"La Bindi? La verità è che è un’omofoba"
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"La Bindi? La verità è che è un’omofoba"

Matrimoni gay: intervista a Enrico Fusco, avvocato barese che ha osato strappare la tessera Pd di fronte a un esterrefatto Bersani

La Bindi? La verità è che è un’omofoba. Quando ho visto non tenere conto delle nostre posizioni mi è venuto un embolo e sono andato avanti e poi…». E poi, Enrico Fusco, avvocato barese e militante del Pd, presente all’assemblea del partito, ha osato strappare la tessera di fronte a un esterrefatto Bersani. «Non ci ho visto più». Militante dei Ds prima («ho visto crescere questo partito quando si sono sciolti i democratici di sinistra e speravo che davvero fosse riformista come si diceva») del Pd poi. Da ieri “suo malgrado”, un protagonista della battaglia sui diritti civili all’interno dei democratici.

E’ diventato il protagonista. Ha osato sfidare il presidente. Fusco contro la Bindi?

«No, la mia è stata una reazione. Avevo il fiatone e ancora ce l’ho quando ho gridato contro di lei. La Bindi ha imposto un documento che fa ridere i polli. Dice tutto e il contrario di tutto. Alcuni deputati (Cuperlo, Concia, Marino, Pollastrini e altri) avevano scritto un documento integrativo al suo e invece lei…».

Che ha fatto?

«E’ salita sul palco senza tenere conto del nostro documento, che ha declassato a “contributo del quale terremo conto insieme agli altri che arriveranno...”. Un colpo di mano. Noi volevamo parole chiare sulle unioni, sul fine vita, sulla procreazione assistita, sull’aborto. Nulla di tutto questo è stato fatto».

Volete il matrimonio, forse urta la sensibilità della Bindi?

«E’ chiaro che io sono per il matrimonio, ma so altrettanto che per alcuni è difficile accettarlo. Nel nostro documento non si parla di matrimonio ma di “parità sociale e giuridica” delle coppie gay, attraverso le “unioni Civili” un istituto diverso dal matrimonio che, però, garantisce la parità, come ha ordinato la Corte Costituzionale».

E i “Dico”?

«Ma scherziamo? I Dico sono un tentativo di dieci anni fa, superati. Una porcata. Ricordo ancora che quando l’Unione scrisse il programma di seimila pagine solo sei righe erano dedicate alle unioni. Da quelle sei righe sono nati i “Dico”. Una proposta che non concedeva nulla, che estendeva i diritti successori solo dopo dieci anni, che lasciava ai direttori degli ospedali la scelta di far accedere i compagni al capezzale, che individuava il momento costitutivo della coppia con l’invio di una raccomandata».

Dicono che sia solo un problema di termini. Sarà così?

«No. La questione è sostanziale. Il documento Bindi certifica l’haparteid. Ripeto non chiedevamo il matrimonio a tutti i costi. Chiedevamo solo un istituto affettivo che riconoscesse parità. La linea usata in nord Europa da vent’anni, che libera il campo dalle polemiche terminologiche, e che già Bersani aveva sposato».

Bersani la pensa come voi?

«La via anglosassone è una mediazione tra noi e la Bindi, ovvero tra coloro che chiedono il matrimonio e il nulla che vorrebbe Bindi. Il segretario in una lettera al Pride di Bologna si era detto favorevole alle Unioni Civili. Vogliamo parole chiare non fuffa».

Bindi permettendo…

«Il paese non è arretrato quanto lei. Probabilmente Bindi ha un problema con la sua omofobia interiorizzata. Pure Fini si era detto favorevole, pensate. Quella di Bindi è stata protervia».

Marini la pensa come la Bindi…

«Sapete cosa ha detto Franco Marini, ex presidente del Senato: “Ma perché lo lasciate ancora parlare”. Mi sembra di aver detto tutto».

Avete adesso l’appoggio di Beppe Grillo. Lui almeno si è dichiarato favorevole ai matrimoni. Forse è più aperto del Pd?

«Grillo e l’IDV strumentalizzano la discussione interna al nostro partito. Grillo fino a ieri chiamava Vendola “busone”».

Ma è sicuro che il Pd non sia con la Bindi?

«Io conosco la base e la base si aspetta che il partito affronti questo nodo. Diceva Carlo Rosselli dal confino di Lipari: “O abbiamo il coraggio di prendere dai liberali i diritti di libertà o siamo finiti”. Dico a Bersani: facciamo un’arca dei diritti».

Lascia il partito?

«Ieri ho avuto duemila richieste di amicizia su Facebook e tutti a dirmi di andare avanti. Ho solo dato voce a buona parte dei militanti. Alla maggioranza silenziosa. Ora tocca a Bersani».

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Carmelo Caruso