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ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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Il Pd ancora ostaggio di Matteo Renzi

Ancora una volta l'assemblea del partito ha mostrato l'incapacità di andare oltre l'ex segretario. Rimandata la sfida con il futuro: contano solo le beghe interne

Il perno di tutto resta Matteo Renzi e le tifoserie pro o contro. Certo lui non aiuta una discussione serena e durante l'assemblea è andato in scena l'ennesimo processo a chi gli era stato contro, non risparmiando affondi a Paolo GentiloniNicola Zingaretti, alla minoranza e persino a Ezio Mauro.

Renzi contro tutti

Senza menzionarli ha affondato colpi bassi a chi oggi è visto nel Pd come la possibile alternativa alla sua leadership, definendo Gentiloni "l'algida sobrietà che non fa sognare", Zingaretti "un falso nueve". Senza risparmiare neppure i giornalisti definiti "radical chic di sinistra" che da tempo negli editoriali vedono la necessità per il Pd di andare oltre la stagione oltre la stagione Renzi per non sparire.

La paura di sparire

La paura di Renzi è proprio quella di non essere più Renzi, di essere oscurato da modelli alternativi alla sua politica. Così gli scivoloni del suo discorso, hanno toccato l'apice quando rivolgendosi alla minoranza ha detto "ci rivedremo al congresso, riperderete il congresso e il giorno dopo attaccherete chi ha vinto".
La leadership prima di tutto, anche se ribadisce il suo passo indietro, rendendo la vita impossibile a Maurizio Martina.

Così se il neo segretario fino al congresso, Maurizio Martina richiama il partito ad essere orchestra e "a non suonare più forte, ma ad ascoltarsi più forte", c'è un solista che non vuole cedere il passo. Che del Pd gli interessa poco soprattutto se al comando non c'è lui.

Così l'assemblea che ha deciso di svolgere il congresso nel 2019, prima o dopo le europee non si sa, ha finito per essere l'ennesimo regolamento di conti tra Renzi e i suoi nemici. Con un Gentiloni che ha abbandonato la sala durante la relazione di Renzi e un Zingaretti che alla fine si è detto amareggiato per l'incapacità di ascolto.

Su Gentiloni il fuoco amico

E' sempre più evidente l'incapacità dell'ex segretario di andare oltre se stesso, di ammettere i suoi errori andando oltre la pantomima delle dimissioni rese. Il Pd è ancora fermo al "chi ha sbagliato" e in vista del congresso il dialogo interno rischia di ridursi tutto a questo. E lo si è visto ieri quando al termine dei 47 minuti di intervento di Matteo Renzi si sono levate le critiche del Sindaco di Milano, Giuseppe Sala e dello stesso Maurizio Martina che si è visto costretto a difendere il lavoro e la figura di Paolo Gentiloni.

Perchè sembra incredibile che l'uomo più popolare del Pd sia colpito con tanta ferocia dal fuoco amico.

C'è da dire che forse è stato l'intervento di Renzi più fortemente contestato, interrotto da fischi e contestatori della minoranza e anche nelle fila dei fedelissimi renziani qualcuno si è mostrato più cauto verso l'ex segretario sempre più in preda alla paura di essere dimenticato.

E allora il Pd?

Qualcuno dalla sala ha gridato "E allora Marino?" ricordando a Renzi anche i suoi di errori quando era preso ad attaccare le minoranze. Renzi prontamente ha risposto "e allora il Pd?". La domanda è giusta, ma non si è udita risposta nè da lui nè negli interventi successivi perchè per adesso sono tutti troppo presi a tirarsi frecciatine in cerca del colpevole di turno in vista delle prossime primarie.

Probabilmente quando si renderanno conto che stanno sbagliando strategia, Matteo Salvini sarà premier e il Pd sotto la soglia di sbarramento.

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Sara Dellabella