LA ANTICA MIOPIA DELLE SEMPLIFICAZIONI
(Ansa)
Politica

LA ANTICA MIOPIA DELLE SEMPLIFICAZIONI

Semplificazione è una parola di moda per il diritto, come lo sono (o lo sono state) spending rewiew, sussidiarietà o sburocratizzazione.

Come dice la Treccani, la semplificazione è quel fenomeno "mediante il quale una struttura più complessa è sostituita da una più semplice, cioè più agevole, meno impegnativa, per utenti e cittadini".

Sicuramente il nostro sistema giuridico e la nostra burocrazia hanno molto bisogno di semplificazione.

Il problema vero è che da molti anni si parla di semplificazione. Da molti.

Già nel 1852 nel Regno di Sardegna, durante il I Governo Cavour, discuteva del "Riordinamento dell'amministrazione centrale e della Contabilità generale dello Stato". E il relatore a quel disegno di legge, onorevole Paolo Farina, già si lamentava di quell'"andirivieni di documenti da un ufficio all'altro" e di quelle "complicazioni di scritturazione, corrispondenza e contabilità".

C'era bisogno di semplificazione. E negli anni di semplificazioni ne sono arrivate.

Molti pensano che abbiano iniziato i Ministri Cassese o Bassanini, nell'ultimo decennio del secolo scorso. E invece bisogna risalire a molto prima.

Scartando negli elenchi della legislazione italiana, ci si accorge che di provvedimenti intitolati alla semplificazione ne abbiamo ben 232 e che i primi risalgono alla I Guerra mondiale. Si avete letto bene, la Prima Guerra Mondiale e non la Seconda.

Perché abbiamo atti come

• il Decreto Luogotenenziale 30 gennaio 1916, n. 219, "Riguardante l'alienazione delle carte fuori uso delle Amministrazioni dello Stato, e la semplificazione del provvedimento per gli scarti".

• il Decreto Luogotenenziale 1 maggio 1916, n. 497 Recante semplificazione alla procedura per la liquidazione delle pensioni privilegiate di guerra. E

• il Decreto Luogotenenziale 26 agosto 1917, n. 1475 di proroga del termine per l'attuazione dell'ulteriore sistemazione e semplificazione delle tariffe locali per viaggiatori.

E così via. La semplificazione: soluzione antica per problemi antichi.

Al punto che venne affrontata in maniera sistematica dal I Governo Nitti, che nel suo programma aveva la modernizzazione e la semplificazione dello Stato. Così con r.d. 2 settembre 1919, n. 1552 venne avviata una Commissione centrale presso il Ministero del tesoro e Commissioni speciali presso ciascun Ministero per le proposte relative alla semplificazione dei pubblici servizi ed alla riduzione del personale. E subito dopo Commissioni speciali per la semplificazione dei pubblici servizi nelle amministrazioni provinciali.

Ma il lavoro avviato dal governo Nitti non ebbe molta fortuna.

Allora fu il Governo Bonomi a tentare una ampia semplificazione della amministrazione, con la legge 13 agosto 1921, n. 1080, "Provvedimenti per la riforma dell'amministrazione dello Stato, la semplificazione dei servizi e la riduzione del personale", che prevedeva tra le altre cose la soppressione di tutti gli uffici speciali per la guerra ancora esistenti, affidando i lavori a una commissione di cinque ministri.

Anche qui con scarso successo. Non a caso Luigi Einaudi sul <Corriere della sera> dell'11 febbraio 1922 pubblicò un duro editoriale dal titolo L'insuccesso fatale della riforma burocratica.

Potrei andare avanti così per pagine e pagine. Tanti sono i tentativi di semplificazione.

Pensate che la neonata Repubblica italiana istituì subito il "Ministero per la riforma burocratica" ( VI Governo De Gasperi) che iniziò la semplificazione dai problemi della meccanizzazione degli uffici. Perché nel 1950 molti ministeri ancora lavoravano con macchine tabulatrici Hollerith di fine Ottocento…

La meccanizzazione allora come la digitalizzazione oggi.

Siamo ora in attesa dell'ennesimo decreto semplificazione che dovrebbe finalmente sistemare i molti problemi della burocrazia e del funzionamento della macchina dello Stato, definito giustamente dal Presidente Conte "la madre di tutte le riforme".

Da giorni leggiamo bozze e proposte, che vanno dalla materia edilizia ai procedimenti, dalla green economy alle responsabilità. Centinaia di commi. Decine di articoli.

Sappiamo bene che fino a quando il testo non arriverà in "Gazzetta ufficiale" è inutile tentare commenti e valutazioni, non sapendo esattamente quali saranno davvero i provvedimenti adottati.

Ma l'impressione, ad oggi, è che proseguirà "la pratica dei disegnini di legge per riparare ossicini fratturati o supposti tali".

Sono parole tratte dal Rapporto Giannini, cioè da quello che molti ritengono il miglior tentativo di riforma burocratica della nostra repubblica. Risale al 1979 e già coglie la ragione vera per cui non si riesce a semplificare: le riforme riguardano solo i dettagli, gli ossicini, mentre il problema è ormai sul corpo intero.

In fondo, volendo usare una metafora, la burocrazia è come se fosse un grande mosaico di cui non si vede più bene il disegno. Le riforme di questi anni non provano a sistemare il disegno complessivo, ma si concentrano con minuzia sulle singole tesserine del mosaico. Certosinamente cercando di riparare gli ossicini, ad esempio semplificando per l'ennesima volta il procedimento per il cambio di residenza oppure per ottenere la carta di identità, ma senza affrontare il problema nel suo complesso. Anzi, spesso complicando ancora di più. In un eccesso di miopia.

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Alfonso Celotto