Acclamazione per Maroni, lacrime per Bossi, ecco la nuova Lega Nord
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Acclamazione per Maroni, lacrime per Bossi, ecco la nuova Lega Nord

Al Forum d'Assago discorso d'insediamento per il nuovo segretario federale. "Avrò per sempre Bossi nel cuore"

Se Crono divora i suoi figli, i suoi figli – padani - non divorano il padre.
La Lega c'è, nella seconda giornata del quinto congresso del partito. E non ha abbandonato il suo fondatore, come ieri avrebbe suggerito la quasi totale assenza della base, nella prima giornata congressuale. La militanza, la pancia, il cuore verde, battono ancora.

In fondo, basta un colpo di spugna sugli scandali recenti, e una grossa bugia – di quelle che ci si racconta per sopravvivere: “È tutta colpa dei giornalisti” - per andare avanti. Nel cestino del passato, i Belsito, il cerchio magico, le inchieste delle procure sono accartocciate per ripiegare su nuovi propositi, una ripartenza e ancora promesse. C'è un altro nocchiero, ora, a stringere i pugni attorno al timone: Roberto Maroni. È lui – come previsto - il neo-segretario federale, eletto per acclamazione e con quasi unanimità di consensi.

Striscioni per tutti – in questo, assai democratici – tra le 8mila presenze che hanno quasi riempito per intero i 12mila posti del Forum d'Assago. Slogan per Bobo: “Maroni uno di noi” (Valtellina e Valchiavenna), senza dimenticare chi – nonostante gli errori – ha consentito che oggi si fosse qui: “Busto è con Bossi”, “Bossi solo con te”, “Bossi: il Veneto è con te”, “Un solo capo Bossi”.

Sono giunti nel pieno dei 40 gradi lombardi dalle regioni limitrofe, con maglie verdi, bandiere, cappelli di paillettes perfino, su grandi pullman dotati d'aria condizionata e monitor per non perdere, al rientro, la partita della nazionale. “Repubblica Mirandola presente”, “Seziùn de Varès”, “Barbari sognanti Batnora”, “Identità e tradizione per la Lega del futuro. G. P. Verona”, “Lega Nord Imola”, “Lega Nord Lega Lombarda” Sez. Fiore Öss sura, “La Romagna siamo noi”, “Lega Nord Toscana”, “Sant'Angelo Terra Barasina”, “Lega Nord Liga Veneta” Padania Vicenza, “Lega Nord cittadella”, “Lega Nord Liguria”.

I nuovi orizzonti che coagulano attorno al nocciolo duro “La secessione, la Padania libera, l'Indipendenza”, si colorano delle sfide attuali: l'Europa, l'uscita dall'euro, una macroregione nordica che raccolga anche aree della Svizzera e della Germania, una robusta operazione di defiscalizzazione del lavoro. Sono alcuni punti del progetto maroniano. Non quello della “nuova Lega,” ma della “Lega Nord e basta”, come ci tiene a precisare il neo-segretario, nel suo discorso di insediamento (50 minuti netti). I leghisti annuiscono, applaudono, accolgono le nuove sfide.

“Siamo stanchi delle divisioni, siamo stanchi delle delazioni interne. I giornali non ci hanno aiutato, ma pulizia è stata fatta”, ci dice un gruppo di Milano. Di applausi, in verità, ce n'è per tutti. Per Zaia che, con tutta probabilità, sarà il nuovo vicario - Maroni ha parlato di “un veneto” per la carica di vice. Per Cota che lusinga Maroni: “È uno con le palle”. E, soprattutto, per lui: “l'uomo malato”, il leone con gli artigli spezzati, l'Umbertone.

Quando entra scortato, ma senza familiari – venti minuti a mezzogiorno, molto in ritardo sulla scaletta – la base non esita a dedicargli un lungo applauso che ha il sapore di un addio. Sotto l'urlo: “Secessione! Secessione!”, il Senatùr recita più che un confiteor, un lungo alibi, pronunciato in maniera impacciata: “Tutto quello che è accaduto in Lega è stato studiato a tavolino. La Lega non ha rubato niente, i veri ladri sono a Roma”. Passaggio spinoso in cui s'alza qualche fischio. Ma perfino quando cita Belsito, “Era l'amministratore sbagliato. Troppo scemo. Faccio fatica a credere che fosse legato alla 'ndrangheta, ma pare sia così. Chi lo sapeva doveva dircelo”, la pancia gli perdona tutto: “Grande Umberto!”, grida la sezione Lombardia.

Poi c'è uno scivolone. Perché qualche sassolino, prima delle lacrime finali, il leone vuole toglierselo: “Spesso quelli che alzavano le scope (alla manifestazione dello scorso 10 aprile, che chiedeva “pulizia”) avrebbero fatto meglio a non alzarle!”. E qui molti ci dicono che ha ragione, che la stampa ha banchettato sulle divisioni interne, montate strumentalmente da chi voleva che la Lega si spaccasse. “Ma non ci sono riusciti, siamo più forti di prima”, ci dice un piemontese.

Quando solleva, infine, dubbi sulle modifiche votate sullo Statuto – quello che lo nomina “presidente a vita” - con grande imbarazzo Zaia sale sul palco per rassicurarlo: “Non c'è nessun imbroglio”. Il messaggio sotto traccia è chiaro: “Volete farmi fuori, ma io conto ancora qualcosa”. “Per me Bossi è un dio”, ci dice senza esitazioni una militante, all'uscita dal palazzo. “È grazie a lui che siamo qui, è grazie a lui che c'è la Lega. Gli errori sono determinati dalla sua malattia. Della moglie, del figlio non m'importa nulla. Adesso aspettiamo che Maroni faccia bene, ma Bossi è sempre nel mio cuore”.

E al Bobo nazionale, comunque, la base risponde bene. Quando precisa, dal palco “Patti chiari e amicizia lunga”, i militanti gli danno ragione. “È giusto che abbia indipendenza e possibilità decisionale, noi ci crediamo: è stato un ottimo Ministro dell'Interno ed è un uomo che studia”, ci racconta un gruppo di “fedelissimi”. Su questo punto – l'indipendenza – l'ex Ministro ritorna più volte: “Il nuovo segretario deve avere poteri per la linea politica e la gestione del partito. Se no, trovatevi un altro segretario”. Pronuncia parole che sanno di nuova fase, almeno nelle intenzioni: “Ci doteremo di un codice etico, avremo una gestione trasparente, garantiremo una formazione per i più giovani, sui rudimenti della politica”.

Respinge le accuse sullo Statuto: “Chi dice che ci sono modifiche sull'art 1 (quello sull'indipendenza della Padania) dice cazzate. Finché ci sarò io non cambierà”. Cerca di scaldare i cuori - “Io sono fondamentalmente un timido. Sono commosso” - ripagato da un'ovazione. Quando si congeda, però, evoca il padre fondatore, quasi come se già un vieto spettro del passato: “Per me Bossi è mio fratello. Lo porterò sempre nel cuore". “Perché – provoco - mica è morto”. “Ma no!”, mi risponde una leghista, “intendeva dire che il futuro non dimentica che siamo qui grazie all'Umberto”. Sarà. Ma quell'intervento non previsto di Bossi in lacrime, subito dopo Maroni, quasi come se non si rassegnasse a dire addio, per citare la parabola di Salomone ("Ho fatto come lui, non ho voluto tagliare in due la Lega per salvarla”), sembra suggerire che ancora qualcosa da chiarire sia rimasto.

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Paola Bacchiddu