Un sondaggio esclusivo sull'immigrazione in Italia
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Un sondaggio esclusivo sull'immigrazione in Italia

Che cosa pensano i nostri connazionali di sbarchi, integrazione e respingimenti

 

Per gli storici il dilemma italiano è il seguente: l'Italia è la più piccola delle grandi potenze o la più grande di quelle minori? A livello sociale, questo poco importa. Significa solo essere in ritardo sui più grandi.

Prendiamo ad esempio il nostro rapporto con l'Africa. Le colonie le abbiamo avute, le canzonette che ricordavano la nostra superiorità anche, i gas e le torture li abbiamo usati. Semplicemente qualche anno dopo gli altri europei.

 

Per venire ad un periodo più recente, all'inizio degli anni '90, quando in l'Italia la presenza di neri e magrebini non era paragonabile a quella dei nostri vicini, le statistiche europee ci dicevano come il nostro Paese fosse tra i più entusiasti ad allargare i diritti agli immigrati. Dieci anni più tardi, nel 2003, lo stesso Eurobarometro  indicava come in Italia l’80% della popolazione adulta volesse che i controlli per l’ingresso di persone provenienti da paesi non membri venissero fortificate. Dato più alto in assoluto tra tutti i paesi dell’Unione. Ovvero, come e anche più degli altri.

 

E' solo di qualche mese fa, un nostro sondaggio che ci dice come i tre quarti degli italiani vogliano uno Stato che, rispetto ad ora, operi in modo più severo nei confronti dell'immigrazione. E ancora più recente, nonostante quanto dica Emma Bonino, il dato che ricorda come per l'85% degli italiani "la questione degli sbarchi di clandestini deve essere affrontata e risolta con urgenza e fermezza".

 

Regolarizzazione? Forse. In ogni caso, solo dopo un corso di lingua italiana e di educazione civica (77%). In caso di concessione della cittadinanza, poi, questa dovrebbe poter essere revocata, se l'immigrato dimostra di non condividere i nostri valori ed il nostro modo di vivere e commettendo reati (77%).

 

Integrazione? Per il 68% degli intervistati di una nostra scorsa ricerca, "in generale, gli islamici in Italia hanno poca intenzione di integrarsi”. Chissà se il dato è cambiato negli ultimi tempi. L'esperienza della mia professione dice di no. Le tendenze nella pubblica opinione mutano, in positivo o negativo, solo a fronte di palesi e continuativi eventi. Non sembra, a leggere le cronache, che in questo campo si siano fatti passi avanti. Anzi, seguendo i fatti internazionali, si può dire che il problema si sia ulteriormente inasprito. E per essere chiari, dalla stessa ricerca risultava che per il 97% (!) "prima delle sue tradizioni, un islamico in Italia, deve rispettare le leggi del nostro Paese.

 

Con questi valori è inutile anche cercare una scomposizione tra destra e sinistra; e ancor meno fra partiti. Siamo quasi al plebiscito. E' questa l'idea che i gli italiani hanno della questione immigrazione.

Con la figura di Cécile Kyenge, Enrico Letta ha dato un chiaro segnale politico e vorrebbe aver tracciato il solco su cui costruire la strada. Ma con la legge numero 97 del 6 agosto, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20, nel silenzio delle sempre più brevi e sacrificate ferie che ormai ci si possono permettere; con la legge che da accesso agli impieghi pubblici anche a stranieri senza cittadinanza italiana, il solco non diverrà una strada, ma più probabile un fossato. Perché gli italiani, sono come gli altri, solo un po' in ritardo e neanche a loro piace essere fregati.

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Arnaldo Ferrari Nasi

"Arnaldo Ferrari Nasi; Sociologo, specializzato nel campo della Pubblica Opinione.
Membro della Società Italiana di Scienza Politica e della Società Italiana di Sociologia, è docente a contratto presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Genova. Collabora inoltre con il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Bari e con la Scuola Superiore di S. Anna di Pisa. Fornisce consulenza ad alcune tra le più autorevoli istituzioni ed enti dello Stato, importanti nomi del mondo politico e di quello delle aziende private. E' Maggiore della Riserva dell'Esercito Italiano."

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