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ANSA / MATTEO BAZZI
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Il dietrofront di Grillo che rafforza Renzi e le unioni civili

Bufera nella base contro la "libertà di coscienza" concessa da Grillo ai senatori del M5S sulle unioni civili. Intanto i numeri della maggioranza crescono

“Sei favorevole all'introduzione nel nostro ordinamento giuridico delle unioni civili fra persone dello stesso sesso?”. Era il 28 ottobre del 2014 e la stragrande maggioranza degli iscritti al portale del Movimento 5 Stelle abilitati al voto risposero “sì” al quesito posto sul blog di Beppe Grillo.

Quindici mesi dopo, dallo stesso blog il leader tornato comico (è in scena da alcuni giorni il suo ultimo spettacolo) sovverte quel risultato e annuncia “libertà di coscienza” per i parlamentari pentastellati chiamati a esprimersi sul ddl Cirinnà, e in particolare sulla stepchild adoption, all'esame del Senato e senza alcuna “nuova consultazione online” della base.


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Ma se per Grillo la giustificazione al suo improvviso cambio di rotta (espressa sul suo blog questa mattina e poi anche via twitter) sta nel fatto che nella votazione del 2014 non si faceva cenno all'adozione del figlio biologico del partner e che pertanto, sul punto in questione, trattandosi di un tema etico, ciascun portavoce ha il diritto di esprimersi come gli impone la propria morale, per la base in rivolta, che si sente tradita, il minimo che Grillo e Casaleggio avrebbero dovuto fare era ricorrere a un nuovo sondaggio.

Al contrario pare che all'origine della presa di posizione di Grillo ci sia sì un sondaggio, ma non quello che gli attivisti si sarebbero aspettati. Un altro, realizzato dal professore della Luiss Roberto D'Alimonte per verificare la consistenza della componente cattolica nel M5S. Tanto che una delle accuse più pesanti che arriva dalla discussione in rete tra iscritti, elettori e parlamentari pentastellati è quella di essersi ridotti a ricalcare tattiche “da democristiani dell'ultima ora”.

In effetti, per settimane, il M5S aveva minacciato il Pd che se il testo in esame avesse subito anche una minima modifica, l'accordo per votarlo sarebbe saltato su due piedi. Ora invece, almeno da parte di Grillo, Casaleggio e dei più fidati Di Battista e Di Maio, prevale l'orientamento a stralciare l'articolo 5 sulle adozioni.

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A parte il sondaggio rivelatore della Luiss, sotto la mossa kamikaze di Grillo si intravede anche altro. Il calcolo politico basato su criteri dettati dalle leggi del marketing innanzitutto, ma anche la disperazione del leader che sente di aver esaurito la sua spinta propulsiva, tanto da tornare al suo vecchio mestiere, e che tuttavia non si arrende a mollare del tutto il suo ruolo sulla scena politica. Perché il potere piace a tutti e Grillo ha dimostrato di non essere poi così diverso dagli altri.

Per cui, pur di fare l'ennesimo sgambetto al Pd, dopo essersi reso conto che i dem non avrebbero ceduto alle pressioni dei centristi, concede dall'alto, una libertà di coscienza (soluzione inedita nel mondo sempre rigidamente sotto controllo dei 5Stelle) che mette in agitazione gli eletti e manda su tutte le furie la base per il sapore di diktat che si porta dietro e per cui ad esaltarsi di più è, guarda caso, proprio Angelino Alfano che punta a far saltare l'intero impanto della legge.

Che succede a questo punto è presto detto. Il ministro dell'Interno ha chiesto lo stralcio delle adozioni. Matteo Renzi ha risposto picche. Su 35 senatori grillini, almeno una trentina dovrebbero votare a favore (i contrari sarebbero al massimo 5). Ad essi si aggiungono i 19 di Verdini. Del gruppo dei 30 cattolici dem, si conteranno sulle dita di una mano quelli che davvero alla fine voteranno contro. Poi ci sono i 20 delle Autonomie, i 22 del Misto (Sel più fuoriusciti M5S), i 7 di Gal, qualche forzista e il senatore Ncd Paolo Bonaiuti. In tutto i voti a favore arriverebbero a 181 (la maggioranza assoluta è di 161) contro 140 contrari.

E paradossalmente, al netto dei rischi nascosti nel voto segreto previsto per alcuni aritoli, il voltafaccia di Grillo potrebbe far guadagnare al ddl una maggioranza ancora più ampia di quella prevista provocando, allo stesso tempo, una spaccatura interna al Movimento a tutto vantaggio del premier.

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Claudia Daconto