Da Mattarella alla prescrizione: tutti i dietrofront di Alfano
ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Da Mattarella alla prescrizione: tutti i dietrofront di Alfano

Il leader Ncd continua a piegarsi ai diktat di Renzi mentre il suo partito precipita nei sondaggi ed è a rischio scissione

Angelino Alfano ha minacciato che quando arriverà in Senato il ddl sull'allungamento dei tempi di prescrizione per alcuni reati, su cui ieri Area popolare (Ncd+Udc) si è astenuta alla Camera, lui e il suo partito daranno “battaglia”. Chi immagina scene di panico dalle parti di Matteo Renzi farebbe meglio a ricredersi. Altro che strappo, come hanno titolato oggi diversi quotidiani: smentendo di nuovo se stesso, il ministro dell'Interno ha abbassato la testa ancora una volta di fronte al pressing del partito del premier e invece di votare contro come annunciato, si è limitato all'astensione, facendosi bastare le rassicurazioni del ministro Andrea Orlando su possibili modifiche al Senato che però, ha anche avvisato il guardasigilli, non potranno stravolgere l'impostazione della prescrizione su cui - ha detto - “non si potrà tornare indietro”.

Ddl prescrizione: cosa prevede


Per cui c'è da scommettere che quando il testo arriverà a Palazzo Madama, di fronte al rischio che la maggioranza vada sotto, per garantirsi la sopravvivenza e tenere lontane le urne, Ncd si presterà di nuovo a fare da stampella al Pd consentendo al premier di continuare a fare il bello e il cattivo tempo infischiandosene degli ultimatum e penultimatum di un alleato che si è dimostrato finora incapace di tenere il punto una sola volta.

I passi indietro di Alfano

Negli ultimi 3 mesi Alfano ha già fatto dietrofront in più occasioni: quando si arreso alla scelta unilaterale di Sergio Mattarella presidente della Repubblica dopo aver annunciato scheda bianca in segno di protesta sul metodo adottato dal premier; quando ha votato la fiducia – nonostante le solite critiche al metodo - al decreto che trasforma le banche Popolari che fatturano oltre 8 miliardi di euro all'anno in società per azioni dopo aver fortemente osteggiato la misura; quando ha sacrificato il suo ministro Maurizio Lupi all'altare del giustizialismo a correnti alterne del suo alleato facendolo dimettere, da non indagato, per far contento Renzi e di nuovo salvare se stesso a costo di perdere una delle poltrone che in esecutivo conta di più e che, Alfano se lo può scordare, non sarà mai e poi mai rimpiazzata da un altro dei suoi.

Il rischio scissione

Una “strategia” che non convince né gli elettori - che secondo un sondaggio dell'Istituto Piepoli starebbero abbandonando l'Ncd scivolato al 3% dietro a Fratelli d'Italia al 3,5 - né esponenti di primo piano del partito come la capogruppo Nunzia De Girolamo, da tempo in rotta con i vertici. Il rischio scissione sembra, a questo punto, più concreto. I provvedimenti sulla giustizia, le dimissioni di Lupi, le alleanze in vista delle regionali (in Campania la linea di Alfano punterebbe a un'intesa con il Pd contro il governatore uscente Giuseppe Caldoro), la legge elettorale, stanno facendo saltare i nervi all'ex ministro dell'Agricoltura, a sua volta fatta fuori dal governo di Enrico Letta per la vicenda dell'Asl di Benevento, su pressione di Renzi e nell'indifferenza di Angelino. De Girolamo chiede maggior rispetto da Renzi, ma avendo smesso, a differenza del leader del suo partito, di farsi illusioni, invoca l'uscita dei ministri e l'appoggio esterno al governo.

Le illusioni del leader Ncd

Un'ipotesi che per Alfano non esiste proprio. E' infatti ancora convinto che il suo partito sarà presto risarcito per la “perdita” di Lupi. Non ha capito che Renzi aspetta solo i risultati delle elezioni regionali per ridimensionarlo ulteriormente. E' sicuro di potersi spendere le riforme varate fino ad oggi, “battaglie tipiche della nostra storia, da rivendicare”. Non si è reso conto che prima che arrivi quel momento, il capo dem avrà già risucchiato lui (De Girolamo l'ha detto in un'intervista: “a Renzi abbiamo dato il sangue”) e tutto il suo “nuovo centrodestra” nel partito della nazione dove, Alfano la smetta di illudersi, a comandare sarà sempre e soltanto lui.

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Claudia Daconto