Di Maio cerca di riprendersi un Movimento schiacciato tra PD e pacifismo della Lega
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Politica

Di Maio cerca di riprendersi un Movimento schiacciato tra PD e pacifismo della Lega

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Nessun partito italiano riesce a celare le proprie faide intestine come il Movimento 5 Stelle. Tuttavia, nei prossimi mesi si deciderà il futuro politico dei pentastellati con una dinamica che avrà un certo peso sulle sorti del Paese. Il Movimento attraversa un momento di crisi prolungata: il consenso nazionale si è più che dimezzato in due anni; come hanno testimoniato le elezioni regionali, il partito è oramai inesistente nel Centronord; l'esecutivo di cui è socio di maggioranza è per paradosso sempre più aggrappato al detestato Matteo Renzi; le due città importanti, Roma e Torino, amministrate dal partito forniscono pessimi risultati; e, da ultimo, qualsiasi scenario alternativo allo status quo del Conte 2 è ad oggi perdente per il Movimento, che si ritroverebbe o annacquato da maggioranze più ampie o travolto dalle elezioni.

In questo scenario s'inseriscono tre variabili correlate fra di loro: una partitica, una politica, ed una istituzionale. Per questa primavera erano previsti gli Stati Generali del Movimento, in cui si sarebbe dovuto eleggere un nuovo capo politico. Per disaccordi interni e per la pandemia questo regolamento di conti è stato rimandato sine die per mano di Beppe Grillo. Questo congelamento ha un doppio effetto: da un lato impedisce la transizione di potere dal gruppo di Di Maio ad altre correnti e dall'altro ripara Giuseppe Conte da eventuali scossoni interni al partito. La strategia politica perseguita dal Presidente del Consiglio sin dall'estate del 2019 è di ridurre il più possibile l'influenza parlamentare dell'attuale Ministro degli Esteri. L'apertura fatta da Conte negli ultimi giorni all'opposizione per collaborare sul piano legislativo è un indizio in tal senso. La missione di Di Maio, invece, è quella di riprendersi il partito, come ha dimostrato il suo attivismo sul taglio dei parlamentari e la sua loquacità su questioni fondamentali per il debole governo Conte 2 come l'adesione al Mes e la politica economica. L'ex capo politico difende dalle poltrone del governo l'anima populista del Movimento 5 Stelle, cercando di preservarne gli ultimi scampoli di consenso pur senza averne più formalmente la leadership, e per farlo è costretto a trattare con durezza su ogni dossier con Conte, figura sempre più autonoma e vicina al Pd. Nei prossimi mesi queste due anime del Movimento 5 Stelle arriveranno inevitabilmente al redde rationem tra chi vorrà continuare con la politica prudente di Giuseppe Conte, sedendosi al centro e rafforzando la postura europeista, e chi vorrà tornare ai vecchi fasti dell'anti-politica, non senza aggiungere nuovi sprazzi di assistenzialismo e lotta di classe. Questa frattura partitica conduce alla variabile politica. La posizione "contiana" rafforza il governo, ma uccide ciò che resta del Movimento come forza populista, ambientalista, euroscettica.

Nel breve periodo servirà a salvare la vita politica del Presidente e di qualche ministro, ma nel lungo è destinata a far sciogliere i pentastellati in un'alleanza di centrosinistra. L'eventuale supremazia della posizione populista, oggi probabilmente minoritaria nella classe parlamentare del Movimento, metterebbe in serio pericolo la vita del governo. Per tutti questi motivi, l'eventualità di una spaccatura da qui a fine legislatura non è ipotesi da scartare del tutto, con conseguenze anche sull'elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

Da ultimo, vi è la questione istituzionale. La pace politica avanzata dalla Lega per bocca di Giancarlo Giorgetti negli ultimi giorni può complicare ancor di più il quadro per il Movimento. Se la Lega si dimostra responsabile verso il Quirinale e apre spiragli di collaborazione per un possibile governo d'emergenza, nei palazzi del potere finirebbero gli alibi per considerare il centrodestra come impresentabile e pericoloso per il futuro finanziario ed europeo del paese. Anzi, un governo di unità nazionale, anche di breve durata, per fronteggiare una spaventosa crisi economica servirebbe proprio per annacquare ulteriormente il Movimento 5 Stelle sia nella retorica che nelle politiche pubbliche. A quel punto, lo spazio di manovra per i pentastellati diventerebbe molto stretto: deflagrare, separarsi tra sostenitori ed oppositori di un nuovo governo oppure restare uniti, salvare la legislatura ad ogni costo ed arrendersi a diventare la costola meridionale e collettivista del Pd. Ad oggi quest'ultima sembra l'opzione più probabile.


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Lorenzo Castellani