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ANSA/ANGELO CARCONI
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Il caso Pittella, nuova tegola per il Pd

L’inchiesta che riguarda il governatore della Basilicata è l’ennesimo schiaffo al partito e il crollo di un feudo familiare che da anni governa la regione

Il governatore della regione Basilicata, Marcello Pittella del Pd, è tra i destinatari dell'ordinanza di misure cautelare (arresti dimiciliari nel suo caso) eseguita venerdì 6 luglio 2018 dalla Guardia di finanza di Matera. L'inchiesta riguarda nomine e concorsi nella sanità lucana. 

Il sistema sanitario regionale - secondo Pietro Argentino, procuratore capo di Matera - è stato piegato a "interessi privatistici e logiche clientelari".

Marcello Pittella è fratello di Gianni, neo senatore del Pd e a lungo volto italiano del Pd e della Basilicata a Bruxelles.
Entrambi i fratelli sono considerati dei recordman di preferenze nella regione, anche se già alle ultime elezioni politiche qualcosa si è incrinato. L’ex europarlamentare ha fallito la sfida dell’uninominale nella sua regione, per essere poi eletto con il sistema blindato del proporzionale in Campania.

Il Pd nella regione è azzerato e tutti i pezzi che contano e contavano sono passati con Leu, come Roberto Speranza, Vito De Filippo (anche lui citato nelle carte dell’inchiesta lucana), Filippo Bubbico. Riducendo il Pd ad un lumicino e senza una classe politica adeguata alle nuove sfide.

Insomma, la Basilicata in questo momento rappresenta l’ennesima fotografia di un Pd in crisi, incapace di vedere davanti a sé le nuove sfide e scegliere gli strumenti giusti per aggiustare quello che andrebbe raddrizzato. Così la politica nazionale come il sistema lucano finisce per rimanere ostaggio sempre degli stessi gruppi politici che negli anni stratificano relazioni, ma lasciano poco spazio alle “facce e idee nuove” invocate da Pier Luigi Bersani qualche giorno fa.

L’inchiesta della Procura di Matera relativa a presunte manipolazioni di concorsi in sanità che ha condotto agli arresti domiciliari Pittella e altre 30 persone per molti versi ricorda lo schiaffo che Mafia Capitale ha impresso al Pd romano.

Una pagina quella capitolina che dopo aver azzerato una classe dirigente, cavalcando anche i vecchi rancori tra correnti, non ha saputo rigenerarsi in qualcosa di nuovo e alternativo, capace di dare continuità e confermare la bontà di quel progetto politico romano.

Ci si è limitati all’azzeramento senza generare alternativa, così come dopo le elezioni del 4 marzo, ci si è limitati a registrare che le elezioni erano perse e Renzi non era più l’uomo vincente del Pd, senza studiare una strategia per il futuro.

Dopodiché alla vigilia dell’assemblea romana, il tema è tutto incentrato sulla data del congresso e sui nomi spendibili per una futura segreteria, mentre il reggente Maurizio Martina annaspa per non scomparire e il Pd continua a incassare batoste elettorali e giudiziarie e l’Italia è in mano a due forze nazional populiste che ogni giorno prendono di mira una categoria per alimentare il megafono della propaganda.

Così Roma e Potenza diventano la metafora di un partito che ha l’urgenza di risorgere dalle ceneri in cui è caduto e in cui sono caduti i suoi uomini di punta. Per rigenerare un partito servono idee, prospettive, visioni. Tutti gli ingredienti che sembrano mancare in questo momento e ai quali nessuno sembra interessarsi.

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Sara Dellabella