I colpevoli secondo Matteo Renzi
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I colpevoli secondo Matteo Renzi

Il premier ha chiesto le dimissioni di Orsoni dopo il patteggiamento, ma non quelle di Zoggia e Marchese, accusati dal sindaco nella sua confessione

Ebbene sì: c’è una «Scala Santa» pure nel Partito democratico. Duemila e 14 anni fa la salì Gesù per raggiungere Ponzio Pilato. Oggi, secondo l’interpretazione di Matteo Renzi, la dovrebbe percorrere in direzione delle procure della Repubblica «chi ha notizie di reato». Sostiene il premier: «Se c’è qualcuno di noi che sa parli, se c’è qualcuno di noi che ha sbagliato paghi». Finora non risultano democratici di vecchia e nuova generazione disponibili a intraprendere l’arduo cammino. Uno soltanto si è esposto, ben prima dell’intemerata renziana; costretto dalle circostanze; uno che non è Gesù bensì il noto avvocato e primo cittadino di Venezia Giorgio Orsoni. Arrestato per il Mose, l’avvocato ha patteggiato quattro mesi per finanziamento illecito al Pd. Voleva continuare a fare il sindaco, ma Renzi ha detto no e l’ha dimissionato. Cosa buona e giusta? Sì, no, forse. Di sicuro il premier ha evitato di utilizzare lo stesso pugno duro con gli altri protagonisti della faccenda.

Per ottenere il patteggiamento, Orsoni ha vuotato il sacco (grazie a cavilli potrebbe cavarsela anche con una semplice ammenda e ha intenzione di ricandidarsi a capo di una lista civica contro il Pd). La confessione dell’avvocato ai pm è nota: chiedeva soldi a Giovanni Mazzacurati su «richiesta di alcuni esponenti democratici». Fu così che iniziò, secondo i pm, la «strategia di finanziamento occulto elaborata dai vertici del partito»; vertici che Orsoni individua in tre persone: il consigliere regionale Giampietro Marchese e i due parlamentari Davide Zoggia e Michele Mognato. Marchese è finito in manette, Zoggia e Mognato non risultano ufficialmente indagati. La tesi di Renzi è che Orsoni, patteggiando, ha ammesso la sua colpa e andava quindi allontanato dal Comune e dal Pd; gli altri coinvolti, viceversa, sono innocenti fino a prova contraria e possono restare nelle istituzioni e nel Pd (Marchese si è autosospeso, Zoggia si è solo dimesso dalla giunta per le autorizzazioni a procedere). Il risultato è surreale: Orsoni sale la Scala Santa, denuncia il sistema di finanziamento illegale del partito e alla fine viene cacciato dalla buona società democratica. I presunti istigatori del sistema mantengono intatto il loro ruolo, nonostante i pm abbiano creduto alla versione dell’ex sindaco. È un fatto tecnico: in caso contrario, non gli avrebbero concesso il patteggiamento.

Come si spiega l’atteggiamento di Renzi? Con il ritorno della «doppia morale» comunista. Al tempo del Pci si esplicitava in un complesso di superiorità etico, ora si manifesta in un complesso di opportunità mediatica: sbattendo il mostro apparente in prima pagina e lasciando immacolati i responsabili veri o presunti. Chiosa Gianfranco Pasquino, uno tra i massimi politologi italiani: «Orsoni, che non è politico di professione, ha solo ceduto a un peccato di ingenuità». È il Pd che «dovrebbe spiegare lo sfruttamento di questa ingenuità». La sensazione è che la Scala Santa attenderà invano il passaggio di chicchessia.

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Carlo Puca