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Perché Forza Italia e Lega si sono alleate alle regionali

Entrambi non vogliono la vittoria di Renzi per assenza di avversari forti. Tuttavia, solo i moderati possono guidare il centrodestra

Salvini è uno sfegatato tifoso milanista (e questo dal punto di vista diabolico di questa rubrica è certamente un pregio). Quando Berlusconi vuole metterlo di buon umore, gli promette che prima o poi lo nominerà vice-presidente del Milan. A quanto pare, questa è l’unica lusinga capace di fare qualche effetto al roccioso leader leghista.

Per il resto, fra i due le affinità elettive sono piuttosto scarse. Berlusconi di Salvini apprezza le capacità di comunicatore, e poco altro. Salvini considera Berlusconi in principale ostacolo alla sua strategia di guidare l’opposizione.

Con la vecchia Lega, quella di Bossi, il feeling era senz’altro molto maggiore. Nonostante lo stress delle cene del lunedì ad Arcore, allietate dalla presenza di un giovialone come Giulio Tremonti, i due si intendevano, pur essendo diversissimi per storia, per cultura, per stile. Paradossalmente quella Lega, che combatteva lo statalismo e difendeva le partite IVA, era più simile a Forza Italia di quanto lo fossero partiti come Alleanza Nazionale, per quanto gli abiti di sartoria di Fini sembrassero a prima vista più adatti ai saloni di Arcore delle canottiere sudate del Senatur.

Tutto questo appartiene al passato. Oggi AN non esiste più, e Salvini, manovrando con grande spregiudicatezza, ha portato la Lega ad occupare quegli spazi. Anzi, il giovane leader leghista si è spinto anche oltre: Fini aveva sempre rifiutato ogni accostamento a Le Pen, e agli estremisti di destra di Casa Pound, Salvini ci collabora senza imbarazzi e anzi assume l’estrema destra francese come modello.

Ma la Lega di Matteo Salvini è ancora la Lega?


In compenso ha abbandonato le praterie del nord, i celti, le ampolle con l’acqua del Dio Po, la Padania indipendente; parla di Patria e bandiera, si rivolge al sottoproletariato urbano e alle periferie degradate, tiene i suoi comizi in un luogo simbolo della vecchia destra missina come piazza del Popolo.

Cos’ hanno in comune allora Salvini e Berlusconi? Come si spiega l’alleanza raggiunta con qualche fatica per le elezioni regionali?

Forza Italia e Lega insieme alle Regionali


La chiave di lettura più semplice è lo stato di necessità. La Lega non poteva certo permettersi di perdere una regione-simbolo come il Veneto, già messo in pericolo dal dissidente leghista Flavio Tosi. Berlusconi dal canto suo vuole impedire a Renzi di ottenere, alle prossime elezioni regionali, una vittoria grazie alla divisioni dell’opposizione.

In effetti questo è il grande tema politico dei prossimi anni. Renzi, al massimo della sua popolarità, non ha superato il 40% dei consensi degli italiani che vanno a votare (poco più della metà del corpo elettorale). Eppure il premier pensa di governare agevolmente per i prossimi anni, anche grazie a una legge elettorale cucita su misura, in virtù delle divisioni fra i suoi avversari.

Forza Italia, Lega, Grillini, la sinistra del PD, una parte di NCD non amano o addirittura detestano Renzi. Complessivamente rappresentano i 2/3 degli elettori italiani. Tuttavia sono voti che non si possono sommare, e questo garantisce a Renzi la vittoria.

In forma diversa si ripete il paradosso del 1994. Il PD di Renzi potrebbe riuscire dove il PDS di Occhetto fallì: vincere per mancanza di avversari. Nel 1994 Berlusconi rimediò creando una coalizione improbabile fra forze politiche che neppure si parlavano fra loro.  Oggi lo scenario è ovviamente diverso, il PD di Renzi è solo un lontano parante della “gioiosa macchina da guerra”. Non ha preclusioni né remore ideologiche. È capace di ammantare di linguaggio liberale e di un’immagine 2.0 una politica di sostanziale continuità con il passato statalista. Per questo è un avversario ancora più insidioso.

La coalizione che vinse nel '94 e poi ancora nel 2001 e nel 2008 aveva due caratteristiche costanti. Una era quella di riunire tutto, o quasi tutto, il centro-destra. L’altra era quella di essere costruita intorno a un partito come Forza Italia, cioè alla componente moderata della coalizione, e trainata da Berlusconi, intorno a un progetto cattolico-liberale che si richiamava al PPE.

Queste due caratteristiche, entrambe, sono necessarie per battere la sinistra, per riportare i moderati a votare. Berlusconi lo sa, e per questo accetta l’ingombrante alleanza di Salvini. Ma non sarà mai Salvini a guidare un centro-destra vincente. Come avviene in tutt’Europa, solo una coalizione nella quale la componente moderata prevalga chiaramente può davvero contendere a Renzi le vittorie elettorali del futuro.  

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Serenus Zeitblom