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Fedriga (Lega): "La parola muro non mi fa paura"

Il governatore del Friuli-Venezia-Giulia parla del suo progetto per proteggere il confine italo-sloveno dai migranti

«Con l’affitto che ci paga la Val d’Aosta, ci copriamo tutte le spese» dice Massimiliano Fedriga, 39 anni appena compiuti, sulla soglia della sede romana di piazza Colonna. La Regione Friuli-Venezia Giulia si conquistò il piano, tanti anni fa, a un prezzo super conveniente. Lui, la Regione, l’ha conquistata presto, ma con fatica. Abbattendo le roccaforti rosse di Monfalcone e i feudi bianchissimi del cuore friulano. E la fatica ce l’ha stampata in faccia soprattutto adesso, dopo che ha parlato di muro sul confine tra Italia e Slovenia, cioè di corde in casa dell’impiccato. A Gorizia ci sono le case e i cimiteri divisi da una barriera che non esiste più, ma che è lì. E nel manicomio dove Franco Basaglia mosse i primi passi contro la psichiatria ufficiale, sempre a Gorizia, c’era una linea bianca per terra: una parte era Jugoslavia e l’altra Italia.

Governatore, quanti sono esattamente i migranti che passano il confine ogni giorno attraverso la rotta balcanica?

A volte 100 in un giorno, a volte nessuno. Partono dai campi in Bosnia Erzegovina, arrivano in Croazia, Slovenia e poi da noi. Tutti pachistani e afghani. Giovani maschi.

Ha chiarito al Comitato Schengen come devono essere queste benedette barriere?

Tecnicamente non so. Non essendo un esperto di architettura muraria, lo definiranno i tecnici. Non certo lunghe 30 chilometri, ma devono in qualche modo coprire la frontiera, boschiva e selvosa, che insiste sulle città.

Esclude il filo spinato o altri dissuasori?

I sistemi elettronici servono solo per il monitoraggio, il nostro scopo è prendere quelli che entrano, identificarli e fare eventuali respingimenti in Slovenia.

Ma i suoi corregionali si lamentano per davvero o li soccorrono come si è visto in qualche servizio in tv?

Su Trieste e le altre province abbiamo fatto un fortissimo alleggerimento quest’anno. Ma ovvio che si lamentano: messaggi, chiamate, ci dicono quanti ne vedono passare, venti, trenta. Dargli da mangiare e da bere è un’altra cosa, anche io se vedo un ladro che ha bisogno di bere gli do acqua, dopo di che lo faccio arrestare.

Dove vanno i migranti una volta varcato il confine?

Adesso sta succedendo che fanno domanda di protezione e poi restano. Con l’Austria non hanno speranze, Francia e Svizzera neanche a parlarne. In questo periodo sembrano di più perché li fermiamo, ma gli ingressi sono diminuiti del 20 per cento. Prima passavano perché li facevano passare. La gente ha percepito il controllo.

È vero che Matteo Salvini, quando lei è stato travolto dalle polemiche sul muro, l’ha invitata a una specie di dietrofront?

Dal primo giorno c’è stato un collegamento diretto tra me e il ministro. Tutto concordato, mai mi sarei permesso di prendere decisioni o fare proposte che non competono direttamente alla regione senza confrontarmi con lui.

Lei è cattolico, scrivono vicino a Cl. Non ha sensi di colpa nei confronti dei migranti?

Cattolico, ma non ciellino. È lavarsi la coscienza pensare solo a chi ha le risorse per partire illegalmente, i più fragili che non hanno soldi né forza restano là. Tutta la solidarietà della sinistra si concentra su quelli che arrivano. I più numerosi, quelli che non arrivano, non interessano a nessuno.

Famiglia cristiana l’ha attaccata come il governatore «murista» che si immagina un’invasione che non c’è. Ha parlato del «muro del nulla».

Ha posizioni sempre politicizzate, trovo sterile fare polemica con Famiglia cristiana. Gran parte della Chiesa e dei credenti la pensano come noi.

Noi chi?

Noi della Lega. Le regole devono garantire libertà e democrazia, non esiste uguaglianza se non ci sono regole e quelli che spingono a violarle non penso che cerchino l’uguaglianza. Non c’è democrazia al mondo che tuteli i deboli violando le regole.

Il Papa non vuole muri.

Il Papa fa un discorso universale. Ma se restiamo in ambito cattolico, allora citiamo Gesù Cristo: diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Nel senso che i governi civili sono chiamati a fare le leggi e a farle rispettare.

Debora Serracchiani, ex governatrice del Pd in Friuli, ha detto: «Fedriga e Salvini sembrano Don Chisciotte e Sancho Panza, uno le spara e l’altro lo segue contro i mulini a vento».

È la rabbia di chi non è stata eletta nemmeno nell’uninominale di Trieste. Capisco la sua delusione, ma non può imputarla alla Lega.

Basteranno 40, 50 poliziotti in più per presidiare i confini?

Adesso sono 40, entro il prossimo aprile 32 solo su Trieste, che in questo momento è la zona più sensibile. È un aumento consistente. I pattugliamenti congiunti invece sono solo quattro, ma questa per ora è la disponibilità data dalla Slovenia, a cui Salvini ha chiesto uno sforzo maggiore. Loro stanno comunque aumentando i controlli al confine con la Croazia e la cosa ci interessa particolarmente, perché se spostiamo la linea del fronte…

Lo stanziamento di 5,2 milioni per i rimpatri assistiti è stato letto da chi è contrario come una specie di reddito di cittadinanza da pagare agli immigrati.

Una volta venivano dati all’immigrato i soldi per il rimpatrio, ma erano a fondo perduto. Noi monitoriamo sul territorio l’avanzamento dell’attività che ha messo in piedi. Quindi sono denari per dare una prospettiva al Paese di origine e non solo all’immigrato.

Viktor Orbán vi piace, ma lui non vuole i nostri migranti e non ci aiuta. Può rappresentare un modello per i sovranisti, ma non è certo un interlocutore con cui risolvere i nostri problemi.

Orbán è quello che ha aiutato più di tutti l’Europa e anche l’Italia, è l’unico che sta facendo rispettare Schengen. Io sono contro la distribuzione dei migranti e a favore della difesa dei confini. Deve arrivare solo immigrazione regolare, altrimenti è un fallimento. Poi quale diventa il limite? Un milione, 50 milioni... Non c’è democrazia al mondo che non difenda i confini.

I Cinque stelle auspicano che Lorenzo Fontana, il nuovo ministro per gli Affari europei, leghista, vada a Bruxelles a cambiare le regole di Dublino.

Il problema non può essere risolto rivedendo Dublino, ma facendo rispettare Schengen. Per me l’Europa deve fare due cose: proteggere i confini con Frontex nei Paesi extra Unione europea e, secondo, imporre con la forza economica e politica gli accordi con i Paesi di origine. Il Pakistan, per esempio, non riconosce i propri cittadini e allora l’Europa, invece di dare sanzioni alla Russia, sanzioni il Pakistan... Tutto il resto diventa semplicemente un «aprite le frontiere», redistribuzione compresa. Noi stiamo difendendo il confine marittimo come prevede Schengen e in Europa dovrebbero ringraziarci, non accusarci come fanno Germania e Francia.

Soli in Europa, soli nel governo. Ma il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha risposto a Salvini di aver voluto fare tutto da solo con la nave Alex e ha ribadito che la sospensione della missione Sophia non ha fatto che indebolire la vigilanza nel Mediterraneo.

È un ministro che conosce poco i fatti, perché la missione Sophia si era trasformata in una missione di recupero e soccorso che non aveva nulla a che fare col blocco di entrate illegali di navi nelle acque italiane. Andare avanti con quella missione significava continuare a fare male, non a caso i dati testimoniano che abbiamo l’82 per cento di sbarchi in meno rispetto all’anno scorso e quasi il 97 per cento rispetto a due anni fa. La Marina militare deve servire a bloccare gli ingressi irregolari, non a fare scorta a chi vuole entrare nei porti.

Divisi su tutto, dall’immigrazione all’autonomia. Le finanziarie, negli anni, hanno eroso parte della vostra. Il Pd ha difeso bene o male l’autonomia del Friuli-Venezia Giulia?

Riccardo Illy sì, Serracchiani un disastro. Ha svenduto tutto, era sull’attenti con Roma. Noi siamo l’ultima autonomia nata e la nostra autonomia non è: tenetevi i soldi, poi vedete cosa potete fare. Bensì: prendetevi questa competenza, quanto vale? Vi diamo i soldi. Di fatto è un giro cassa, noi cerchiamo di spendere bene ottimizzando. Quindi tagliare le risorse non è tagliare dei soldi in più che abbiamo, ma tagliare i servizi.

Faccia i numeri.

Dopo una lotta molto dura col ministero dell’Economia siamo riusciti a fare un nuovo patto finanziario con lo Stato: in tre anni noi tratteniamo in più sulla regione, rispetto a quanto fatto da Serracchiani, 843 milioni di euro. Quando sono arrivato, il Friuli-Venezia Giulia si teneva meno di sei decimi. Per capirci, la Sicilia trattiene nove decimi e noi ci paghiamo da soli al cento per cento la sanità, mentre la Sicilia ha un trasferimento di 4 miliardi, e le autonomie locali. Nonostante questo, al mio arrivo trovo un contributo straordinario, rispetto al nostro bilancio, del 14 per cento in più. Sempre in Sicilia, invece, è del sei e mezzo. Quindi la Sicilia ha fatto bene il suo lavoro, ha difeso la sua autonomia, la Serracchiani no.

E allora perché dice che Veneto, Lombardia ed Emilia possono ispirarsi a voi come modello?

Perché adesso, con i nuovi patti, io scendo in tre anni dal 14 al 10 per cento. E il mio obiettivo è di arrivare a un tetto, non dico come il Trentino che versa l’8 virgola qualcosa, ma quasi. Il punto è: quanto vale quella prestazione che tu eroghi al posto dello Stato? Ti riconosco i soldi che puoi trattenere, non togli un euro a nessuno e riesci a dare il miglior servizio al minor costo.

Ma con la sanità la partita è difficile. Anche qui, lei ripete che la riforma Serracchiani ha devastato la regione e scontentato tutti.

Inizialmente la filosofia non era sbagliata, poi hanno prevalso le piccole logiche politiche, che nella sanità sono nefaste.

Un esempio per tutti.

Noi abbiamo Udine e Monfalcone che sono punti nascite, poi c’erano Palmanova e Latisana. Palmanova è a 20 minuti da Udine e Monfalcone, Latisana invece è vicino a Lignano, che d’estate fa 200 mila presenze. Lei, Serracchiani, cosa fa? Sospende Latisana e tiene Palmanova perché, casualmente, a Palmanova c’è il sindaco Pd. Questa cosa ha creato un disagio mai visto. Noi abbiamo detto: il punto nascite lo mettiamo a Latisana e quindi salviamo un’area che in prospettiva può reggere di più. Palmanova la valorizziamo con le operazioni programmate. Abbiamo dato una prospettiva a questo centro, visto il calo demografico, ma il sindaco del Pd è lì ancora che protesta.

La spesa sanitaria resta comunque un nodo. Bisogna ancora una volta strappare migliori condizioni a Roma? Ha mai considerato la prospettiva di un rientro nel Servizio sanitario nazionale?

No, mai. E non voglio risparmiare sulla sanità. Se ho un aumento di 100 milioni all’anno, come ha avuto Serracchiani, mi aspetto un aumento di servizi e che tutti i cittadini siano contenti. Invece così non è stato. Gli investimenti nella sanità con lei sono crollati, noi li abbiamo raddoppiati. Reggiamo se la spesa non esplode. Però se raddoppio gli investimenti, punto sulla prevenzione e il cittadino sta meglio, il sistema pubblico risparmia. Certo, gli effetti si vedranno nel medio e lungo periodo.

Ce l’ha con Serracchiani. E con Laura Boldrini che la sospese per ben 19 giorni dall’Aula. Sono ancora fresche le accuse grilline sul sessismo della Lega...

Il dibattito con Vincenzo Sfadafora (sottosegretario M5s, ndr) è surreale. Dire sbruffoncella o pirata alla capitana della Sea Watch che ha violato i nostri confini non è un insulto sessista. Adesso non si può più criticare una persona in quanto donna? Che cosa sono le donne, dei panda in una riserva?

Perché si è iscritto alla Lega a 15 anni?

Quando ne avevo 12, mio fratello più grande e mio padre erano andati alla Fiera di Trieste a vedere Umberto Bossi, era il ’92. Rimasi affascinato dai loro racconti, al punto che un anno dopo ho seguito le elezioni comunali sulla tv locale, mi appassionava il dibattito.

Il dibattito su che cosa, a quell’età?

Mi aveva preso ’sta roba qua del federalismo. In seconda media faccio persino un tema su questo. La professoressa non mi dà un bel voto, poi però mi chiama in classe a leggerlo e, pensa te, mi prende il foglio e mi alza il voto davanti a tutti i compagni.

Vuole dire che è riuscito a convincerla con le sue tesi bossiane?

No, lei non era per niente vicina alla Lega e mi ha tirato una legnata nel voto. Però è stata onesta intellettualmente. Il voto era con le lettere, non a numero, ma era brutto.

E la tessera, chi l’ha spinta a iscriversi?

Lo zio di un mio compagno di classe. Ero già al liceo scientifico Galilei, nel ’96. Ho cominciato con il volantinaggio sotto i portici di Chiozza, vicino a viale XX settembre. Arrivava Bossi ed ero molto emozionato.

Riuscì a parlargli?

Mi sono ritrovato con lui al bar, ma ovviamente non mi ha considerato. Ci ho parlato per davvero molto tempo dopo, quando sono venuto a Roma nel 2008. Dal 2005 ho fatto parte anche del consiglio federale, ma quando c’era Bossi stavo zitto.

Quindi in cameretta, da ragazzo, aveva il poster del Senatùr?

No, di Ronaldo. Sono sempre stato interista perché da piccolino vivevo a Verona e i tifosi del Verona si erano gemellati con quelli dell’Inter. Però, adesso che ci penso, nella cameretta avevo anche la sciarpa bianca e rossa della Lega Nord.

Che cosa rimprovera a Salvini in questo momento? Chi dei due, tra il capo della Lega e Luigi Di Maio, sta esagerando?

Salvini è solo sull’immigrazione.

Ma anche sull’autonomia, le pari opportunità, la famiglia, la sicurezza…

È successo anche a partiti monolitici quando erano al governo. Perché sconvolgersi se due forze diverse che si sono presentate separate alle elezioni discutono? Ricordo che nel Pd c’è stata una scissione.

Pensa che sia possibile, in caso

di strappo, una nuova maggioranza

5 Stelle-Pd?

Sarebbe la fine del Movimento Cinque stelle. E forse anche del Pd.

Quando si vota?

A Salvini parlo spesso di questo e lui dice giustamente che se possiamo portare a casa flat tax e altro, il governo non è un fine, ma un mezzo. Se le cose si fanno andiamo avanti, sennò no.

Anche lei, come il suo capo, è contrario a un’eventuale alleanza con Forza Italia?

Da qui al voto è tutto in divenire, non si sa bene neanche che cosa succederà nella compagine di centrodestra, è difficile fare previsioni.

Dopo Luca Zaia, è il secondo governatore più amato d’Italia.

Mi preoccupa perché dopo il primo anno puoi solo scendere. E visto che prendere il posto di Zaia è impossibile...

È amato, ma un professore le ha dato del soldato delle SS, ha molti «haters» sui social e i giornalisti non le vogliono così bene.

Al professore ho mandato la lettera dall’avvocato chiedendo scuse formali. Se insegni all’Università di Trieste e devi formare i nostri ragazzi non puoi paragonare il presidente della Regione a un nazista. Sui giornalisti non so darmi una spiegazione. Pensi che ho l’Assostampa del Friuli-Venezia Giulia che prende costantemente posizioni politiche contro l’amministrazione regionale.

Si è laureato in Scienze della comunicazione come Roberto Fico, il presidente della Camera.

Lui con una tesi sui cantanti neomelodici, io sui referendum etici: aborto, divorzio e fecondazione assistita. Voto: 106.

Lo dice come se non le piacesse la musica.

Certo che mi piace, ho anche comprato Alexa (assistente intelligente di Amazon, ndr) per tenermi aggiornato sulle ultime tendenze. Ascolto i tormentoni come Jambo di Giusy Ferreri od Ostia lido di J-Ax. Ma il mio preferito è Mahmood.

Il vincitore di Sanremo protagonista, dobbiamo dire suo malgrado, di qualche malinteso con Salvini…

Sì, con il mio bambino più grande, che ha 5 anni, cantiamo Soldi.

Che cosa si aspetta dai suoi figli, il più piccolo ha solo un anno e mezzo..

Che si fidino sempre di mamma e papà, che ci dicano senza paura quando hanno sbagliato, che siano sempre sinceri con noi.

È un papà severo?

Per niente, mia moglie Elena invece lo è. Lei è bravissima, fa tutto in casa e in più lavora, è una grande. Quando ci sono, dormo io con il piccolo che ancora si sveglia due o tre volte durante la notte. La faccio riposare.

Dica la verità: col senno del poi la parola muro la userebbe ancora?

Sì, perché non mi fanno paura le parole. E perché sul politicamente corretto

è morto il Paese. O quasi. n

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Emanuela Fiorentino