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La forza di Virginia Raggi e la debolezza di Giachetti

Alle comunali di Roma, la candidata 5 stelle punta su semplicità e praticità. Mentre l'avversario sbaglia a demonizzarla

Virginia Raggi è a un passo dal diventare la prima sindaco donna (e grillina) di Roma. Potrebbe non succedere solo se una parte di chi ha votato per lei al primo turno cambiasse idea (ipotesi remota), se una parte di quelli che non sono andati ai seggi si presentasse il 19 giugno e non la votasse (ipotesi appena meno remota ma che rischia di essere annullata dalla percentuale di quanti hanno votato al primo turno e non lo faranno al secondo), se qualcosa del 4,4% di Fassina e del 10,8% di Marchini si spostasse su Roberto Giachetti.

I precedenti non mancano. Nel 2008 anche Gianni Alemanno partiva in svantaggio rispetto a Francesco Rutelli. Poi si è visto come andò a finire. Ma erano altri tempi. Non c'era stata ancora Mafia Capitale e soprattutto non esisteva il Movimento 5 Stelle.

Le contromosse di Giachetti
Le contromosse che Roberto Giachetti e lo stato maggiore del Pd intendono mettere in campo nei prossimi giorni e di cui si è discusso ieri nel corso di una riunione al Nazareno allargata a tutti i candidati presidenti, candidati consiglieri comunali e parlamentari, non sembrano particolarmente indovinate e utili a invertire una tendenza che va consolidandosi giorno dopo giorno.

Il vicepresidente della Camera ha annunciato che da qui al 19 giugno, giorno del fatidico ballottaggio, diventerà molto più aggressivo. Ammesso che questo paghi, i romani si sono fatti un'idea piuttosto precisa di lui e sarà difficile fargliela cambiare senza compromettere quel tratto di autenticità che un po' tutti gli riconoscono.

Renzi e periferie
Il senatore Walter Tocci ha esortato a ricorrere alla carta del governo: Matteo Renzi dovrebbe, a suo avviso, condividere con Giachetti almeno 4-5 iniziative in periferia. Altrettanto dovrebbero fare i ministri più conosciuti a Roma a cominciare da Marianna Madia. Peccato che il primo a meditare una ritirata tattiva dalla piazza romana sia proprio Matteo Renzi.

Molti ex elettori hanno voltato le spalle al Pd e a Giachetti proprio come forma di protesta nei confronti del suo operato alla guida del governo. Immaginare di riconquistarli puntando su una sua presenza massiccia, che allontanerebbe anche i potenziali elettori di altri partiti, appare alquanto fantasioso.

Senza contare che, a  proposito di presenza in periferia, analisti ed esperti avrebbero suggerito di concentrarsi soprattutto in quelle aree dove il Pd ha preso più voti (nel I e nel II municipio dunque, tra Piazza di Spagna e i Parioli per intenderci), rinunciando a fare campagna nelle aree più periferiche considerate irrimediabilmente perse.

La forza di Virginia
C'è poi un errore fatale in cui Giachetti continua a perseverare: quello di non parlare quasi d'altro che di Virginia Raggi sfidandola a confrontarsi con lui in tutte le occasioni possibili convinto di poter avere la meglio su di lei quando ciò non è affatto detto (al confronto su Sky per esempio non è andata così).

Non ha pagato e non sta pagando, inoltre, la demonizzazione che Giachetti e il Partito Democratico continuano a fare di questa donna. Una giovane donna che ha completamente rinunciato ai toni barricaderi e si fa strategicamente fotografare davanti alla scuola elementare del figlio, nel suo quartiere di periferia a Ottavia, tra mamme e nonne come una cittadina qualunque, come una di loro quale ella davvero è. Un'immagine vincente perché, appunto, “normale”.

virginia-raggiLa candidata del M5S a sindaco di Roma, Virginia Raggi, prende il figlio all'uscita della scuola nel quartiere Ottavia, Roma, 06 giugno 2016. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Raggi inesperta? Non importa
È proprio in Virginia Raggi che il Movimento 5 Stelle ha trovato il volto mediatico ed elettorale più efficace di quella trasformazione in atto già da molto tempo da forza anti-sistema a forza di governo a tutti gli effetti. Che un'idea di Roma e delle soluzioni da adottare per risolvere i suoi infiniti e gravosi problemi ce l'ha eccome e che probabilmente nemmeno impiegherà quei due anni di tempo per capire dove mettere le mani per far funzionare la complessa macchina amministrativa del Comune di Roma.

L'inesperienza della grillina non sembra aver spaventato particolarmente la maggioranza dei romani che sono andati a votare il 5 giugno. Il rifiuto è piuttosto verso chi ha già amministrato in passato ed è considerato responsabile del fallimento della città.


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Maria Franco