Dino-Giarrusso
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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Giarrusso, la "Iena" che si è trasformata in agnello

Dal voto in Europa per la von der Leyen al Governo con la Lega. Parla, e si scaglia contro i giornalisti, il neo parlamentare del M5S

Onorevole Giarrusso, la notizia è il vostro voto sulla Commissione europea. Decidete di sostenere Ursula von der Leyen e nel voto segreto diventate determinanti.

Sì, è vero, siano stati decisivi. Ma il bello è che quando abbiamo deciso di votare sì, nessuno di noi pensava che saremmo diventati i «king maker» della nuova presidente della Commissione.

No?

Von der Leyen è passata per soli nove voti, a scrutinio segreto, il distacco più basso della storia.

Si sapeva che lei era sul filo.

Noi le abbiamo dato 14 voti. Siamo stati decisivi, nella sua elezione, e lo saremo anche in futuro, in tutti i voti che verranno. Ma nulla era ed è scontato: decideremo strada facendo se confermarle la nostra fiducia.

Ci racconti il retroscena. Chi ha deciso davvero questa mossa?

Von der Leyen è stata brava: ci è venuta a parlare, chiedendoci il voto, con un discorso molto franco, e ci ha assicurato delle cose ben determinate.

Vi siete fidati?

Eravamo ben disposti dopo questo incontro. Poi, nel suo discorso, ha confermato quelle aperture in maniera clamorosa, ha scelto i nostri temi e li ha messi al centro della sua agenda.

Si è scritto: con questo voto avete deciso consapevolmente uno strappo con la Lega, che ha votato contro, per avere   un ruolo autonomo in Europa.

Le rivelerò un dettaglio: quando abbiamo iniziato la nostra discussione nel gruppo, lunga e appassionata, eravamo convinti che anche la Lega avrebbe votato a favore.

Così non è stato, e la vostra è risultata un’operazione spregiudicata con un colpo a sorpresa. Chi ne è stato il vero regista? Conte? La Casaleggio e associati? Di Maio?

(Sorride). Guardi, abbiamo deciso proprio noi. Lo abbiamo fatto dopo una discussione tutta politica guardandoci in faccia, non siamo stati teleguidati da nessuno. Sfatiamo questa assurdità dell’essere teleguidati: io da Casaleggio non ho mai ricevuto un solo sms.

Lei pretende che io le creda?

È semplicemente la verità. Conte ha fatto una lunga e abile trattativa sulla Commissione, ma noi, alla fine, sulla von der Leyen abbiamo deciso da soli.

Avete scelto così anche per dare un colpo a Salvini, a livello nazionale?

Ripeto: non sapevamo che la Lega fosse per il «no». C’è un tweet di Salvini molto positivo con l’hashtag #vonderleyen. Noi abbiamo pensato al bene degli italiani.

Vi siete omologati all’establishment, come denuncia Salvini?

Saremo l’ago della bilancia, questo ci rende forti. Il nostro è stato prima di tutto un gesto di grande responsabilità, un voto per assicurare la possibilità di un nuovo governo all’Europa.

Perché dice che nulla è scontato in futuro?

Come le ho detto a noi non interessano le politiche di piccolo cabotaggio, nè posti.

Sarà, ma un vicepresidente lo avete trattato e ottenuto.

Aveva lavorato bene, la sua rielezione non c’entra con quel voto. Noi abbiamo deciso sui grandi temi del programma: se diverranno realtà saremo leali. Altrimenti, se le promesse non saranno mantenute,  diventeremo una feroce opposizione. È semplice.

Cosa avete ottenuto?

Io credo che nelle parole della von der Leyen ci siano due aperture di straordinaria importanza, non per noi ma per il nostro Paese.

Quali?

La prima è l’impegno a far diventare legge il salario minimo europeo. La seconda, forse ancora più importante, è l’impegno alla revisione del tratto di Dublino: ovvero quello di cui noi abbiamo chiesto la revisione per tutta la nostra campagna elettorale. Lei però dovrebbe farsi un’altra domanda.

Quale?

Perché Salvini non ha votato la von der Leyen? Tra noi e loro, il voto irrazionale è stato il suo, non il nostro.

Dino Giarrusso è tornato da Bruxelles raggiante. Il M5s ha alzato il livello dello scontro con la Lega, in Italia e in Europa, e il governo gialloverde è tornato, ancora una volta, sul filo della rottura irreversibile. L’ex inviato delle Iene, che in questa consultazione è risultato il candidato più votato nella storia del M5s, rivela lo stato d’animo dei grillini in questa fase. E si lancia in una articolata invettiva contro il ruolo dei media: «Contro di noi razzismo intellettuale e disprezzo. Il potere reale è rimasto ostile ai gialloverdi».

Avete perso un voto su due.

È stata una brutta sconfitta, ma nulla è deciso: se sapremo riconquistare la fiducia dei nostri elettori i voti torneranno presto.

Votare con la Merkel e Macron non scandalizzerà gli eurocritici del M5s?

Né la Francia né la Germania sono riusciti a imporre i loro candidati designati. L’elezione della von der Leyen è avvenuta perché le politiche che noi in questi anni abbiamo combattuto sono andate in crisi.

Per esempio?

Il rigore. Non è un caso che Conte, con grande abilità, sia riuscito a disinnescare la procedura di infrazione che era già puntata come una pistola alla tempia contro di noi.

State cambiando pelle?

Anche questo voto conferma che siamo l’unica forza di rottura: in Europa e in Italia. Se la neopresidente s’impegna a riscrivere i trattati che contengono le regole più dannose per l’Italia sull’immigrazione, è lei che viene incontro a noi, non il contrario.

Il 17 per cento è un dato che segna un  declino irreversibile o no?

Assolutamente no. Dipende solo da noi. Io credo che questa scelta in Europa sia uno dei primi passi per tornare a vincere.

Perché avete perso?

Perché le Europee sono elezioni diverse dalle nazionali, e perché noi diamo fastidio al potere, quello vero. La Lega invece gli è funzionale. Noi abbiamo tutti contro: un sistema che ci odia, ancora più che in passato.

Si sente assediato?

Siamo assediati, questo è indubbio, e dovremmo difenderci meglio.

Governate con numeri che nessuno ha mai avuto!

Faccio un esempio. La Rai ha da sempre un significato simbolico nel nostro Paese. Se con il 33 per cento e il direttore generale nominato da te non hai mosso un solo portacenere di viale Mazzini, l’establishment si convince che può spararti addosso.

Ripeto: avete la maggioranza più ampia degli ultimi trenta anni.

Abbiamo un contratto di governo che sta facendo benissimo, certo. Ma il potere è rimasto in mano ai soliti noti.

Dice che la Lega è meno osteggiata di voi?

In questi mesi noi del M5s abbiamo realizzato conquiste incredibili: il salario minimo, il decreto anticorruzione, il decreto dignità. Leggi che si attendevano da un decennio. Ma se la narrazione dei media è che siamo una banda di cretini, è più difficile raccontarlo agli italiani.

Tuttavia anche Salvini ha la maggioranza delle testate ostili.

Salvini è funzionale perché con lui si può ripetere lo schema «uno contro tutti», che sotto Berlusconi ha assicurato prebende ai berlusconiani quanto agli antiberlusconiani. Per questo Salvini viene sempre messo al centro della scena, anche da chi lo attacca. Ma la vicenda di Mosca ha rivelato che è umano e fragile, come chiunque altro, in politica.

Perché la maggioranza dei media sarebbe ostile ai gialloverdi?

Perché rappresentiamo la fine dei poteri che hanno sempre governato l’Italia, nella pantomima del bipolarismo.

E oggi?

Pd e Forza Italia sono minoranza tra gli elettori, ma mantengono intatto il loro peso nei gangli dello Stato e nei media.

Lei dice che contro di voi c’è un pregiudizio ostile?

(Ride). Ah ah ah. Non lo «dico», ne ho le prove. È razzismo intellettuale purissimo.

«Razzismo»?

Il razzismo è quando si dà torto a qualcuno senza nemmeno considerare chi sia. Noi siamo raffigurati come imbecilli, ignoranti, incapaci, in maniera pregiudiziale, sempre.

Non accade con chiunque governi?

Noooo! Lei quanti articoli ha letto sulle bugie della ministra della Pubblica istruzione che decantava una laurea e non era nemmeno diplomata?

Ce l’hanno con voi? Siete vittime?

Se noi avessimo sfondato nella classe intellettuale avremmo davvero avuto una maggioranza solida, quindi si è scelta la strada della delegittimazione sistematica. Chi sta con noi sta con i paria, con gli inguardabili: sai chi faceva così con gli avversari politici? Il fascismo. Ricorda che Mussolini era direttore di un giornale? Molta gente dice «grillino» come negli anni sessanta si diceva in Alabama: «Negro».

Addirittura? Mi faccia degli esempi.

Il gruppo di Repubblica ha scelto questa narrazione, così - benché siamo al governo - il potere culturale è rimasto nelle stesse mani del passato. Noi siamo «il nemico» da abbattere.

Ripeto. A chi si riferisce?

Le faccio un piccolo esempio. Il regista Paolo Virzì ha detto che il M5s è: «La rivincita di quelli che andavano male a scuola». Quanto è falsa e discriminatoria una visione così intellettualmente razzista, è puerile?

Non è un’opinione come un’altra?

No, perché è totalmente falsa! Tra di noi ci sono ricercatori, professori universitari che si sono fatti largo nel mondo: Lorenzo Fioramonti, Pierpaolo Sileri, Nunzio Angiola, Laura Paxia, Mario Turco, Ugo Grassi, Pasquale Tridico all’Inps, il professor Mimmo Parisi all’Anpal. Abbiamo portato molte eccellenze italiane nel mondo.

Cosa c’entra con la battuta di Virzì?

Questa era gente che andava benissimo a scuola, e forse chi propone questa visione distorta non sa che abbiamo portato in parlamento il maggior numero di laureati.

Non lo sanno?

No, perché nessuno controlla: è un coro qualunquista che dice «quelli sono barbari, zotici e ignoranti», parlando di persone molto più colte e preparate dei «coristi».

Mi faccia un altro esempio.

Virginia Raggi è stata linciata su pubblica piazza. Sputtanata pur avendo combattuto la corruzione a Roma, con insinuazioni sulla sua femminilità, dicerie, attribuzione di amanti. L’Espresso l’ha raffigurata come un mostro sfigurandole anche il viso!

Lei è un giornalista, questa non è libertà di informazione?

No. Se non racconti che Virginia è stata assolta da tutto non lo è. Se poi non racconti che il capo gabinetto di Veltroni è finito in Mafia capitale no. Se non dici che Buzzi era iscritto al Pd, no. Se ometti che due assessori di Marino sono stati condannati per Mafia capitale, no. Se non dici che il minisindaco di Ostia, pupillo di Zingaretti, è stato definito «permeabile alla mafia» e condannato, no. Se non dici che la Raggi è stata assolta da tutto, no.

Ma la Raggi non è attaccata per le buche o per i rifiuti, come qualsiasi sindaco?

Le buche esistono da sempre, ma oggi vengono tappate e non se ne parla più. Nessuno dice che prima di lei non c’era un solo autobus bruciato. Oggi ne esplode uno al giorno, e si bruciano gli impianti di smaltimento dei rifiuti.

Quindi c’è un complotto contro di lei?

Non un complotto: un attacco sistematico. In una città corrottissima in cui i soldi correvano da sempre, la reazione del potere palazzinaro e tangentaro contro questa ragazza è stata feroce. Lei è colpevole di aver riportato regole e legalità, e di aver fatto scoprire a tutti che sia possibile agire legalmente.

E lei come la giudica come amministratrice?

Sarà ricordata, tra dieci anni, come il miglior sindaco di Roma.

Mi faccia altri esempi di razzismo.

Parliamo di pesi e misure differenti, così comprende. In quale Paese del mondo uno che parla con dei giudici per piazzare capi delle procure «graditi» può ancora fare politica?

Si riferisce a Luca Lotti? 

In quale Paese un ex ministro protagonista di quelle intercettazioni vergognose si dice «autosospeso» eppure convoca la sua corrente?

Me lo dica lei.

In nessun Paese del mondo. In Francia un ministro di Macron si è dimesso per una cena di aragoste!

Voi eravate i principali accusatori della vecchia classe politica. Chi la fa l’aspetti?

Il governatore della Campania dipinge Di Maio come un «bibitaro», cosa che fra l’altro è falsa. Quanti hanno scritto che ha preso 100 centesimi alla maturità?

Non si parla tanto dei voti dei politici?

Mi dice se qualcuno ha mai scritto che Zingaretti è un «dentieraro»? Mi dice se Repubblica così attenta agli amanti - falsi - della Raggi ha mai indagato sul diploma del segretario del Pd? Zingaretti ci dice se è diplomato o meno, in che anno e in che istituto si sarebbe diplomato?

Oggi siete al governo, ovvio che siate  sotto i riflettori.

Bene, giusto. Ma giudicate i fatti, non altro! E magari scrivetelo che Tassone, giudicato «troppo permeabile alla mafia», era il candidato di Marino e Zingaretti!

Era un personaggio minore.

Ah sì? La giornalista antimafia Federica Angeli sosteneva che era un politico onestissimo e che ci «metteva la mano sul fuoco», non mi risulta si sia scusata. La verità è che Mafia capitale è stata rimossa.

Ma da chi?

Lei ha mai letto la lettera di Buzzi: «Da iscritto al Pd difendo Scajola?». Lei ha mai letto una riga su Michela Campana, deputata che definiva  Buzzi «grande capo», e poi confermata parlamentare del Pd? E invece quante paginate ha letto sulla carriola del papà di Di Maio?

Ripeto: quando si va al governo si finisce sotto una lente d’ingrandimento.

Lei non ha sentito la Boldrini dire: «Tutti quelli che vanno su quel blog solo dei potenziali stupratori». E si riferiva al nostro blog.

Giarrusso, se fosse come lei dice voi non avreste vinto.

Abbiamo preso il 33 per cento malgrado tutto perché la siamo risultati comunque più credibili. Ma proprio quel 33 per cento ha scatenato la reazione: noi siamo rimasti nemici pubblici per la classe dirigente. Gente da richiudere in gabbia.

Parliamo di lei.

Sa che Aldo Grasso sul Corriere mi cita una volta al mese per irridermi?

Mi faccia un esempio.

Io che ho dato un esame di costituzionale, ho studiato il caso Salvini, prima di parlarne in tv, e spiegato che «non era un caso di immunità parlamentare». Grasso mi ha preso in giro, eppure tre giorni dopo Sabino Cassese ha usato le mie stesse identiche parole. Chi è l’ignorante?

È una forma.

Un’altra volta ha scritto che ero un No vax (ed è falso!) poi ha ironizzato sulla mia presenza nella giuria dei David, ma ha letto il mio curriculum?

Non le sta simpatico, capita.

Certo, ma fra la critica legittima e la delegittimazione basata su dei falsi c’è  differenza. Io sto cercando di spiegarle il clima culturale che c’è intorno a noi. Ho querelato diverse testate fra cui Repubblica.

Lo ha fatto davvero? 

Certo. Per un articolo pieno di falsità su di me che parlava dei miei pezzi su Stamina, i vaccini e il veleno dello scorpione anticancro. Solo che io non ho mai fatto nemmeno mezzo pezzo su questi temi! Ma ancora in rete mi si rinfacciano cose che semplicemente non ho fatto. Capisce quanto possa nuocere la diffamazione sistematica?

Lei ha fatto inchieste su Brizzi.

E ne vado orgoglioso. Se vuole le dirò cosa penso di quella storia.

Chiudiamo la parte sui media.

Siamo ingiuriati ogni giorno su quel giornaletto che vende meno del mio gazzettino del liceo.

Quale giornaletto? 

Il giornalino che ha celebrato Cuffaro come un eroe quando dopo la condanna mangiava i cannoli. Che chiamava Berlusconi l’amor nostro e rimpiange Renzi come una vedova. Bene, questo giornalino, Il Foglio, mi ha definito per mesi «un trombato». Ma lo avete mai letto di Emma Bonino plurimegatrombata? O di Carlo Calenda, che come me è stato bocciato alla Camera prima di essere eletto in Europa?

Da dove viene lei?

Da Catania. Mio padre si chiama Dino, come me.

E come funzionava a casa?

Mia madre chiamava «Dinoooo!». E non si muoveva mai nessuno. Ah ah ah.

E fuori?

Nei tornei di tennis a cui partecipavamo entrambi, lui è ancora un fanatico, ci chiavavano «Dino jr. e Dino sr.».

Suo padre cosa faceva?

Impiegato al Comune di Catania. È un chimico industriale, si occupava dell’ufficio ecologia.

E sua madre?

Si chiama Teresa. La loro è una meravigliosa storia d’amore. Lei aveva 12 anni e lui 15. Mai dato un bacio ad altri nella loro vita.

Che lavoro faceva?

Impiegata comunale. Per dieci anni è stata la segretaria particolare di Enzo Bianco. Oggi ha una pensione di 1.040 euro.

Perché me lo dice?

È entrata quarto livello ed è uscita quarto livello. Poteva chiedere qualsiasi cosa. Ma noi in famiglia siamo fatti così.

Mi dica un aneddoto su di lei.

Comprò il telefonino per lavoro, ma se lo pagava lei. Erano i primi. Le tariffe erano stellari. Il suo stipendio era un milione e quattro, arrivó una bolletta da un milione e mezzo. Mio padre, basito, disse solo: «Teresa mi pare che stiamo esagerando».

E poi?

Ha continuato a pagarselo. Quando ho letto che la segreteria di Bersani prendeva 250 mila euro l’anno ho riso amaro.

Suo padre faceva politica?

No, l’ha scoperta con me. Alternava il voto per Democrazia proletaria a quello per il Pli, dove si candidava spesso un suo caro amico.

Lei votava Dp?

Votato mai, è morta prima. La seguivo, sì. E dal ‘92 al ‘97 andavo alla festa di Cuore portandomi dietro papà: quando Serra era ancora di sinistra, Fazio era di sinistra....

Lo avete bombardato.

Non è come Danilo Dolci che ha occupato una casa per difendere degli orfani. Attaccava sempre Mike Bongiorno, è diventato più «medio» di lui, peraltro snaturandosi.

E la sua famiglia?

Mio nonno Salvatore Papale è stato sindaco di Catania negli anni Sessanta. Claudio Fava ne scrisse un peana che si concludeva con la frase: «Era un bell’uomo. L’ultimo anche in quello». Epigrafe divina.

Cosa voleva fare da ragazzo?

Il calciatore. Ho giocato negli esordienti con il Catania. Un bel numero dieci. Ma a 14 anni devi lasciare tutto.

E lei?

Non l’ho fatto. A 22 anni ho fatto l’ultimo provino importante, al Siena, con Beppe Savoldi. Non mi hanno preso.

Perché?

(Sorride). A questi livelli o sei un fenomeno o sei fisicamente una bestia. Non ero né l’uno né l’altro.

Amava il campionato?

È stato una malattia: seguo il Catania ovunque. Ho giocato fino all’eccellenza. Amavo i tempi in cui l’Inter del triplete perdeva con il mio Catania tre a uno.

Studi dove?

Classico allo Spedalieri. Dove hanno studiato Pippo Baudo, Vitaliano Brancati,

Luciano Modica. Alla maturità ho preso 52.

E poi?

Dopo aver visto Palombella rossa ho pensato, sognato, di fare il regista. Ho fatto l’Università a Siena, Scienze della comunicazione.

Buona formazione? 

Una discreta fucina di talenti. C’era il numero chiuso, mi sono laureato con 106.

Tesi?

Con Omar Calabrese e Maurizio Boldrini, grandi maestri. Sulla personalizzazione della politica. Poi seguo la campagna di Enzo Bianco pensando di farci la tesi e mi trovo a girare i suoi spot. 

Belli?

L’idea era non farlo apparire per 55 secondi. E alla fine diceva solo: «E poi abbiamo messo anche dei fiori».

Perché era accusato di essere il sindaco delle fiorifere.

Lo chiamavano «A’ ciurara». Per dire che era omosessuale, cosa che non è vera.

Amici di allora?

Fra i politici da bambino ero amico di Salvo Pogliese, oggi sindaco. Abbiamo fondato il club di ultrà del Catania: eravamo due fascisti e due comunisti. Lui deve la sua fortuna politica anche alla curva.

Il suo esordio?

Ad Antenna Sicilia Tele Etna, in modo causale. Un mio amico doveva fare un servizio sui bordelli e lo accompagno perché parlavo bene il dialetto. Mi appassiono, lo seguo anche al montaggio.

E poi?

Andrea Lodato, che lavorava lì, mi dice: «Mi è piaciuto molto il servizio». Ho continuato, pagavano 50 mila lire a pezzo. 

Lei arriva alla Sicilia?

Mi occupavo di stregoneria, cioè di internet. Un giorno Mario Ciancio mi chiede: «Come si naviga?».

Lo hanno indagato per mafia.

Gli hanno sequestrato i beni. L’inchiesta non è finita. Ma ha scelto di proteggere il potere, non c’è dubbio. Io avevo un buon rapporto con lui. 

Chi era il suo modello?

Pippo Fava. Lo considero un eroe. A casa leggevamo anche il Giornale del Sud e poi i Siciliani.

E il grande salto?

Puro caso. Si sposava mio cugino Mimmo e non sono andato al matrimonio.

Per fare cosa?

Andare alla Festa dell’Unità di Modena. Giro un cortometraggio lì.

E la fortuna?

C’era Ettore Scola nel pubblico, che apprezza l’idea nonostante la mia regia fosse terribile. S’intitolava La fine: dei ragazzi venivano «mangiati» alla Festa dell’Unità.

Surreale.

Scola ha voluto conoscermi: «Che bella idea!». Poco tempo dopo mi ha telefonato, proponendomi per un corso in Francia che poi però è saltato.

Tuttavia?

Un giorno ho la febbre. Accendo la tv e sento che lui sta per girare un film, Concorrenza sleale. Gli scrivo una lettera ironica: «Se mi prende come stecchinatore di olive agli aperitivi, sarei felice di farlo».

E lui?

Mi risponde: «Va bene. Vieni». Inizio come assistente con lui e in breve divento aiuto regista. Si guadagnavano 2 mila euro a settimana...

Voleva fare il regista, però.

Non sono ricco. Avevo fatto anche il cameriere e il maestro di tennis. Il cinema era comunque un salto di qualità.

Punto di svolta?

La sera del G8 a Genova ci troviamo davanti alla Diaz Ricky Tognazzi, io e Citto Maselli. Momenti che ti uniscono.

E poi?

Dopo poco Tognazzi viene incaricato di girare lo spot dell’euro. E mi chiama.

E dopo?

Vengo convolto in un film su Papa Giovanni XXIII. E inizio a lavorare con Massimo Ferrero.

E come era prima della Samp?

Pazzo, intollerabile ma geniale. Un giorno lo incontro dopo anni di buona carriera e mi fa: «M’hanno detto che sei diventato bravo, che ora sei ‘n fijo de mignotta. So’contento».

Aneddoto cult?

Durante Ragazzi fuori si era fidanzato con una vigilessa, le aveva preso la paletta. E la usava per girare con le macchine di produzione. Ahahah.

E come regista?

Non ho mai sfondato. Ho fatto Faceboom, su Facebook, buona idea ma non se lo ricorda nessuno. E poi qualche bella sceneggiatura scritta.

E le Iene?

Avevo un amico, Marco Occhipinti, che ci lavorava. E mi fa: «Vieni».

Cosa risponde?

«Mai». Non mi piaceva l’idea di rompere i coglioni alle gente.

E poi?

Sui social mi espongo da grillino, e iniziano a dirmi: «Ma chi te lo fa fare di sostenere quelli?». Contemporaneamente, per la crisi ho iniziato a lavorare meno. Nel 2014 mi saltano sei film. Ero senza soldi, incontro Occhipinti e gli dico: «Provo».

Ci è rimasto quattro anni...

Ho imparato tanto e guadagnato bene. Quando diventi volto lavori molto, anche fuori; per due ore in un centro commerciale ti danno 2 mila euro.

Il suo pezzo con Benigni sul referendum Boschi, uno dei più visti.

Era il giorno del mio compleanno. Mollo tutto e corro a Camogli. Lo intercetto in un bar. È stato gentilissimo.

E la saga della Panda di Marino. Lo ha portato alle dimissioni.

Tutto nasce per una piccola multa. Ma guardando il permesso sul parabrezza noto un dettaglio. Il permesso del centro storico era retrodatato!

Si può arrivare alle dimissioni per questo?

Sarebbe bastato rispondere... Lui non lo ha voluto fare ed è stata la sua rovina.

E su Salvini.

Sui centri sociali. Capii allora che era il più abile politico italiano. Non si arrampicava sugli specchi, e dimostrò  che era meglio ammettere che dire balle.

Lei ha fatto fare pace a Sarri e Mancini.

E Sarri è andato in campo con la sciarpa che gli avevo portato: io lo amo.

Si pente della sua campagna contro Brizzi per le molestie?

Di cosa dovrei pentirmi?

È stato eletto grazie a quella battaglia?

Ero già notissimo prima del caso Brizzi.

Ma la sentenza di assoluzione?

Ho raccolto 15 testimonianze univoche. Ragazze che Brizzi ha contattato in vari modi, circuito, ingannato.

Come?

Diceva loro: «Sei brava ma devi migliorare». Iniziava sempre con un provino. Le metteva in soggezione. E poi finiva con spogliarsi, masturbarsi, toccarle... altro che provino! Io ho raccontato queste verità mai smentite:

di cosa dovrei vergognarmi?

Basta per condannare un uomo?

Penalmente decidono i giudici, è giusto così. Dal punto di vista umano ed etico, invece, chi organizza dei «provini» e fa ben altro ingannando ragazze molto giovani, come dovremmo considerarlo? Siamo l’unico Paese al mondo in cui uno così è stato difeso.

Ha mai pensato che quei racconti potessero essere non del tutto veri?

No. Perché ho conosciuto quelle ragazze. E poi lui non ha querelato nessuno.

Anche lei non ha parlato mai di questa storia.

È stato il primo motivo degli attacchi della stampa contro di me. È triste, perché nessuno ha pensato a quelle ragazze, le ha difese... Ho letto cose assurde contro di loro, che hanno avuto grande coraggio.

Si è candidato usando il nomignolo «iena». Paraculo.

A Catania mi chiamano iena. Anche Pannella si chiamava Giacinto ma sulla scheda c’era scritto «detto Marco». L’idea mi è venuta così. Ma ho preso più di 117 mila voti... basta?

Le Iene le hanno fatto un comunicato contro. È andato su tutti i giornali. Eravate d’accordo?

No. Mi ha chiamato Parenti, che per me è un maestro, e mi ha detto: «Sono costretto perché sennò ci dicono che le Iene tirano la volata a un grillino».

E poi?

Il comunicato era durissimo. Mi dicevano che dovevo ritirare la foto con la cravatta nera. Che rubavo la loro immagine.

E lei?

Gli ho risposto: «Tarantino ha detto che la potevo tenere, quindi anche voi potete usarla». Ahahah.            n

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Luca Telese