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ANSA / MATTEO BAZZI
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Il 25 aprile, ormai una festa "contro"

Da anni il giorno della liberazione è diventata occasione per contestare. Ieri toccò a Berlusconi, oggi a Salvini. Qual è il senso di tutto questo?

Scommettiamo che il 25 aprile (o, meglio, le manifestazioni organizzate da ANPI e sindacati) sarà pieno di slogan, cartelli, cori e "Bella Ciao" contro Matteo Salvini? Scommettiamo che come ogni anno, al passaggio della Brigata Ebraica a Milano ci saranno i soliti scontri di sempre al grido di "Palestina Libera"?.

Noi due soldini li punteremmo volentieri ma non troveremmo oggi una società di scommesse che accetterebbe la nostra puntata perché è certo che andarà così. Perché ormai, da decenni, il 25 aprile da Festa della Liberazione si è trasformata in Festa della Contestazione.

Prima di tutto contro l'avversario politico della sinistra (o di quello che ne resta). Anni fa fu Berlusconi, attaccato al grido di "buffone", "mafioso", "evasore" "bunga Bunga" etc etc. Stessa sorte toccata a Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, contestata a fischi, insulti e sputi mentre accompagnava in corteo il padre, ex partigiano ed ex deportato a Dachau, seduto sulla sua carrozzina. 

Adesso tocca a Salvini, il nuovo "cattivo" che avanza, il nuovo bersaglio da colpire.

Il fatto è che tutto questo ha tolto senso al 25 aprile, trasformandola da Festa Nazionale di liberazione (e fine della guerra) a Festa di una parte politica. 

Per rendersene conto basta guardare oltre la solita manifestazione di Milano dei soliti 100mila partecipanti. E fare un giro in ogni piccolo comune d'Italia dove ci sarà una piccola celebrazione. Una volta era un avvenimento per tutto il paese, oggi il deserto. C'è il sindaco con la fascia, ma che vorrebbe essere in vacanza, c'è la banda, qualche reduce sopravvissuto e pochi altri. Un breve discorso, la corona d'alloro in memoria dei caduti del paese e poi "rompete le righe".

Per gli italiani il 25 aprile è solo l'occasione buona per fare un Ponte, meglio se cade di martedì o giovedì così prendendo un giorno di assenza dal lavoro me ne sto a casa o al mare 4. Questo perché gli italiani sanno benissimo, dopo 74 anni, che il fascismo è morto, sepolto e non tornerà mai più. E chi ancora oggi lo rimpiange è numericamente e politicamente irrilevante.

Una festa lontana senza più significato. E se siamo arrivati a questo è proprio perché qualcuno se n'è appropriato, l'ha fatta propria svuotandola del vero senso e trasformandola in una manifestazione di parte. Tanto un nemico da attaccare ci sarà sempre.

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