna il premier David Cameron fa approvare una legge per assegnare 5600 sterline alle aziende che assumono ex detenuti per almeno due anni, da noi il Parlamento chiude l’ultima legislatura con un atto, oserei dire, “simbolico”, svuotando cioè di 27 milioni di euro la legge Smuraglia per il lavoro esterno dei reclusi. Come si dice? Trasparenza istituzionale.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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