Papa Francesco visita «l'ultima vittima della guerra fredda»
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Papa Francesco visita «l'ultima vittima della guerra fredda»

Il pontefice in Corea per dire no alla guerra e sì alla riconciliazione. L'Asia nuova frontiera del cristianesimo

Niente a che vedere con i numeri della Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro, nel luglio dell’anno scorso, con i tre milioni di giovani che hanno partecipato alla Messa finale. La trasferta di Papa Francesco in Corea del Sud dal 13 al 18 agosto sarà un viaggio dei piccoli numeri, ma di grande valore simbolico. Incontrerà 6 mila giovani cattolici partecipanti alla Giornata della Gioventù asiatica e 50 mila fedeli alla Messa nel World Cup Stadium di Daejeon la mattina di Ferragosto. E’ normale aspettarsi queste cifre se confrontate con la presenza dei cattolici in Asia. Ma proprio per questo il viaggio è importante.

Il Papa, recandosi in Corea a bordo di un Airbus Alitalia A330 denominato "Michelangelo Buonarroti", vuole indicare l’Asia come una delle direttrici principali della missione della Chiesa nel mondo. La scelta della Corea non è casuale: la fede cristiana si è radicata in quel Paese a partire dall’evangelizzazione condotta direttamente dai laici, i sacerdoti sono arrivati in seguito. Il viaggio poi offre delle valenze politiche e diplomatiche ancora più ampie: Francesco vuole sottolineare l’importanza  della riconciliazione nel Paese che è stato definito «l'ultima vittima della guerra fredda». Sarà questo il messaggio che lancerà alle due Coree nella Messa finale, il 18 agosto.

E’ chiaro che non è un invito rivolto solo alla Corea, ma a tutto il mondo, a cominciare dalle aree di crisi più calde che in queste ore il pontefice segue con grande attenzione, come l’Iraq e la Terra Santa. Inoltre, per raggiungere Seul il 13 agosto, Bergoglio sorvolerà la Cina: come accade tradizionalmente in questi casi, si scambierà un messaggio di saluto con le autorità di Pechino. E’ la prima volta che un pontefice sorvola la Cina, con la quale le relazioni diplomatiche sono interrotte dai tempi di Mao Tse-tung. Si tratterà di un altro momento dal grande valore simbolico. Nel corso del viaggio ci saranno altri gesti molto significativi che sicuramente faranno riflettere e, forse discutere, come la sosta di preghiera presso il giardino dedicato ai bambini non nati dove c’è un monumento alla memoria dei feti abortiti. Quindi l’incontro con un gruppo di «comfort women», le schiave del sesso coreane ai tempi del conflitto con il Giappone durante la seconda guerra mondiale. E l’abbraccio con i familiari delle vittime del traghetto Sewol, naufragato lo scorso aprile, provocando 300 morti. Molta attesa anche per l’intervista che il pontefice dovrebbe concedere ai giornalisti durante il volo di ritorno a Roma il 18 agosto.

L’importanza di questo viaggio, ha dichiarato il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin in un’intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano, «è legata essenzialmente a tre fattori: il primo è il fatto che il Papa, per la prima volta, si reca nell’Estremo Oriente, una regione del mondo che acquista una rilevanza sempre più accentuata nella politica e nell’economia mondiale. Va il Papa per rivolgersi a tutto il continente, non soltanto alla Corea. Certo, il viaggio è per la Corea, però ha come destinatari tutti i paesi del continente, grazie proprio a questa celebrazione della giornata asiatica della gioventù, che si svolgerà in Corea e alla quale parteciperanno rappresentanze dei giovani dei paesi vicini. E poi, il terzo aspetto, è quello del futuro, la gioventù rappresenta il futuro, quindi il Papa si rivolge al futuro di questo continente, si rivolge al futuro dell’Asia».

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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