Bersani si dimette. Il Pd alla resa dei conti
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Bersani si dimette. Il Pd alla resa dei conti

Il partito senza controllo, senza un capo (si è dimessa anche la Bindi), senza prospettive - Bersani smacchiato dal Pd - lo speciale sul Quirinale - i 5 errori di Bersani -

Pier Luigi Bersani è pronto alle dimissioni; lo ha annunciato poco fa, davanti ai grandi elettori del Pd, riuniti poco dopo il risultato della 4^ votazione per l'elezione del presidente della Repubblica, con il "disastro" della candidatura di Romano Prodi. Poco prima anche il Presidente, Rosi Bindi, si era dimessa.

Il caos nel Pd è tale che Andrea Orlando, uno dei giovani turchi, sbotta: “Che bel risultato che hanno portato quelli!”. Quelli sono Pier Luigi
Bersani, Maurizio Migliavacca e Vasco Errani riuniti alla Camera subito dopo la bocciatura di Romano Prodi (395 voti contro i 496 a disposizione del Pd+Sel, cioè 101 franchi tiratori).

Per gran parte del Pd gli autori della disfatta sono loro, il cosiddetto “tortello magico” (soprannominati così per la provenienza emiliana) diventato purtruppo “tortello tragico”, secondo una battuta fin troppo facile che ha subito preso a circolare. Una disfatta che ha visto impallinati uno dietro l’altro due autorevoli figure del partito: prima Franco Marini, che però ha ottenuto 521 voti, molto più di Prodi, e poi lo stesso Professore, ex premier.

Quella di Marini era una candidatura condivisa con il Pdl, quella di Prodi, invece, era spuntata giovedì notte, con il tentativo di Bersani di “pacificare” il Pd. Il risultato è che Prodi è stato eliminato, come nel caso di Marini, da franchi tiratori quasi tutti democrats: gli oltre sessanta voti andati a Stefano Rodotà (che sulla carta ne godeva 162, e cioè quelli dei Cinquestelle) e gli altri quaranta voti mancanti dispersisi in vari rivoli, tra cui i 13 a Massimo D’Alema, i 2 a Giorgio Napolitano e diversi ad Annamaria Cancellieri ecc, proverrebbero da varie fazioni pd. I maligni in queste fazioni individuano i popolari, bruciati dalla eliminazione dalla corsa di Marini, i renziani, i dalemiani. Tutte anime che Bersani non riesce più a gestire e controllare.

Stefano Fassina, altro importante giovane turco ammette: “Quando non c’è l’autorità...”. Ed ora? Alle venti della sera di un venerdì 19 aprile da dimenticare, Orfini ipotizza: “Bisogna vedere se domani mattina (sabato 20) possiamo ripresentare Prodi, e innanzitutto se
il Professore ci starà”. Con quale piano, visto che Prodi ha preso molti meno voti di Marini? I maligni ipotizzano che il piano possa essere sempre lo stesso: riuscire ad afferrare pezzi di Cinquestelle che però sembrano irremovibili. Beppe Grillo ha sparato a palle incatenate contro Prodi.

Matteo Renzi dice che la candidatura Prodi è ormai morta. A tagliare la testa al toro ci pensa lo stesso Prodi che ritira la candidatura. Chissà se la notte porterà consiglio al Pd. Un consiglio di buon senso che avrebbe già portato dopo le elezioni del 24 e 265 febbraio a quel governo di larghe intese da sempre chiesto dal Pdl. Il caos è tale che Giacomo Portas, leader dei moderati alleati di Bersani, a Riccardo Nencini leader del Psi, anche lui alleato del Pd fa questa battuta: “Riccardo, ormai siamo quasi solo noi alleati a obbedire alla disciplina di
partito....Siamo alla congiura dei pazzi”.

Il Pdl esulta, ovviamente. Prodi era vista come la figura più ostile. Il segretario Angelino Alfano: “E’ stato un vero e proprio flop”. Fabrizio
Cicchitto: “Una disfatta”. Renato Schifani, capogruppo Pdl al Senato, di cui è stato presidente, ipotizza che ora il Pdl può fare una rosa di nomi.

“Se il Pd vuole tornare allo schema condiviso, allora tornano i nomi di Giuliano Amato, Massimo D’Alema e Franco Marini”, dice a Panorama.it Augusto Minzolini, senatore Pdl. E Salvatore Cicu, deputato Pdl: “Io insisterei su Marini”. Ma per molti perlamentari Pdl: “D’Alema va assolutamente bene”. A tarda sera Rosi Bindi si dimette da presidente del Pd. Ovvero partito del disastro. E c’è chi a questo punto tra i democrats teme o aupsica a seconda dei casi quelle di Bersani.

Nella notte riunione Pd. Molti sperano che sia quella giusta che possa segnare finalmente una svolta.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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