Nicola Zingaretti Pd segretario
ANSA / CLAUDIO PERI
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L'ennesima, inutile, svolta del Partito Democratico

Zingaretti annuncia il cambiamento: "apriamo a sindaci e sardine". Ma la storia degli ultimi 30 anni ci dice che il progetto fallirà

Mentre siamo alla vigilia delle elezioni regionali in Emilia Romagna, vero punto di svolta per la regione, il Governo e forse la sinistra in Italia, l’attuale segretario del Partito Democratico annuncia il congresso e la rivoluzione. “Cambieremo tutto” annuncia dalle pagine di Repubblica Zingaretti, compreso il nome. Insomma, la sinistra ci prova ancora.

E, non avendo un progetto per il paese, prova quantomeno a mettere sotto il suo nuovo nome e simbolo un mix di tutte le mille facce del mondo progressista (come lo chiamano loro).

Primi invitati ovviamente le “Sardine”, il fenomeno politico di fine 2019, che hanno sempre detto di non volersi legare ad alcun partito. Vediamo quanto durerà il proposito…

C’è poi il movimento dei “Sindaci”, capeggiati dal milanese Beppe Sala, il primo però a contestare la mossa del segretario (“Cambiamo il partito ma non sia una operazione di facciata”).

Poteva poi mancare un tocco di “verde”? Certo che no, e così porte spalancate anche a posizioni ed idee ambientaliste. Insomma, di tutto di più.

Ecco, questa l’idea di Zingaretti. Un’idea però non nuova e che difficilmente funzionerà, non fosse altro per le esperienze ed i tentativi di chi lo ha preceduto, tutti fallimentari. Il primo fu Achille Occhetto, alla fine di Tangentopoli. Da quel momento basta guardare la cartina per capire che la sinistra in Italia non esiste più, divisa in mille nomi, bandiere, simboli, scisso quasi fino all’atomo. Ultimi in ordine di tempo i partiti di Calenda e Renzi. Insomma un albero con rami che vanno dalla CGIL alle banche, che si dicono vicini agli operai ed ai pensionati, ma stanno dei cda di grandi aziende.

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Un’operazione nostalgia che ha, come negli ultimi 25 anni, un solo punto programmatico: “fermare la destra, maggioritaria nel paese”. Per un ventennio lo spauracchio si chiamava Silvio Berlusconi, oggi Matteo Salvini.

La realtà intanto ci dice che la sinistra sta perdendo il controllo di regioni storiche, ultima l’Umbria, e teme per la caduta della “fortezza” dell’Emilia Romagna; una cosa che 5 anni fa sarebbe stata impensabile. Ci sono poi i sondaggi.

Oggi il Pd viene dato attorno al 19%, nemmeno del totale, ma solo dei votanti. Sul totale del numero degli aventi diritto al voto il Pd sarebbe attorno all’11%.

Forse più che il nome servirebbe un cambio sulla politica fiscale, sui migranti, sulla sicurezza, sulla giustizia, sul lavoro e sull'Europa. Ci sorbiremo l’ennesimo congresso, le promesse, gli annunci, restando al Governo (il più debole che si ricordi) con i nemici 5 Stelle; tutto pur di non andare a votare.

A noi toccherà aggiornare la mappa con un nuovo, inutile, simbolo

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