Il governo a caccia di una soluzione sulla cessione di Autostrade
(Ansa)
Politica

Il governo a caccia di una soluzione sulla cessione di Autostrade

Atlantia detta la sue condizioni e nel giorno della scadenza dell'ultimatum ripassa la palla all'esecutivo. Che non sa cosa fare

Si fa sempre più ingarbugliata la situazione legata al futuro di Autostrade. Oggi infatti scadeva l'ultimatum che il governo aveva fissato per avere delle risposte certe da Atlantia in merito alla cessione delle sue quote ed al passaggio a Cassa Depositi e Prestiti.Eppure a luglio scorso, nel giorno della famosa lettera tra le parti che segnava le linee guida dell'uscita dei Benetton ed il rientro dello Stato diversi esponenti della maggioranza dichiaravano trionfanti che tutto era fatto e che le Autostrade tornavano finalmente nelle mani dei cittadini.In realtà fin da subito si era capito che le cose stavano in maniera diversa; che Atlantia non aveva intenzione di fare regali. Bisognava quindi ancora capire tutti i dettagli di questo passaggio: normativi, economici; dettagli che sono entrati con decisione nella trattativa tra le due parti che va avanti da due mesi e mezzo senza risposte certe.
Il cda di Atlantia riunitosi ieri a poche ore dalla scadenza dell'ultimatum ha fatto sapere con un comunicato di "essere disponibile alla cessione di ASPI, come stabilito nella famosa lettera del 14 luglio, attraverso un'operazione di mercato a garanzia di tutti gli stakeholder di Atlantia e di ASPI inclusi gli investitori retail, nazionali ed internazionali". Tradotto in parole povere non cambia nulla: si prosegue con la politica delle due strada: scorporo o cessione delle quote con Cassa Depositi e Prestiti che viene invitata a partecipare come ogni altro possibile investitore ed acquirente. Niente cessione del controllo allo Stato, quindi. Atlantia infatti ribadisce che la richiesta del governo di condizionare l'efficacia dell'atto transattivo alla cessione del controllo di ASPI a CdP non è pertinente con il contenuto della lettera inviata all'esecutivo lo scorso luglio.C'e poi c'è il discorso della manleva. Benetton e soci la ritengono irrinunciabile per non rischiare di scollarsi eventuali risarcimenti legati al crollo del Ponte Morandi. Centinaia di milioni, almeno.Tanti soldi, troppi soldi che non potevano non condizionare la trattativa tra le due parti.La sostanza è che quindi siamo fermi ad assistere all'ennesimo rimbalzo del pallone da un campo all'altro.Lo Stato aveva persino ventilato lo spauracchio della revoca della concessione (scelta che darebbe il via ad una sfida legale tra lo Stato ed una delle principali sue società dagli esiti e dai tempi incerti) per mettere pressione ad Atlantia. Che però ha saputo prendere tempo e porre nuove condizioni.Se ne parlerà oggi, in Consiglio dei Ministri di questa sfida dove non si capisce se i due rivali si temano troppo oppure se al di là delle trionfanti dichiarazioni di facciata a tutti (politica ed aziende) vada bene anche questa fase di stallo e caos.

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Andrea Soglio