Letta, avanti (troppo) piano
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Letta, avanti (troppo) piano

Aveva garantito «riforme in cento giorni». Ma alla scadenza del termine il bilancio è magro: ecco i dossier rimasti aperti

Il presidente del Consiglio Enrico Letta aveva promesso «riforme in cento giorni». Ebbene, il termine è arrivato e soltanto sei provvedimenti sono stati approvati da entrambi i rami del Parlamento: due accordi internazionali, tre decreti lasciati in eredità dall’esecutivo di Mario Monti e uno appena del governo in carica (la sospensione dell’Imposta municipale unica, altrimenti detta Imu). Altri tredici sono in discussione, compreso il «decreto del fare» che il Senato si sta incaricando di disfare.

Colpa della palude parlamentare? Oppure di un governo entrato troppo presto «in letargo» (l’accusa viene dal Financial Times)? L’esecutivo, infatti, reagisce alle bufere politiche come Oblómov, il personaggio dello scrittore russo Ivan Aleksandrovic Goncarov: giacendo sul divano circondato da pochi amici altrettanto pigri.

Il premier, memore del percorso di Monti, non ha sparato subito le sue cartucce e ha lavorato come se avesse cento settimane, grazie al presidente della Bce, Mario Draghi, che ha allentato la tensione sui mercati, e al sostegno di Giorgio Napolitano. «Non mi faccio logorare» dice ora Letta. Se passa la nottata, dopo la condanna a Silvio Berlusconi, può scommettere sulla ripresa economica (Fabrizio Saccomanni ha annunciato l’imminente fine della recessione). Ma sarà graduale, spiega la Banca d’Italia, forse troppo, e il temporeggiatore, allora, non avrà più tempo. 

1 Tasse
Nel discorso d’insediamento, il 28 aprile, Letta annuncia una «riforma complessiva» della tassazione cominciando dallo stop all’Imu sulla prima casa. C’è poi «il fisco amico» in modo che «la parola Equitalia non faccia più paura», la riduzione delle imposte sul lavoro e per le famiglie meno abbienti.
In concreto, l’Imu è stata sospesa (il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha appena annunciato la riforma della tassazione sulla casa entro il 31 agosto), mentre l’Iva è stata rinviata.
Anche il cuneo fiscale andrà ridotto, come chiesto dai sindacati e dalla Confindustria, perché è troppo costoso. Lo staff di Saccomanni sta studiando il tipo di interventi ma, come dice il ministro, «sarà un lavoro di anni».

2 Occupazione
Il 31 luglio l’assemblea del Senato converte in legge il decreto per l’occupazione giovanile.
Sono stati stanziati circa 800 milioni di euro nei prossimi 4 anni. L’incentivo più importante è la possibilità di non pagare i contributi per 18 mesi a chi assume giovani tra i 18 e i 29 anni. In parte, i fondi sono coperti dall’Unione Europea che eroga 1 miliardo in due anni più altri 500 milioni. Letta annuncia 200 mila nuovi posti di lavoro. Il governo rifinanzia la cassa integrazione in deroga, la proroga delle assunzioni a tempo determinato nella pubblica amministrazione e vara nuove norme contrattuali per l’Expo di Milano.

3 Crescita
La misura più importante è lo sblocco dei debiti delle amministrazioni pubbliche verso le imprese. Grazie
a un fondo di garanzia presso la Cassa depositi e prestiti, per ora si arriva a 40 miliardi più altri 25
nel 2014 su una stima di cento miliardi dovuti.
Finora ne sono stati erogati meno di 15. Il governo ha presentato 80 microprovvedimenti allo scopo
di rilanciare la crescita. È il «decreto del fare» diventato ormai una tela di Penelope. Scompare
e riappare l’Autorità per i trasporti, escono ed entrano l’abolizione dei fax nella burocrazia pubblica, gli ecobonus, il tetto agli stipendi dei manager, il Durt (documento di regolarità tributaria). Chissà cosa
resterà dopo l’assalto alla diligenza dei partiti.

4 Costi della politica
Dal 18 luglio, le commissioni del Senato e della Camera hanno esaminato il disegno di legge per l’abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti, per la trasparenza e la democraticità degli stessi, e la disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta. Il 2 agosto è stato discusso in aula a Montecitorio, ma è arrivato lo stop del Pd che mette un tetto alle donazioni dei privati.
I grillini sono sul piede di guerra. L’impegno era di approvarlo entro il 9 agosto e Letta, che punta molto sul provvedimento, vuole evitare qualsiasi slittamento. Il braccio di ferro, dunque, è anche un banco di prova politico.

5 Giustizia
L’invito di Giorgio Napolitano, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, ad affrontare la riforma della giustizia, è suonato anche come un rimprovero. La misura più concreta finora decisa dal governo è il decreto chiamato svuota-carceri, appena approvato alla Camera nonostante i 450 emendamenti (ora il testo passa al Senato). Il giudice ha più libertà di decidere sugli arresti domiciliari o i servizi sociali, ma è stata reintrodotta la custodia cautelare per stalking, finanziamento illecito dei partiti, falsa testimonianza e abuso d’ufficio. La giustizia è una vera mina sotto Palazzo Chigi e il premier ha mostrato delle aperture: «Il governo deve fare il tagliando».

6 Diritti
Sia l’esecutivo sia il Parlamento sono divisi sui matrimoni omosessuali. Letta non ha preso nessun
impegno, tuttavia viene pressato da più parti.
Josefa Idem, da ministro delle Pari opportunità, era favorevole. Le sue dimissioni in seguito a un pasticcio fiscale, non hanno affatto risolto il problema. Maria Cecilia Guerra, che ha preso il suo posto, suscita le ire di Carlo Giovanardi responsabile delle politiche familiari per il Pdl. Michaela Biancofiore, accusata di dichiarazioni omofobe su gay e transessuali, perde la delega per le pari opportunità e passa allo sport. Trasversale, ma per consenso, è un altro tema di primo piano come la violenza sulle donne.
Il governo annuncia una task force e si discute su una legge contro il femminicidio.

7 Istituzioni
Basta con il porcellum, le province, le due camere fotocopia: governabilità e partecipazione insieme.
Grandi promesse e ancor più grandi aspettative sulla riforma delle riforme affidata al ministro Gaetano
Quagliariello. L’11 luglio il Senato ha acceso semaforo verde al Comitato parlamentare. Letta rinvia
all’autunno, proponendo una consultazione pubblica online entro il 3 ottobre.
Il Movimento 5 stelle, svezzato con il decreto del fare, annuncia filibustering a settembre, e Rosy Bindi gela il Pd: "Per questo governo non rinuncio alla Costituzione".

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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