Cari politici, imparate a cinguettare meglio
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Cari politici, imparate a cinguettare meglio

Paolo Compostella, esperto di comunicazione, boccia tutti tranne Grillo, "ma anche lui deve evolversi"

E' stata la novità assoluta di questa campagna elettorale e di questo post elezioni: la politica che esce dalle segrete stanze del potere e si trasferisce sul web dove i leader di partito non solo lanciano le proprie proposte di governo, ma tessono e rompono trattative, si insultano tra loro e stringono alleanze a colpi di post e cinguettii.

Risale, per esempio, a solo poche ore fa, la lite via Twitter tra Pier Luigi Bersani e Beppe Grillo con quest'ultimo che prima esclude il voto di fiducia, poi dà all'altro dello "stalker politico" e del "morto che parla" e Bersani che risponde che se Grillo ha qualcosa da dirgli, insulti compresi, lo vuole sentire in Parlamento.

Mentre, nel frattempo, la stessa base grillina iniziava a manifestare sulla piazza virtuale il proprio dissenso nei confronti della chiusura del leader e a invocare l'alleanza con il Pd.

Ma come sono andati i politici alla loro prima prova di campagna elettorale 2.0?

Diciamo che si sono dovuti necessariamente adattare – risponde Paolo Compostella, esperto di comunicazione e amministratore delegato della APCO WorldWide - non è stata un'evoluzione naturale visto che la maggior parte di essi ha ancora poca dimestichezza con l'innovazione. Senza contare che si sono mossi con grave ritardo mentre il mantra recita che gli amici non te li fai mai nel momento del bisogno”.

Chi ha saputo sfruttare meglio e chi peggio i social media?

Grillo sono anni che fidelizza consenso on line giorno dopo giorno e alla fine tanto lavoro lo ha sicuramente ripagato. Per quanto riguarda gli altri talvolta l'uso dei social si è rivelato più controproducente che utile. I partiti tradizionali ne sono usciti tutti abbastanza male.

Chi peggio degli altri?

In Monti si è percepito un effetto forzatura: da una parte ha utilizzo faccine o espressioni tipo “wow” che certo non corrispondono al suo personaggio, dall'altra si è servito di Twitter per lanciare soprattutto slogan, penso a quello “orgogliosamente italiano, decisamente europeo”, che si allontanano dallo spirito più genuino dei social stessi. Inoltre il professore ha mostrato una scarsa interazione con i cittadini, anche quando ha fatto le dirette live su ha risposto per lo più agli influencer.

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Bersani come è andato?

Anche nel suo caso si è percepita una scarsa interazione con gli altri utenti e una distanza tra i contenuti e il mezzo. Ha usato i social soprattutto per trascrivere i passaggi essenziali dei suoi interventi pubblici. Non solo, spesso è risultato evidente come a intervenire non fosse lui in persona ma il suo staff, con esiti talvolta anche molto controproducenti.

Bocciato anche Berlusconi?

Berlusconi quando si parla di comunicazione impara sempre un po' più in fretta degli altri. Lui ha privilegiato Facebook rispetto a Twitter e ha potuto contare su una squadra di volontari digitali che ha funzionato bene. Però anche lui, postando per esempio i suoi video messaggi, ha dimostrato un sostanziale radicamento nei media tradizionali, in primis la televisione, e quindi una minore incisività della sua campagna on line.

Ma secondo lei questo gap tra Grillo e tutti gli altri è recuperabile? E se sì come?

Il gap è sicuramente recuperabile, come? Utilizzando messaggi funzionali al mezzo e non martellando dentro Twitter slogan e programmi che poi però continuano a essere discussi e decisi nelle stanze dei partiti. Da Grillo gli altri devono imparare a utilizzare i social media come strumenti di democrazia diretta, con cui parlare al cuore e alla pancia della gente.

E non esiste il rischio che uno strumento di democrazia diretta così potente possa a un certo punto sfuggire di mano anche a lui?

Senz'altro. Anche Grillo, infatti, si deve assolutamente evolvere dando più spazio alle voci social presenti nel suo movimento, altrimenti lui stesso rimarrà vittima di un verticismo che la sua stessa base comincerà a rifiutare. In campagna elettorale era necessario mettere insieme le truppe e marciare verso il risultato. Adesso, per confermarsi come movimento serio e credibile, anche la sua struttura comunicativa deve cambiare e cominciare a considerare di più gli input che i social media gli inviano dalla base.

Leggi qui l'analisi sulle elezioni di APCO o scarica in fondo all'articolo l'allegato

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Claudia Daconto