Casaleggio e la lama a doppio taglio del Web
DANIELE SCUDIERI / Imagoeconomica
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Casaleggio e la lama a doppio taglio del Web

E' entrato nella storia della politica italiana profetizzando la supremazia della rete. Ma rimanendone a sua volta impigliato

Da morto entra nella storia della politica, da vivo ha celebrato il funerale della politica.

È infatti cambiata una repubblica, e un paese, con il «vaffanculo» di Beppe Grillo e le fantasie apocalittiche, spaventose di Gianroberto Casaleggio che proprio da morto appare e compare, mentre da vivo scompariva e sfuggiva.

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E dunque ora che si è oscurato il pc di Casaleggio, spentosi a 61 anni a Milano, davvero si accende e inizia il dovere dei biografi che avranno il compito di studiarne la complessità, la stramberia, la novità di quest’uomo selvatico e imprendibile: fisico mancato ma sciamano riuscito.

Ha quindi ragione Beppe Grillo quando scrive sul quel blog, diario di collera condiviso proprio con Casaleggio, che solo «oggi forse inizieremo tutti a capire l’importanza e la lungimiranza e la visione di Casaleggio».

Di sicuro insieme ci hanno frastornato con quell’armamentario virtuale fatto di referendum lampo, video di sbandati in cerca di un seggio, profezie distopiche e futuri cataclismi, invettive e libertà di sputo.

Pensavamo sempre alla setta ogni volta li vedevamo rifiutare i giornalisti, inventarsi diavolerie, ghigliottine. Li immaginavamo chiusi nelle loro grotte virtuali a lanciare fatwe, a ciclostilare incomprensibili comunicati che necessitavano l’esegetica. Sempre abbiamo detto che dietro Grillo ci fosse Casaleggio con il risultato di non spiegare né l’uno né l’altro.

E si vuole dire che proprio mentre Grillo cercava di sedurre gli italiani con l’imbroglio della satira e della protesta civile, era Casaleggio che in realtà gli faceva da parafulmine attirando su di sé le fiamme della critica severa, i dubbi giusti sul profitto del vaffanculo come impresa commerciale. Movimento politico o marketing scientifico?

Fu lo stesso Casaleggio in una lettera al Corriere del 30 maggio 2012 a rivelarsi e svelarsi agli italiani che ne conoscevano solo l’identità ma non la forma, solo il rovescio ma non il diritto dei suoi pensieri spettinati. «Sono in sostanza il cofondatore del Movimento 5 Stelle insieme a lui. Con Beppe Grillo ho scritto il non statuto prima che il Movimento nascesse».

Di certo quello tra Grillo e Casaleggio è stato l’abbraccio felice tra un comico e un informatico, l’innesto che stravolge la natura. È ormai documento e testimonianza d’epoca quell’incontro di Livorno che li sposò: «Ho scritto molti articoli e alcuni libri sulla rete. Nel 2004, Beppe Grillo ne lesse uno “Il web è morto, viva il web”, rintracciò il mio cellulare e mi chiamò. Lo incontrai alla fine di un suo spettacolo a Livorno e condividemmo gran parte delle idee».

La nostra storia è infatti piena di pensieri a due teste, scritti a quattro mani, e c’è il meglio, e anche il peggio, nelle coppie. Nell’elenco degli incontri che hanno rifatto l’Italia ci sono quelli tra Mussolini e D’Annunzio, De Gasperi e Pio XII, Pannella e Sciascia, Craxi e Berlusconi, Grillo e appunto Casaleggio. Forse si è quindi trascurato di Casaleggio, di cui si è provato a sviscerare l’impossibile, quello speciale ponte con Grillo, «ci sentiamo due tre volte al giorno. Le strategie vengono pianificate al telefono», di cui ancora sappiamo poco.

Conosciamo invece tutto delle stranezze di Casaleggio. Anche Panorama ne svelò una: la candidatura a Settimo Vittone in una lista vicina al centrodestra. E poi gli ambienti della sua società fatti costruire a forma di uovo; la Volvo acquistata di seconda mano; le sue riunioni al castello di Belgioioso; la passione per Camelot e Re Artù, l’ossessione per i videogiochi, il bosco di casa sua «come quello della bella addormentata» e ancora la passione per Gengis Khan.

Da morto entra nella storia della politica, da vivo ha celebrato il funerale della politica.

Ecco, Casaleggio è stato la scatola nera di un Movimento e di un fenomeno che ci ha sbalorditi e spaesati. E incattiviti.

Se la rete, come scriveva Casaleggio, è «politica allo stato puro», è pure vero che è anche l’acquedotto dove viaggia l’insulto, la violenza incappucciata. Guardate un po’ sul web in questi minuti e scoprireste che la democrazia diretta è il passaporto per tutti gli squilibrati in lotta con il mondo.

Anche Casaleggio, da morto, deve difendersene. Ecco alcuni esempi di spazzatura funebre: «@edo. È morto Casaleggio. I funerali si svolgeranno solo dopo sondaggio sul blog di Grillo per definirne le modalità?». «@lino. Se dicessi di essere triste per la morte di quel porco di Casaleggio sarei bugiardo. La terra ti sia pesante». «@Angelo. Voteranno su dove seppellirlo?». «@pedrini. In tutta Italia parrucchieri di merda a mezz’asta».

È democrazia diretta o diffusione di cattivi odori e umori? È libertà di parola o di mala-parola? In realtà - e Casaleggio lo ha dimostrato con la sua autobiografia che era sempre non autorizzata - una moltitudine di informazioni possono equivalere a un naufragio d’informazioni, una galassia di imposture possono disarmare la verità.

Mai come da quando è comparso il blog di Grillo, gestito dalla società informatica di Casaleggio, il paese è annegato nella congettura più imbecille e la cospirazione è stata elevata a tavola della legge. Insomma, dietro il capello e sotto i suoi capelli Casaleggio ha nascosto forse il vero Casaleggio e quindi la sua timidezza, perché no, forse anche la sua simpatia. Il web è stato il suo mondo ma lo ha sradicato dal mondo.

C’è un bel racconto di Dino Buzzati su quella straordinaria invenzione che è stata il telefono. Oggi vale ancora di più per la rete di Casaleggio che non è vero avvicina ma allontana, che non sempre mette a fuoco ma spesso può dare fuoco. E infatti, nel racconto di Buzzati, mentre tutti si mettevano in comunicazione, una ragazza scopriva quanto potesse essere distante Pecorelis il suo piccolo villaggio. Anche Casaleggio più comunicava e più era lontanissimo. Come quel paese. «Pronto Bari, Pronto Vancouver... ma la sventurata Pecorelis era infinitamente più lontana…».

 

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Carmelo Caruso