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Antonio Masiello/Getty Images - settembre 2018
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Grillo ingoiato, Salvini sputato

Il M5S, senza idee ed esperienza, è finito nelle fauci del Pd che ha giocato sporco, con un unico obiettivo: colpire il Nemico Assoluto

Il populismo ingoiato, il sovranismo espulso. Questo in sintesi è accaduto nell’incredibile agosto della Repubblica italiana. Una mossa doppia, conforme alla dominazione europea, che ci allinea ai canoni del politically correct.

Proviamo a dare una spiegazione metapolitica di quel che è successo, trattenendoci dall’usare le chiavi più dirette e veraci: il trasformismo, il tradimento, l’inciucio, la «pagliacciocrazia». I compromessi sono accettabili se maturano da lontano e nel profondo, superando divisioni politiche e divari storici e ideali; in questo caso, invece, è un’alleanza fondata solo sull’opportunismo momentaneo; su cui pesava fino al giorno prima un disprezzo reciproco, anche a livello personale, e una sfiducia totale a vicenda. Ma cerchiamo di capire sul piano dei contenuti perché un populismo viene assorbito e l’altro viene rigettato.

Il Movimento 5 Stelle, era chiaro da subito, poteva essere inglobato senza grossi traumi per la sua inconsistenza di contenuti, idee, storia ed esperienza. È un movimento nato sulla negazione e sulla ribellione, contro ogni potere, identificato con privilegio. Il suo voto, all’inizio, è stato l’equivalente di uno sfregio sulla scheda, una pernacchia ai partiti e ai potenti. Si è dato dei contenuti alternativi col modello pauperista fondato sulla «decrescita felice» - di Serge Latouche - ponendosi contro ogni opera pubblica nel nome dell’ambiente o della lotta alla corruzione.

Ma sui temi sensibili, i retaggi storici, i canoni dominanti, il Movimento 5 Stelle è sempre stato vago, ondeggiante e incline ad accettare il politically correct. Quello è stato il cavallo di Troia che ha permesso alla sinistra d’incunearsi nella sua cittadella. Tutta la sua carica rivoluzionaria, antisistema, contro i partiti, oltre la destra e la sinistra, è svanita, prima cedendo all’egemonia mediatica di Salvini, ora cedendo alla più strutturata egemonia della sinistra di potere.

Terrorizzato dal ritorno alle urne e dall’estromissione dal governo, i Cinque stelle ha ingoiato il rospo e, con una ridicola caricatura di democrazia diretta, ha sposato la sinistra e abbracciato un premier che è la negazione assoluta del grillismo: è curiale e moderato, progressista e trasformista, democristiano di sinistra duttile e integrato nel sistema, compiacente verso i poteri forti interni e internazionali. Lo ha scelto come testimonial e ponte pur di restare al governo e risalire suo tramite la china dei sondaggi. È la fine indecente del grillismo.

La Lega di Salvini, viceversa, è agli occhi dell’establishment il Male Assoluto. La chiamata alle armi contro il Pericolo Incombente è avvenuta col solito gioco sporco che consente alla sinistra di legittimarsi al governo, nonostante in tutta la storia della Repubblica abbia vinto una sola volta le elezioni, con Prodi: all’armi, il fascismo è alle porte, c’è il razzismo, il nazismo, persino nazi-russo. Abbattere la Bestia Salvini e insieme avere il nullaosta per allearsi con chiunque, dai grillini a Berlusconi, nel nome di questo anatema originario: il pericolo fascista incombente, che è poi il remake del grido veterocomunista: «la reazione in agguato».

Ma il fascismo, si sa, è morto e sepolto ed è estraneo alla Lega; è solo un pretesto per fondare la conventio ad excludendum nel nome dell’antifascismo.

L’ostracismo contro i sovranisti non nasce dalle divergenza in materia d’economia, perché il pauperismo grillino è ben più incompatibile con l’Europa della linea economica leghista. In realtà non perdonano al sovranismo la difesa della civiltà cristiana, della famiglia naturale e dell’identità nazionale nei suoi confini.

Per i sovranisti quel nucleo da tutelare proviene dal sentire comune. Ma è agli antipodi del Modello Unico verso cui dobbiamo marciare. Il modello imperante riduce infatti la cristianità a pronto soccorso umanitario globale, perdendo i suoi connotati di civiltà cristiana; un messaggio che combacia col papato di Bergoglio e la sua religione umanitaria, post-cristiana. Quel modello dominante degrada poi la famiglia a unione tra le altre, anzi retrograda e chiusa, da superare ed esautorare, in un vasto arco di risposte che va dalle maternità surrogate alle coppie Lgbt, dalla denuncia delle famiglie come prigioni e focolai di violenza al «metodo Bibbiano».

Infine quel modello imperante ricusa ogni identità, rigetta l’amor patrio come xenofobia, respinge le sovranità nazionali e pone l’accoglienza come priorità assoluta, vanificando i confini.

È quella l’ideologia egemone in Occidente e passa dai partiti storici dell’establishment, i potentati, gli eurocrati, la macchina mediatico-giudiziaria, la setta dei chierici. Questo assetto voluto dalle classi dominanti e sovrastanti è respinto ogni volta che si va alle urne; nel resto del mondo è perdente.

In Europa, invece, prevale il sistema di voto proporzionale e il nazional-populismo ha una soglia insuperabile intorno al 30 per cento, che coalizza contro di sé tutti gli altri: pur primeggiando, oltre quella linea non va, in Francia, in Germania, in Italia e altrove. Il discorso cambia in Inghilterra e nei paesi di Visegrád, ma con sistemi elettorali diversi e storie diverse; più l’influenza atlantica per i primi e quella russa per i secondi.

Resta l’incognita di quanto durerà il pasticcio giallorosso, se sgonfierà o rafforzerà il Nemico Assoluto, Salvini. Per ora possiamo dire due cose: è dura per Salvini giocare solo contro tutti e i grillini sono finiti, una volta ridotti a una corrente eco-movimentista della sinistra.

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Marcello Veneziani