Ainis: "La Costituzione si bestemmia e si idolatra"
ANSA/ANGELO CARCONI
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Ainis: "La Costituzione si bestemmia e si idolatra"

Per il costituzionalista la Carta è diventata una religione. La riforma del Senato? "Bisogna rileggere i classici".

 Siamo ubriachi di Costituzione? «A volte il tasso alcolico è alto». Anche le parole si sbronzano? «Possono azzerarsi nella semantica e logorarsi per eccesso d’uso». In Italia si pubblicano più libri sulla Costituzione che dizionari. E tutti sono costituzionalisti che spiegano e piegano la Carta, tutti ne parlano e ne straparlano. «La Costituzione è l’ombrello degli scontenti e degli spettinati. E però, non sempre questo fenomeno è indice di un’inflazione ma piuttosto è la prova di uno smarrimento. Più ci allontaniamo dal sacro e più sacralizziamo la Carta. È la Costituzione la nuova religione italiana».

A Michele Ainis, professore di diritto costituzionale, editorialista del Corriere della Sera che insieme a Vittorio Sgarbi ha scritto la “Costituzione e la Bellezza” edito da La Nave di Teseo, porgiamo dunque un’indigestione di aggettivi, attributi e stilemi, che appesantiscano la nostra mappa dei valori. La Costituzione è stata “ferita”, “esemplare”, “mala”, “giovanissima”, “aggredita”, “attuale”, “lacerata” “magnifica”, “offesa”… «E’ la conferma che anche la Costituzione si può bestemmiare». Sono peggiori gli omaggi o gli insulti? «La retorica sia degli omaggi che degli insulti».

Nel viaggio in sidecar intorno alla Costituzione che Ainis ha compiuto con Sgarbi non c’è la retorica perché non c’è (solo) la Costituzione. E infatti scambiandosi i ruoli dell’erudito e dello scienziato, Ainis e Sgarbi, in un passo a due, hanno aggirato l’ampollosità dell’accademia e imboccato i tornanti della deviazione letteraria, ci hanno risparmiato la monumentalità della storia e restituito il respiro del presente. Insomma, c’è in queste pagine la Costituzione come pretesto e non come testo. E c’è più bizzarria nelle righe distese e calme dell’ordinato Ainis che in quelle strette e veloci dell’indomabile Sgarbi che vuole riscrivere, con un colpo di penna, il primo articolo aggiungendo la parola «bellezza».

La Costituzione appassisce come la bellezza?

«Può scadere quando manca l’adesione sentimentale di un popolo».

Si può divorziare dalla Costituzione?

«Possono mutare i sentimenti come per una donna. Per il mio maestro di diritto, Temistocle Martines, la Costituzione era una donna a cui le rughe aggiungevano fascino».

La Costituzione è la donna più violentata o è la più casta d’Italia?

«È la più strattonata ma non ha perso l’integrità perché è nata dai tormenti della storia».

È destinata a rimanere una cara zitella?

«Le costituzioni si possano toccare meglio ancora restaurare. E però, le generazioni che mutano una Costituzione devono avere un merito storico per farlo. Qual è il merito di Denis Verdini?».

Aver rottamato con il tradimento e il veleno Enrico Letta è il merito storico di Renzi?

«La rottamazione è sicuramente un’accelerazione della nostra epoca recente. E’ il risultato e la reazione al blocco delle classi dirigenti. Ma è errato credere che revisionare la Carta possa essere una palingenesi come pensa Renzi».

Per Aristotele “correggere una costituzione non è impresa minore del costruirla”.

«Ed era sempre Aristotele a dire che “qualsiasi costituzione si può migliorare ma si può anche peggiorare”».

La riforma di Renzi è un “golpe”, la “scorciatoia verso il regime”?

«Non lo è, ma neppure i costituzionalisti contrari alla riforma sono degli ayatollah o simili ai militanti di Casa Pound. Di solito, e Renzi dovrebbe ricordarlo, le Costituzioni durano più di chi li scrive e di chi li riscrive».

La Costituzione è sotto assedio o siamo assediati dai girotondisti con il riporto?

«Sono più pericolosi non gli interventisti pro o contro la Costituzione ma gli apostoli dell’idea».

Il referendum sarà il momento fatale di Renzi?

«Ha trasformato un referendum in un giudizio di Dio. Io temo che la riforma anziché semplificare finisca per complicare».

Non è questa la costituzione del Twitter?

«I padri costituenti per scrivere l’articolo 70, quello sulle funzioni legislative, impiegarono 9 parole. Nella nuova riforma ce ne sono 430. Di solito chi ha idee chiare le esprime in maniera chiara».

Lasciamo riscrivere la Costituzione del latinista Concetto Marchesi al “Lampadina” Luca Lotti?

«A Lotti e ai riformatori possiamo consigliare di rileggere e studiare i classici».

In Italia si trafficano più costituzionalisti che merci.

«Purtroppo anche tra i costituzionalisti c’è chi sposa un’idea per fedeltà a un partito e chi per partito preso».

Tutti i costituzionalisti firmano appelli. L’appello è il grido o il raglio dell’intellettuale?

«Di solito gli unici appelli che firmo sono quelli d’esame in quanto professore».

I magistrati che intervengono sul referendum sono al loro posto o sono fuori posto?

«La nostra è la nazione dei senza ruolo. Tutti supplenti. È la supplenza l’autobiografia della nazione».

È la Costituzione di Roberto Benigni o di Norberto Bobbio?

«Benigni ci ha liberato dal complesso dell’intellettuale. Proust ha fatto la caricatura dei professori in maniera formidabile: “Quanto sono bravi, ma che hanno detto?”. Prima di Benigni nessuno ha saputo divulgarla».

Per riformare la Costituzione abbiamo bisogno di comitato di saggi o di un comitato di folli?

«Meglio un comitato di folli che uno di saggi. Non ce ne facciamo nulla di idee esatte e originali se le idee esatte non sono originali e quelle originali non sono esatte».


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Carmelo Caruso