Amici e nemici di Ignazio Marino
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Amici e nemici di Ignazio Marino

Ecco chi, al di là del caso multe, sta con il sindaco "marziano" e chi no

Gli hanno rimproverato di essere cocciuto e permaloso, ma alla fine Ignazio Marino ha ceduto: ha chiesto scusa ai romani per la sua famigerata Panda scovata in sosta vietata (alcuni tra i suoi più stretti collaboratori gli avrebbero suggerito di bruciarla ma pare che lui si limiterà a venderla) e ha mostrato i bollettini delle multe pagate (“anche se non dovevo”) per gli accessi con permesso scaduto nella zona a traffico limitato di Roma. Cinquanta minuti di intervento interrotti a più riprese dai fischi, gli applausi, i cori delle opposte tifoserie che hanno trasformato l'Aula Giulio Cesare in uno stadio nel giorno del derby. Ma chi sono quelli che stanno con il sindaco e chi invece è contro di lui? A metterli in fila salta subito all'occhio che i secondi sono sicuramente più numerosi dei primi. Un bene o un male per il sindaco? La risposta non è per niente scontata. Intanto eccoli, rigorosamente in ordine alfabetico. 

AMICI

Associazioni ambientaliste. Ma anche dei ciclisti, che dopo anni e anni di promesse hanno visto realizzato il loro sogno: la pedonalizzazione (benché parziale) dei Fori e del Tridente. Chi si è sempre battuto contro il cosiddetto “cartellone selvaggio” e ha brindato all'approvazione del PRIP (il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari). Atteso da 20 anni e sempre rimandato dalle precedenti giunte, il nuovo regolamento dovrebbe mettere finalmente fine a una prassi delinquenziale: quella di piazzare cartelloni pubblicitari ovunque si voglia, anche davanti ai monumenti più prestigiosi della città e senza tenere conto della sicurezza stradale, senza essere nemmeno multati.

Gay. Anche a costo di mettersi contro Vaticano, associazioni cattoliche, prefetto, ministro dell'Interno e diritto, Ignazio Marino ha deciso di trascrivere nel registro del Comune di Roma, le nozze celebrate all'estero di 16 coppie omosessuali. Un gesto magari solo simbolico ma che è stato salutato dalle associazioni LGTB e non solo come una scelta di civiltà che avvicina un po' di più Roma all'Europa.

James Pallotta. Preoccupato dalle voci di possibili dimissioni, il presidente americano della Roma è stato tra coloro che hanno scritto a Marino. Magari più per avere rassicurazioni sul futuro del progetto "Stadio della Roma" che per amicizia e vicinanza umana. Ma se gli altri cosiddetti “poteri forti” gli remano tutti contro, almeno uno che tifa per il sindaco c'è.

Presidenti di municipio. A sostenere il sindaco durante il suo intervento in Aula Giulio Cesare sul caso-multe c'erano quasi tutti i presidenti dei 15 municipi romani. Forse anche per calcolo personale (la caduta di Marino innescherebbe automaticamente anche la loro), i minisindaci sono, nel Pd, tra i dirigenti locali quelli che, dopo aver ricevuto qualche fondo per far fronte almeno alle emergenze più gravi dei territori che amministrano,  più si stanno esponendo nella difesa del primo cittadino.

Sel. Ignazio Marino è sempre andato molto più d'accordo con Sel che con il Pd. Non solo in Campidoglio. Anche a livello municipale molti consiglieri vendoliani si sono spesi a suo favore molto di più di quanto abbiano fatto i colleghi democratici che infatti ieri hanno disertato l'Aula Giulio Cesare quasi in massa. Non è un caso se tra le richieste che il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini avrebbe fatto al sindaco durante il loro ultimo incontro ci sarebbe la testa del suo vice Luigi Nieri. Ovviamente in cambio della sua.

“Volontari per Marino”. Si tratta di un gruppo di cittadini, molti dei quali lontani dai partiti, che fin dalla campagna elettorale hanno sostenuto Marino con molta più convinzione e abnegazione di quanto abbia fatto il PD stesso. Si autodefiniscono “pazzi volontari” perché, spiegano, “dal primo giorno, senza che nessuno ci abbia guidato dall'alto, abbiamo lavorato come pazzi mentre il resto del partito era impegnato solo a far eleggere le cordate di consiglieri comunali”.

Social. Su Facebook i sostenitori di Marino hanno dato vita al gruppo “Io sto col sindaco Marino” (900 membri) e alla pagina “Io sto col sindaco Ignazio Marino” (382 “mi piace”).

NEMICI

Manlio Cerroni. Coccolato per 30 anni soprattutto dalle amministrazioni di centro-sinistra, appena Ignazio Marino ha messo piede in Campidoglio, il re della “monnezza” è finito ai domiciliari e il suo regno, la famigerata discarica di Malagrotta (la più grande e inquinata d'Europa per cui l'Italia è stata più volte sanzionata dalla Ue) finalmente chiusa. Quasi contemporaneamente le strade di Roma hanno cominciato a riempirsi di spazzatura e i cassonetti a traboccare di rifiuti. Colpa dei romani che improvvisamente avevano cominciato a produrne di più? Improbabile. Si è parlato piuttosto di un sabotaggio da parte di chi, soprattutto dentro AMA (la municipalizzata che si occupa della raccolta) aveva sempre campato sul “sistema-Malagrotta”.

Correnti. Dai marronian-dalemiani ai franceschiniani di AreaDem, ai renziani: in competizione perenne tra di loro ma uniti sotto l'egida della causa comune, quella contro il sindaco marziano. Ce l'hanno con lui per essere stati esclusi dalle decisioni che contano, a iniziare dall'assegnazione delle poltrone in giunta fino a quelle nei consigli d'amministrazione delle aziende legate al Comune.

Francesco Gaetano Caltagirone. Intorno al famoso costruttore romano gira da qualche tempo un aneddoto piuttosto illuminante. Pare che quando il sindaco si è deciso finalmente a riceverlo in Campidoglio, dopo averlo fatto attendere per mesi, trovandosi faccia a faccia con lui,  gli abbia detto: “Lei ormai è vecchio, che ci fa con tutti quei soldi? Non se li vuole mica portare nella tomba? Li dia alla città”. Una provocazione che Caltagirone non deve aver preso molto bene. Soprattutto dopo il ridimensionamento subito nel cda di ACEA e l'estromissione dai cantieri che contano. Per esempio quello per lo Stadio della Roma affidato in via esclusiva a un altro costruttore romano, Luca Parnasi.

Dipendenti comunali. Era il 6 giugno scorso e per la prima volta nella storia i lavoratori del Comune di Roma scioperarono contro il loro datore di lavoro. Al grido di "chi non salta Marino è", migliaia di dipendenti capitolini manifestarono anche davanti al Campidoglio. Motivo? Il sindaco aveva deciso di seguire la legge e tagliare dai loro stipendi quella parte di salario definito “accessorio” perché legato alle produttività ma nel tempo trasformato in quota fissa in seguito ad alcuni accordi sindacali.

Alfio Marchini. Da sindaco mancato del centrosinistra, adesso il nipote del costruttre “calce e martello” che regalò la storica sede del Pci in via Botteghe Oscure a Togliatti, rischia quasi di diventare il candidato anti-Marino della destra. Ma se è ancora presto per dire davvero con quali alleati Marchini correrà alle prossime amministrative, quel che è certo è che “il Ridge” della politica romana, è già in campagna elettorale. I suoi spot viaggiano sugli autobus per tutta la città e le sue bordate contro il sindaco sono riprese ogni giorno dai giornali. Al sindaco infatti non ne perdona una. Il suo hashtag di riferimento? “In primavera #elezioniRoma.

Motociclisti. Che Marino si sarebbe messo contro il popolo delle quattro ruote (quindi a Roma praticamente tutti) aumentando il costo delle strisce blu e del pass per la Ztl e pedonalizzando una parte del centro, era abbastanza scontato. Ma che ci riuscisse anche con i motociclisti è stato un capolavoro di impopolarità. Se finora i veri padroni della strada erano stati loro, ammessi anche là dove gli automobilisti dovevano fermarsi, per scooteroni, motorini e motorette la decisone di Marino di vietare anche a loro l'accesso al centro ha segnato praticamente l'avvento dell'Apocalisse.

Orchestrali del Teatro dell'Opera. La notizia dell'accordo siglato tra dirigenza del Teatro e sindacati è di ieri. Arrivata dopo mesi di scontro durissimo e la fuga di un fuoriclasse della musica classica come il maestro Muti. Ma soprattutto dopo l'iniziativa forse più clamorosa presa fino a questo momento dal sindaco: il licenziamento in massa di tutti gli orchestrali. Costretti, pur di tenersi il posto, a rinunciare a parte delle loro indennità (circa 200-300 euro netti al mese), a lavorare anche prima delle 18, a suonare in ruoli diversi dal proprio e a non scioperare almeno per un po' di tempo, per loro il nome di Marino è molto peggio di una nota stonata.

Periferie. Da Tor Sapienza all'Infernetto, chi abita le vecchie borgate e nelle zone ai margini della città, rimprovera al sindaco di essersi finora occupato molto più dei tavolini del centro storico che delle strade dissestate della periferia e della difficile convivenza tra italiani e stranieri che sta facendo esplodere, come si è visto nei giorni scorsi davanti al centro rifugiati di via Morandi, rabbia e rancori in forme anche molto violente.

PD. Se c'è una frase che svela più di ogni altra la bassa considerazione e l'insofferenza che il Pd ha per questo suo sindaco (fino a prova contraria Ignazio Marino è un esponente di spicco del partito, ex senatore e ministro della Salute in pectore del mancato governo Bersani), reo di essersi cocciutamente sottratto agli appetiti delle correnti e alla logica spartitoria cui deve sottostare chi intende amministrare Roma senza avere troppi bastoni tra le ruote, è quella pronunciata da Luigi Zanda in una recente intervista: “Obbedisca al partito e cambi gli assessori”.

Vigili urbani. Tra i dipendenti capitolini che nel giugno scorso scioperarono contro l'Amministrazione c'erano anche loro. Allora protestavano contro il taglio del salario accessorio, oggi ce l'hanno con il sindaco soprattutto per la nuova disciplina di rotazione. Un sistema per impedire il radicamento dei pizzardoni sul territorio e contrastare così corruzione e illegalità.

David Sassoli. I ben informati raccontano che, fino al giorno delle primarie, Sassoli fosse davvero convinto di vincere. Evidentemente la frustrazione per una sconfitta mai messa in conto si è trasformata mano a mano in una battaglia personale contro Marino. Di cui, infatti, il vicepresidente dell'Europarlamento ha cominciato a chiedere le dimissioni (o quanto meno “un cambio di marcia”, tradotto: “di giunta”) prima di tutti gli altri. Il motivo lo ha fornito implicitamente lui stesso dichiarando recentemente: “Ho parlato con Marino e con l'altro sfidante, Paolo Gentiloni, pochi giorni dopo le elezioni. Poi non ci siamo mai più visti. Ecco, penso che la lezione sia questa: chi vince deve coinvolgere tutti”. 

Social. “Mandiamo a casa Ignazio Marino”, su Facebook la pagina più frequentata (15.373 “mi piace”). Ma c'è anche “Femriamo Ignazio Marino” (1.380 adepti).

Tredicine. E' la famiglia più potente della destra romana. Controlla quasi tutti i caldarrostari e i camion bar della città; guida i bancarellari di chincaglierie e i centurioni del Colosseo. I più imbufaliti contro il sindaco che vuole ridurre la loro presenza davanti ai monumenti e nelle piazze storiche e tagliare tavolini e dehors aumentando, contemporaneamente, la tariffa per l'occupazione di suolo pubblico rimasta, fino ad oggi, eccezionalmente bassa.

Nicola Zingaretti. Di ufficiale non c'è niente, ma il sospetto che dietro il sondaggio che ha fotografato il calo impressionante del gradimento verso Marino e contemporaneamente l'alto gradimento su scala nazionale del governatore del Lazio, ci fosse proprio quest'ultimo esiste. Non a caso a commissionarlo è stato proprio uno dei suoi fedelissimi, l'ex capogruppo capitolino Francesco D’Ausilio, costretto a dimettersi un attimo dopo la pubblicazione del sondaggio.

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Claudia Daconto