Corruzione, se la politica arriva sempre in ritardo
ANSA / LUIGI MISTRULLI
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Corruzione, se la politica arriva sempre in ritardo

Expo, Mose, Mafia Capitale, Tav: tutti gli scandali che la politica non ha saputo prevenire

È un film visto e rivisto quello della politica costretta a inseguire le inchieste della magistratura quando si tratta di corruzione. Né gli annunci di nuove e più dure misure di contrasto né gli interventi effettivamente adottati, sono riusciti infatti a mettere finora un vero argine a un fenomeno che, secondo alcune stime (anche se è impossibile quantificare esattamente il danno), costerebbe all'Italia 60 miliardi di euro l'anno. Una volta superato lo choc iniziale provocato dalla notizia di un nuovo scandalo, le grandi promesse maturate nel clima di indignazione collettiva vengono mano a mano ridimensionate, dimenticate e nel migliore dei casi, anche per colpa dei veti incrociati che incontrano in Parlamento, rimandate. Fino, ovviamente, al momento di ritirarle di nuovo fuori di fronte a nuovi arresti, nuovi indagati, nuove tangenti.

Negli ultimi 12 mesi lo stesso identico copione si è ripetuto almeno quattro volte. Tanti sono stati infatti gli scandali che hanno terremotato il mondo politico e imprenditoriale più di altri: MoseExpoMafia Capitale e adesso Tav e altre grandi opere tra cui di nuovo l'Expo. E pensare che solo pochi giorni fa, prima che l'ultima inchiesta della Procura di Firenze lo smentisse, il premier Matteo Renzi aveva ottimisticamente profetizzato che “l'epoca degli scandali" sarebbe "finita”.


Scandalo Expo

È l'8 maggio del 2014 quando il compagno G., al secolo Primo Greganti, storico tesoriere del Pci già coinvolto nella Tangentopoli dei primi anni '90, viene di nuovo arrestato insieme ad altre sei persone per un giro di tangenti e appalti truccati sui lavori legati all'Expo di Milano e alla sanità lombarda. In manette anche l'ex plenipotenziario della Dc lombarda Gianstefano Frigerio, l'ex senatore Pdl Luigi Grillo, il direttore generale delle Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, il direttore della pianificazione acquisti di Expo, Angelo Paris, l'imprenditore Enrico Maltauro e l’intermediario genovese Sergio Catozzo. Per tutti le accuse sono di turbativa d'asta e corruzione.

Coinvolte nell'inchiesta diverse imprese coperte e favorite dalla cupola formata da Greganti e Frigerio. “Massima severità nel caso siano stati commessi dei reati” il primo commento a caldo del premier Matteo Renzi che poi nei giorni successivi, commentando la scena della consegna di una tangente ripresa dalle telecamere nascoste della guardia di finanza, lancia la proposta: “ci vuole l'interdizione dai pubblici uffici”.

Scandalo Mose

Passa giusto un mese che il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e l'ex governatore veneto Giancarlo Galan finiscono in manette insieme ad altre 35 persone (gli indagati in tutto sono un centinaio tra cui politici, funzionari pubblici, imprenditori). Imprese di costruzione della zone avrebbero infatti finanziato la campagna elettorale di Orsoni del 2010 e il restauro della villa di Galan con denaro ricavato da sovrafatturazioni false create ad hoc e fondi distratti al Mose, il sistema di dighe mobili progettato per difendere Venezia dall'acqua alta.

Il giorno stesso, era il 5 giugno, il premier Matteo Renzi annuncia da Bruxelles, dove si trovava per il G7, nuove misure su appalti, anticorruzione e “altri temi specifici” aggiungendo che “un politico indagato per corruzione” andrebbe indagato “per alto tradimento”.

Scandalo Mafia Capitale

Associazione di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d'asta e altri resti. Sono queste le accuse che il 2 dicembre scorso portarono all'arresto di 37 persone tra cui l'ex Nar Massimo Carminati, il presidente della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi, considerati i capi dell'organizzazione criminale romana, l'ex vice capo di gabinetto dell'ex sindaco Walter Veltroni Luca Odevaine, e all'iscrizione nel registro degli indagati di esponenti di spicco della politica capitolina come l'ex sindaco Gianni Alemanno, l'assessore alla Casa del Campidoglio Daniele Ozzimo, il presidente dell'Assemblea capitolina Mirko Coratti, i consiglieri regionali Eugenio Patané e Luca Gramazio, ma anche alti dirigenti dell'amministrazione, come il responsabile della direzione trasparenza Italo Walter Politano, l'ex ad di Eur Spa Riccardo Mancini e di Ama Franco Panzironi.

Tutti personaggi considerati dai magistrati a libro paga del presunto sodalizio criminale che negli anni avrebbe ricevuto appalti per milioni di euro per gestire immigrati, rifiuti, verde pubblico, manutenzione stradale ecc. Toni da guerra quelli scelti anche allora da Matteo Renzi di fronte all'ennesimo scandalo: “faremo capire che in Italia il vento è cambiato, faremo capire che non sono tutti uguali. E chi ruba, chi corrompe, sarà perseguito fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo centesimo” le parole del premier cui segue l'annuncio dell'innalzamento della pena minima della corruzione e di altre misure.


L'ultimo scandalo

Altri nomi eccellenti sono anche quelli coinvolti nell'ultima inchiesta della procura di Firenze che ha ordinato l'arresto, tra gli altri, di Ercole Incalza, dominus dei lavori pubblici in Italia, ex potentissimo dirigente del ministero dei Lavori Pubblici durante sette diversi governi, in pensione dal dicembre scorso e accusato, insieme ad altri tra cui l'imprenditore Stefano Perotti, di aver illecitamente gestito numerosi appalti tra cui quello dell'Alta velocità e dell'Expo.

Nelle carte dell'inchiesta anche il nome del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi di cui, benché non sia indagato, Lega e M5S hanno già chiesto le dimissioni. Mentre Matteo Renzi è tornato a parlare di aumento delle pene sulla corruzione, reato che secondo il premier è “inaccettabile” pensare di poter prescrivere. Ma il premier ha anche rivendicato di aver messo in campo l'autorità anticorruzione “perché casa per casa, appalto per appalto, si possa far pulito”.

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Claudia Daconto