Michele Emiliano, l'Anti-Renzi dentro il Pd
Silvia Morara
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Michele Emiliano, l'Anti-Renzi dentro il Pd

Schietto, trasversale, eretico rispetto alle liturgie di partito. Chi è il governatore pugliese che si è messo a capo del popolo No-Triv

«Quando quasi quindici milioni di italiani si recano alle urne per cambiare la politica industriale ed energetica del nostro Paese, parlare di sconfitta come ha fatto il premier Matteo Renzi significa stravolgere la verità. Io non consento a nessuno, neanche a lui di trasformare una battaglia di civiltà in una vicenda ipocrita e personale. In tutta la mia carriera  ho fatto molti mestieri e non ho mai agito per ragioni personali, ma solo per ragioni istituzionali».

Vi fossero ancora residui dubbi su chi possa sfidare Matteo Renzi all'interno del Partito democratico si rilegga queste dichiarazioni rilasciate dal governatore pugliese Michele Emiliano all'indomani del fallito referendum sulle trivelle. E vi aggiunga, qualora avesse ancora qualche incertezza, quel «Renzi non mi ha mai sostenuto nemmeno in campagna elettorale» e quel «il governo Renzi è servo delle lobby» pronunciato qualche giorno prima. Tutte dichiarazioni che proiettano la figura dell'ex sindaco di Bari in una dimensione politica nazionale,  al di fuori dei confini regionali della «sua» Puglia e anche a prescindere  dal merito della sua battaglia referendaria sugli impianti nelle acque territoriali italiane.

Trivelle: Emiliano in guerra contro il Governo


Dialogante con le istanze democraticiste e ambientaliste del M5S, tanto che il primo atto come governatore pugliese fu quello di scegliere nel luglio 2015 un assessore all'Ambiente di area grillina (che rifiutò), Michele Emiliano  è considerato oggi il possibile punto di riferimento di un variegato e crescente fronte anti-Renzi all'interno del Pd. Il vantaggio dell'ex sindaco di Bari è che non è bollabile, in modo sprezzante, come un altro «gufo», un disfattista, un apparatchick parolaio senza cariche istituzionali né poltrone di governo, secondo quelli sono i classici stilemi del gruppo dirigente del premier. 

Più che un «gufo» il governatore pugliese è un avversario politico del premier-segretario, come lo sono D'Alema, Bindi, Cuperlo, Bersani, Speranza, ma a differenza loro, senza portare sulle spalle il peso del  passato e della retorica postcomunista. Il vantaggio di Emiliano, rispetto ai pochi e molti leader e cacicchi democratici che hanno in massimo disprezzo la «cricca fiorentina», sta in fondo tutto nella sua biografia: meno «politica» rispetto agli altri leader Pd rottamati da  Renzi e più eterodossa, meno schematica, più «vendibile», sostanzialmente, in un mercato politico come quello odierno in rapido cambiamento, dove il passato, il richiamo ossessivo alle radici ideologiche sono diventati macigni anche per il popolo della sinistra.

Non che sia di primo pelo, politicamente parlando. Ma Emiliano non è, a differenza di un D'Alema o di un Cuperlo, cresciuto e allevato alle Frattocchie. È un ex magistrato antimafia, dal 1990 al 1995 presso la procura di Brindisi e poi come sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia fino al 2003, anno in cui fu eletto per la prima volta sindaco di Bari. È figlio di un calciatore professionista divenuto poi un  imprenditore di successo nel settore del design e della logistica, mostrando anche in questo caso - a ben vedere - una forte differenza con la gran parte delle biografie dei leader storici della sinistra.

È cresciuto fino a 9 anni a Bologna, dove si era trasferita tutta la famiglia, prima di tornare nella sua Bari dove si è laureato in giurisprudenza, facendo l'apprendistato prima in uno studio da avvocato poi con il salto in magistratura, dove ha smantellato con successo intere famiglie della Sacra Corona Unita. Ha avuto anche lui - come accade a tutti i leader politici italiani - i suoi incidenti e le sue inchieste, come quando ricevette per Natale dagli amici imprenditori Degennaro, e senza batte ciglio, quattro spigole giganti, 20 scampi e una cinquantina di cozze pelose, le Moniche Belucci delle cozze che sarebbe vietato - per i comuni mortali - pescare in Italia.

Si scusò, senza rinnegare la sua amicizia coi chiacchierati imprenditori, ma mostando anche allora un piglio che gli impedì di precipitare, e di lasciar che qualcuno gettasse fango sulla sua immagine di ex magistrato onesto e incorruttibile. E, per di più,  molto trasversale, capace di dialogare a 360 gradi con il mondo grillino ma anche con l'ex elettorato di destra orfano di Berlusconi, come nel 2013, quando tra le polemiche di un pezzo del  Pd, di fronte a una piazza di Bari in cui avrebbe dovuto parlare il Cavaliere, srotolò un manifesto sulla facciata del comune, con i colori e lo stemma della città: “Caro Silvio, bentornato a Bari”. O come nel marzo del 2015, in pieno Nazareno, quando dopo l’assoluzione di Berlusconi in Corte di Cassazione disse che la procura di Milano avrebbe dovuto scusarsi con l'ex premier.  

«Il fascino di Emiliano risiede in quella che si potrebbe chiamare la caratterizzazione della schiettezza. Grande grande, tombolotto, con la faccia piena e l’aria simpatica, è un uomo impetuoso, il che s’inquadra nella psicologia meridionale, e possiede un senso istintivo dell’umorismo nonché un curvo senso del potere» scrisse di lui Salvatore Merlo su Il Foglio.

Il governo Renzi è servo delle lobby


Emiliano, insomma, è un tipo tosto e con le spalle larghe. Un combattente parecchio fuori dagli schemi, assai poco inseribile nelle logiche correntizie dentro il Partito democratico. È la sua forza. Unita al profilo istituzionale, e al suo no reiterato a quelle che ha sempre considerato operazioni trasformiste messe in atto dal gruppo dirigente di Renzi. «Alcuni parlamentari eletti per sostenere Berlusconi come Verdini ora sostengono gli avversari di Berlusconi. È un fatto difficile da metabolizzare, e comunque non ripetibile. Va chiarito se questi soggetti politici entreranno o meno a far parte delle nostre liste» disse nel marzo 2016, in un'intervista a Il Fatto nella quale negava che intendeva presentarsi come anti-Renzi al Congresso del Pd.

L'appuntamento è per il 2017, un anno prima della scadenza naturale della legislatura. Un candidato non renziano ci sarebbe già, anche lui governatore in carica come Emiliano: è Enrico Rossi, il presidente toscano proveniente dall'anima bersaniana ed ex comunista del partito. Ma un anno, politicamente, corrisponde a un'era geologica. Ed Emiliano, forse, sta scaldando i motori.

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Paolo Papi