Rami Shehata Fabio Fazio
ANSA/FLAVIO LO SCALZO
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Lo "Ius Soli" ed i soliti errori del Pd

La vicenda di Rami Shehata ha riportato d'attualità un tema in cui si concentrano tutte le problematiche della sinistra

Si torna a parlare di Ius Soli, ovvero della norma che vorrebbe garantita ai giovani figli di extracomunitari nati nel nostro paese la cittadinanza italiana. Se ne torna a parlare dopo la vicenda della tentata strage sull'ormai famoso autobus di studenti della Paullese sventata proprio per l'eroica telefonata di un giovane, Ramy Shehata, figlio di marocchini ed in attesa ancora del nostro passaporto.

"Cittadinanza subito" è stato l'immediato provvedimento stabilito dal Ministro dell'Interno, Salvini per il gesto eroico del giovane. Ma l'occasione era troppo ghiotta per la sinistra per non tornare sul tema.

Da quel giorno non c'è occasione per ribadire e chiedere questo provvedimento per tutti, subito. Ovviamente Fazio ha subito invitato a "Che tempo che fa" il giovane sventolandolo come bandiera della sua ennesima battaglia politico culturale. 

Un ritornello già visto che però ci porta ad alcune riflessioni non tanto sul provvedimento in se (lo Ius Soli è una cosa seria e va pensata e gestita non per le emozioni di un gesto ma secondo una strategia politica e di accoglienza molto chiara) quanto sul comportamento del Pd e dei suoi uomini; comportamento dal quale emergono i soliti grandi errori che ha portato alla fine dell'epoca Renzi e alle sconfitte in ogni elezione degli ultimi 12 mesi.

Il primo errore riguarda l'urgenza del provvedimento. Sentire adesso da Delrio a Zingaretti, da Fazio a Saviano, avanzare richieste pressanti sullo Ius Soli fa sorridere. Perché è fin troppo facile chiedere agli stessi richiedenti come mai non se ne siano occupati loro quando al Governo c'erano e ci sono stati, fino al 2018, per 5 anni e più. 

Il secondo errore riguarda la "lontananza" del Pd dalla gente. Si, perché nei bar come sui treni dei pendolari, in metropolitana come alle casse del supermercato, non ce ne vogliano Zingaretti e company, ma di cittadinanza non se ne parla. Si parla di pensioni, di lavoro (che non c'è), del fatto che "quest'estate o vado in vacanza o vado dal dentista, perché non ho i soldi per tutte e due le cose"; si parla di sicurezza, delle code negli ospedali. Un po' ci viene da arrossire pensando a queste problematiche banali, da gente comune, un po' rozza ed ignorante diranno loro rispetto alle "alte" questioni dei soliti (pochi e ricchi) radical chic. Ma questa è la stragrande maggioranza del paese che poi vota, di conseguenza (oggi Salvini si è portato a casa anche la Basilicata, dopo Abruzzo, Molise, Sardegna).

Il terzo punto riguarda i mille volti di un partito di cui non si capisce la guida e la strada. Il primo infatti a parlare di Ius Soli è stato il sindaco di Milano, Beppe Sala. Che da tempo parla e si comporta come il vero volto nuovo del Pd senza però scendere in campo per davvero, magari alle recenti primarie. C'è poi un nuovo segretario, Zingaretti, fresco di elezione, che però deve fare i conti con mille divisioni. C'è Calenda che è dentro il partito ma intanto fa un movimento suo. E c'è sempre il fantasma di Renzi.

Certo. E' facile prevedere che alle elezioni europee del 26 maggio il Partito Democratico arrivi vicino al 24% (da molti analisti definita quota fisiologica per la sinistra nel nostro paese). Un dato di crescita rispetto alle politiche del 2018 e che farà gridare alla vittoria e allo "stiamo tornando" tutti i dirigenti. Peccato che si tratti in realtà non della nascita di una nuova sinistra e di una nuova proposta ma del ritorno con la coda tra le gambe di migliaia di grillini scontenti.

Per diventare davvero "proposta" in questo paese mancano molte cose al Pd. Tra queste di certo non c'è lo Ius Soli.

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