Napolitano, il Lord Carrington della politica italiana
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Napolitano, il Lord Carrington della politica italiana

Ritratto di Giorgio Napolitano, primo presidente riconfermato nella storia della Repubblica - Lo speciale - il ritratto di Napolitano - i 5 errori di Bersani - la potesta fuori da Montecitorio - Napolitano e la politica: fotostoria -

Dunque, “Lord Carrington” ha accettato alla fine di restare. Obbedendo allo stile e all'aplomb che nel vecchio Pci di operai gli valse questo appellativo. Lui, Giorgio Napolitano, figlio alto borghese di una famiglia di avvocati napoletani, amica di Benedetto Croce, diventato presidente della Repubblica a 81 anni, dopo la fermissima intenzione di lasciare il Colle alla scadenza del mandato, ha accettato per il bene dell’Italia.

Lui, “Giorgio”, che secondo il suo più caro amico Emanuele Macaluso, nel libro “Politicamente s/corretto”, con Peppino Caldarola (Audino editore), paradossalmente il Pci-Pds-Ds non volle mai come segretario. Salvo volerlo sette anni fa come capo dello Stato. Lui, Napolitano, cresciuto con l’insegnamento di Giorgio Amendola, capostipite dei riformisti, comunemente detti del Pci, è stato osteggiato per anni nel suo stesso partito dai massimalisti e dagli antisocialisti e anti-craxiani.

Ma la scuola alla quale Napolitano si è formato aveva come insegnamento numero uno che non esistono nemici, ma avversari, con i quali dialogare, confrontarsi e nel caso accordarsi secondo le regole della real politik di Palmiro Togliatti. Bettino Craxi per Napolitano, Macaluso e Gerardo Chiaromonte non fu mai neppure un avversario. Ma un cugino con il quale creare l’unità socialista. Cosa che valse ai “miglioristi” nel Pci e poi nel Pds e Ds, l’accusa offensiva e immeritata di essere “servi di Craxi”.  

Giuliano Ferrara, che dal Pci viene, consigliò nel ’94 nell’ aula di Montecitorio a Silvio Berlusconi di stringere la mano a “Lord Carrington”. Durante il suo primo settennato (perché c’è già chi giura che lui le cose le farà fino in fondo anche stavolta) Napolitano fece uno strappo che gli valse gli attacchi da parte di settori del suo stesso partito e il plauso di Berlusconi e del Pdl. Uno strappo che cancellò l’eterna accusa di aver condannato in ritardo i fatti di Ungheria nel ’56.

Riconobbe, il capo dello Stato, che per Craxi era stata usata “una durezza senza uguali”. Scrisse alla “Cara signora Anna...” una lettera e la inviò al fax di Hammamet. Quello che veniva bollato dai massimalisti del partito dal quale proviene, per non dire da Di Pietro e da tutti i giustizialisti del mondo “il fax di un latitante”. Cose che avrebbero fatto tremare le vene e i polsi a chiunque. Ma non a Napolitano.

Anna Craxi, commossa, ringraziò il presidente e a “Panorama” disse in una’intervista, una della rare da lei concessa: “Ha fatto un grande gesto, quello che nessuno aveva finora mai avuto il coraggio di fare , quello che io e la mia famiglia ci aspettavamo da anni”. “Oscar Luigi Scalfaro non lo fece e neppure Carlo Azeglio Ciampi”, chiosò secca Annamaria Moncini, vedova di Bettino. . Fu un gesto di pacificazione. Ora a “Lord Carrington”, che si avvia a diventare il primo capo dello Stato confermato per un  secondo mandato, la missione di pacificare un paese e una politica in fiamme.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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