Il Papa in Sri Lanka: le religioni devono denunciare la violenza
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Il Papa in Sri Lanka: le religioni devono denunciare la violenza

Francesco condanna «l’abuso» della fede quando è strumento di guerra e fanatismo. A Colombo riceve un’accoglienza straordinaria, ma soffre la fatica

Appena messo piede in Asia, il 13 gennaio, Papa Francesco ha lanciato un appello a tutte le religioni affinché denuncino tutte le forme di integralismo e gli atti di violenza e si alleino per costruire una cultura della pace e della convivenza. Un appello che ha lanciato già all’indomani delle stragi compiute in Francia dai terroristi islamici e che ha ribadito nel discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, poche ore prima della partenza.


Lo Sri Lanka laboratorio di riconciliazione
Insanguinato da trent’anni di guerra civile tra la maggioranza singalese, di religione buddista, e la minoranza tamil, di religione indù, lo Sri Lanka sta cercando oggi di percorrere la difficile strada della riconciliazione e dell’unità nazionale. La Chiesa sta offrendo il suo significativo contributo a questa opera di pacificazione del Paese, anche grazie alla presenza al suo interno di entrambe le etnie, nonostante i cattolici rappresentino appena il 7,16 per cento dei circa 21 milioni di abitanti dell’isola. Per questo il pontefice ha scelto Colombo come prima tappa del suo secondo viaggio in Asia. Il simbolo di una pacificazione possibile, ma anche la testimonianza di sofferenze e divisioni profonde che hanno lasciato il segno.
«Per molti anni lo Sri Lanka ha conosciuto gli orrori dello scontro civile, e ora sta cercando di consolidare la pace e di curare le ferite di quegli anni», ha detto il pontefice nella cerimonia di benvenuto, di fronte al neo presidente Maithripala Sirisena eletto l’8 gennaio scorso.
«Non è un compito facile quello di superare l’amara eredità di ingiustizie, ostilità e diffidenze lasciata dal conflitto». Ma una via d’uscita esiste: occorre «superare il male con il bene» e coltivare «quelle virtù che promuovono la riconciliazione, la solidarietà, la pace». Questo «processo di risanamento» richiede inoltre, ha raccomandato il pontefice, di «includere il perseguimento della verità, non con lo scopo di aprire vecchie ferite, ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro guarigione, la giustizia e l’unità».
In concreto come si traducono queste raccomandazioni in comportamenti concreti? Francesco ha dato dei semplici ma preziosi consigli: «Ogni volta che le persone si ascoltano tra loro umilmente e apertamente, possono emergere i valori e le aspirazioni comuni. La diversità non sarà più vista come una minaccia, ma come fonte di arricchimento. La strada verso la giustizia, la riconciliazione e l’armonia sociale appare ancora più chiaramente». Parole che suonano come dei suggerimenti indirizzati alla specifica situazione delle Sri Lanka che gli ha tributato un’accoglienza trionfale: 21 salve di cannone, danze e cori tipici, 40 elefanti con le bardature d’onore e almeno 200 mila persone ad attenderlo lungo la strada che dall’aeroporto lo ha condotto fino alla nunziatura.

L’impegno delle religioni per la pace
L’incontro interreligioso al Bandaranaike Memorial International Conference Hall è stato uno dei momenti centrali della visita del Papa in Sri Lanka: si sono ritrovati insieme, intorno al Santo Padre, i leader delle principali religioni e confessioni del Paese. Francesco ne ha approfittato per lanciare un appello contro l’uso distorto della fede per giustificare la violenza, all’indomani dei tragici fatti accaduti in Francia: «Per il bene della pace non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra. Dobbiamo essere chiari e non equivoci nell’invitare le nostre comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza presenti in ciascuna religione e denunciare gli atti di violenza quando vengono commessi». Questo non significa affatto venire meno alla propria identità e disconoscere la propria storia: «La collaborazione interreligiosa ed ecumenica», ha osservato il pontefice, dimostra che «per vivere in armonia con i loro fratelli e sorelle, gli uomini e le donne non devono dimenticare la propria identità, sia essa etnica o religiosa».

Il Papa non teme attentati e la salute è buona
Nonostante l’allarme sicurezza sia stato elevato al massimo grado, dopo le esplicite minacce di alcuni gruppi di fondamentalisti islamici nei confronti del Vaticano e del Papa, Francesco non ha cambiato i suoi programmi e non ha voluto rinunciare al suo usuale contatto con la folla. Giunto a Colombo, capitale dello Sri Lanka, ha voluto infatti percorrere ben 28 chilometri in papamobile scoperta, dall’aeroporto al centro città per poter salutare meglio le decine di migliaia di persone accorse lungo la strada per salutarlo. Una scena impressionante e commovente. Il Papa però ha pagato dal punto di vista fisico questo lungo percorso sotto il sole nella papamobile scoperta durato più di un’ora. Giunto in nunziatura, infatti, ha dovuto rinunciare all’incontro e al pranzo programmato con i vescovi per recuperare un po’ di forze e il ritardo accumulato sul programma. Tuttavia, ha garantito il portavoce, padre Federico lombardi, «il Papa sta bene e proseguirà il viaggio secondo il programma previsto».


Munir Uz Zaman/AFP/Getty Images
Papa Francesco saluta al suo arrivo a Colombo (una delle mete da visitare nei suoi 3 giorni in Sri Lanka)

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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