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ANSA/SIMONE ARVEDA
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Doria, sindaco di Genova: "Così rinasce la città"

Dalla messa in sicurezza del territorio al rilancio del turismo e del porto: Genova ci prova. Non senza difficoltà

“La cosa più importante è che abbiamo cominciato a mettere in sicurezza il territorio”: Marco Doria ti guarda da dietro una barricata di libri che ingombrano la scrivania, e si riconosce subito il professore.

“Il Comune con le sue modeste risorse finanziarie qualcosa stava facendo, ma non avrebbe mai potuto fare gli interventi incisivi che stiamo facendo adesso”, aggiunge, e quasi si scusa di dover ringraziare il governo, è un sindaco di centrosinistra, ma pur sempre arancione: “Sono arrivati i 275 milioni per Italia Sicura, che hanno visto obiettivamente in Genova uno degli epicentri d’intervento”.

No, il sindaco di Genova non è un sindaco convenzionale e invano cerchi nelle cose che dice la cantilena autopromozionale del politico di mestiere. Infatti, di mestiere faceva il docente di storia economica. Bene.

Sindaco, allora iniziamo dalla sicurezza del territorio: quanto ci vorrà per archiviare l’epoca delle inondazioni?
Molto tempo, la realizzazione assorbirà molto tempo. Non è che la si risolve dicendo: puliamo gli alvei dei torrenti. Sì, quello aiuta. Ma ci vuol altro che rimuovere qualche ramo e qualche rifiuto urgano. Pensi che il torrente Bisagno, nel tratto coperto terminale, ha una portata massima di 650 metri cubi e nell’ultima inondazione si arrivò ad oltre 1000 metri cubi. Ovvio che l’acqua esondi.

E come state agendo?
Adeguando anche queste canalizzazioni sotterranee. Genova è una delle città emblematiche di quanto sia serio il tema del dissesto idrogeologico. Per orografia, per tipologia dei corsi d’acqua, le precipitazioni portano sempre a rapidissimi ingrossamenti… Il terreno è più fragile. Nel territorio del Comune abbiamo porzioni ‘da entroterra’, vere e proprie colline che alimentano un bacino imbrifero con 50 chilometri di rivi… Per questo ci sono state tante tragiche conseguenze.

Diciamo che è un tema su cui il mugugno genovese è giustificato…
Sì, ma stiamo migliorando. Poi si può fare un ragionamento più ampio, partendo da questo mugugno. Si può parlare della mentalità, della struttura sociale, dei gruppi dirigenti. È l’insieme di questi fattori che determina l’identità della città e le sue trasformazioni. E questa identità è in forte divenire. Bisogna cercare di tenere insieme i pezzi…

Parliamone: la Genova del triangolo industriale è un lontano ricordo!
Genova tra Ottocento e Novecento era un polo del triangolo industriale ed era il porto del Nord Italia. Era un’area fortissimamente caratterizzata dalle Partecipazioni statali. Porto e industria pubblica erano i due elementi dominanti dell’identità cittadina. La deindustrializzazione ha fatto perdere questo suo connotato caratterizzante. La nuova fase, che dura anche oggi, è iniziata con l’Expo del ’92. Da allora si è lavorato molto per recuperare l’identità di Genova come città d’arte e di cultura. Un recupero vero, non artificiale.

E allora chiariamolo: è anche un recupero redditizio? Genova ci sta riuscendo, a diventare una città turistica?
Il fatto stesso che Panorama abbia scelto di essere qui con il suo tour Panorama d’Italia è una risposta alla sua domanda. Questo lavoro ha rilanciato sì Genova, come città di cultura e di turismo. Ha iniziato l’Acquario, ma oggi non è più solo. Oggi ad esempio Palazzo Ducale è il centro dell’identità culturale cittadino. I Palazzi dei Rolli, che dieci anni fa sono diventati patrimonio dell’Unesco, attraggono. Il sistema museale, anche.

Va bene, ma non è che i turisti continuano a mordere e fuggire?
No, abbiamo un dato medio di pernottamenti che si avvicina ai due giorni. Nel centro storico s’incrociano sempre più stranieri con in mano la cartina o lo smartphone con lo stradario. Nelle grandi mostre prendiamo iniziative molto molto apprezzate. Nel 2015 le presenze turistiche sono aumentate del 5 per cento. Panorama ci sta aiutando, Meridiani ha dedicato a Genova la sua ultima monografia… Insomma, le cose migliorano.

L’altro polo dell’identità è il porto. O dovrebbe esserlo…
È un porto in cui nel 2015 c’è stato il record storico dei cointainer movimentati, oltre 2,2 milioni di pezzi. Come anche di crocieristi. Quindi sì, il porto va. Ha tenuto anche negli anni della crisi.

Sindaco, però riconosca che le cose non vanno ancora del tutto bene. Aldo Sutter ci ha confermato che per le sue merci, da Serravalle Scrivia, continua a servirsi del porto di Rotterdam!
Be’, ma per certe rotte del Nord Europa e anche del Nord America Rotterdam sarà sempre competitivo. Potremo migliorare ancora accelerando i collegamenti su ferro del porto con l’hinterland padano. Ma questo è un nodo nazionale. Il nostro porto, con un terzo valico efficiente, si allaccierà al corridoio ferroviario europeo… Anche la Svizzera ci punta molto. Il governo elvetico vuole trasferire su rotaia il traffico merci. La partita che abbiamo da giocare è molto importante.

Intanto il Porto resta commissariato…
Ma è un problema di governo. È in arrivo la riforma e in attesa delle nuove regole….

Bene il turismo, bene il porto, sviluppabili. Ma ci sono purtroppo molti focolai di declino.
Sì, purtroppo. Casi come l’Ilva o anche alcuni servizi pubblici dimostrano che c’è la necessità di voltare pagina. Abbiamo un mondo vecchio che in parte va sostituito con un mondo nuovo da costruire. Innanzitutto presidiando l’industria valida e innovativa, che c’è e funziona e deve poter crescere. Mentre il turismo culturale è un esempio di recupero di un’identità, abbiamo per altri aspetti un sistema che ormai ha dato quel che poteva dare, che storicamente è giunto a una fase finale, e allora il cambiamento dev’essere radicale. Bisogna sostituite i processi, rinnovarli, cambiare radicalmente la gestione dei servizi pubblici locali. Bisogna introdurre criteri di efficienza e di corretta allocazione delle risorse. C’è da fare una battaglia di trasformazione in cui, secondo me, la città deve impegnarsi. E le resistenze al cambiamento sono fortissime. Stiamo ancora lottando per imboccare strada giusta. Poi, certo, tutto viene aggravato dalla difficile situazione finanziaria in cui versano enti locali…ma insistere su questo punto sarebbe ovvio!

Non le piace l’euro-austerity?
Io dico che da alcuni anni a questa parte abbiamo rispettato determinati parametri europei, evitando di fare la fine della Grecia e adottando una  politica severa di spending review e di austerity. Ma quest’austerity finalizzata solo ad evitare il tracollo della finanza pubblica alla lunga ti stronza. Non siamo stati capaci finora di conciliare questa politica con il rilancio degli investimenti che sono rimasti a livelli bassissimi e quindi per la costruzione di un futuro sostenibile manca un pezzo importante. Di questa politica gli enti locali sono stati le prime vittime, perché su di loro sono stati fatti esperimenti che sull’amministrazione centrale dello Stato non sono stati nemmeno abbozzati. Noi amministratori locali siamo molto esposti, abbiamo pochissime leve attive, un po’ di autonomia fiscale sì, ma stretta come in una tenaglia tra i governi che per esempio eliminano il cespite della tassa sulla prima casa, senza poi dare la promessa compensazione fiscale, e i contribuenti che faticano a pagare. Siamo presi in questa tenaglia e non possiamo di certo ridurre i servizi….

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Sergio Luciano