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ANSA / MAURIZIO DEGL'INNOCENTI
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Congresso Pd: perché Renzi ha deciso di anticiparlo

Il segretario ha capito di dover misurare al più presto i pesi interni al partito. La resa dei conti non può che arrivare prima delle elezioni politiche

Una moratoria di cinque mesi in cambio del congresso anticipato invocato dalla minoranza. L'annuncio è arrivato ieri nel corso di una direzione del Pd dedicata alle prossime elezioni amministrative, alla campagna referendaria, ma anche all'Europa e alla questione giustizia. Matteo Renzi vuole salvaguardare i prossimi appuntamenti elettorali.

La decisione di anticipare tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 la battaglia congressuale che dovrà regolare i conti interni e ristabilire i rapporti di forza nasce infatti dalla consapevolezza che una parte del partito, seppure non proprio esplicitamente, trama alle spalle per farlo perdere.

Nemici interni contro amministrative e referendum
Nonostante la riforma costituzionale sia stata votata in Parlamento da tutti, non è escluso infatti che qualcuno degli avversari interni più agguerriti possa addirittura aderire al comitato per il “no”. E per quanto riguarda la sfida delle amministrative, a Roma, dove i grillini sono in testa a tutti i sondaggi e dove il candidato del centrosinistra Roberto Giachetti rischia addirittura di non centrare nemmeno l'obbiettivo minimo del ballottaggio, un peso massimo come l'ex premier Massimo D'Alema ha dichiarato che non sa ancora se lo voterà. Tanto che il vicepresidente della Camera ha dovuto ammettere che c'è una parte del Pd che “rema contro”.


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Tregua armata
L'invocazione di una tregua da parte del segretario dem trova però un contrappunto nella dichiarazione del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che ha fatto infuriare la minoranza e spinto Gianni Cuperlo a chiederle una rettifica. La frase incriminata riguarda l'accostamento tra chi vota no al referendum e Casapound: “non è una comparazione ma un dato di fatto: chi vota no voterà no come Casapound”, ha infatti detto la Boschi esacerbando gli animi di chi si è sentito chiamato in causa.

Insomma, moratoria sì ma a patto che anche il cerchio magico renziano la smetta con il “bullismo”.

Perché il congresso anticipato: le ragioni della minoranza
Ma perché la minoranza aveva chiesto di anticipare il congresso? E perché, dopo mesi di melina, il premier lo ha concesso? In ballo c'è la direzione che vuole prendere il Pd: verso la ricostruzione del centro-sinistra o verso il cosiddetto partito della nazione.

Il punto di non ritorno, da scongiurare in tutti i modi per la minoranza dem, sarebbe l'ingresso delle truppe di Denis Verdini al Nazareno. Ma anche solo nel listone che dovrà essere presentato alle prossime elezioni politiche. La prima fiducia al governo Renzi votata da Ala è stata, secondo Speranza, “un fatto politico enorme”.

La replica del premier è sempre stata la stessa: “se avessimo avuto i numeri, non ci sarebbe stato bisogno di Verdini”.

Perché il congresso anticipato: le ragioni di Renzi
Ma la ragione per cui Renzi si è convinto dell'opportunità di misurare al più presto i pesi interni al partito riflette, da una parte, la consapevolezza che la partita delle amministrative e del referendum non è affatto semplice, dall'altra la convinzione che la resa dei conti non può che arrivare prima delle elezioni politiche per poi poterli davvero regolare, i conti, al momento della compilazione della lista con cui il Pd si presenterà alle urne.

Lo spartiacque dei risultati elettorali
Il risultato delle amministrative del 5 giugno sarà la scintilla che accenderà la miccia, poi quello del referendum sancirà ufficialmente l'inizio della campagna congressuale. Un'eventuale sconfitta dei candidati dem nelle città più rappresentative, Roma, Napoli e Milano, rappresenterebbe un colpo durissimo al mito dell'invincibilità renziana.

E a quel punto i suoi avversari si libererebbero da molti degli scrupoli che oggi impediscono loro di aderire ufficialmente al fronte del “no” al referendum di ottobre. Entrambi gli appuntamenti elettorali sono diventati, a tutti gli effetti, un test non solo per la tenuta del governo ma anche per quella della segreteria di Renzi. Se i risultati saranno negativi per lui, allora non ci sarà più alternativa al voto anticipato. Il premier ha infatti già dichiarato che in caso di bocciatura del referendum, lui lascerebbe subito Palazzo Chigi. Che non significa la politica. Alla minoranza converrà votare prima del 2018 per sfruttare il vento favorevole. A Renzi per evitarsi un lento logoramento.

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Maria Franco