Papa Francesco, il primo anniversario lungo un secolo
ANSA/ ANGELO CARCONI     
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Papa Francesco, il primo anniversario lungo un secolo

Finanze. Comunicazione. Lotta alla pedofilia. Attenzione ai divorziati. Con Papa Bergoglio i tempi della Chiesa hanno cambiato ritmo. Ecco i prossimi passi - Foto

Un anno che pare un secolo, uno straordinario piano di riforme e cambiamenti che vale più di un Concilio, un rinnovato entusiasmo di credenti e non credenti per un Papa che in pochi mesi ha sconvolto gli schemi consolidati della Curia romana. E per la prima volta nella storia due pontefici, uno in carica e l’altro emerito, convivono a poche decine di metri l’uno dall’altro.

I tempi della Chiesa di Papa Bergoglio non sono più quelli lenti e posati che il palazzo apostolico ha conosciuto per secoli. Sono i ritmi accelerati e decisi di un’istituzione che di fronte al dilemma se arroccarsi davanti alla modernità o accettarne la sfida ha scelto senza più incertezze la seconda via. L’orologio sembrava essersi fermato quando i veleni di Vatileaks erano cominciati a filtrare dalle sacre stanze nel 2012. Un’atmosfera plumbea e angosciosa che neppure il processo al maggiordomo infedele, Paolo Gabriele, era riuscito a dissipare.

All’improvviso lo shock: le dimissioni di Benedetto XVI. Una terapia d’urto che ora scopriamo era stata lungamente meditata e minuziosamente progettata dall’ex custode della dottrina della fede. Nella Chiesa ha provocato paura e smarrimento: un gregge rimasto senza guida a fronteggiare una crisi inedita. Ma in poco più di un mese la gerontocrazia dei cardinali, guidata da regole medioevali per l’elezione del Romano Pontefice, compiva il miracolo e sceglieva la figura che più di tutte si mostrava slegata dalla Curia e dai giochi di potere, la meno controllabile e influenzabile. La profezia ha vinto sulla politica. Una scommessa con la storia, un gesto coraggioso per la sopravvivenza della Chiesa.

Il Papa «preso quasi alla fine del mondo» ora interpreta senza tentennamenti il mandato ricevuto dai cardinali: imprimere immediatamente il segno della svolta, un nuovo linguaggio, un nuovo stile, un grande cantiere per le riforme, una straordinaria capacità di ascolto delle domande del mondo, una forte leadership in seno alla comunità internazionale. Dopo l’autunno del pontificato di Giovanni Paolo II, con gli ultimi anni segnati dalla malattia e il difficile inverno di Benedetto XVI, provato da gaffes, incidenti diplomatici e tradimenti, sembra giunto il tempo della primavera della Chiesa. Ed ecco cosa c’é nella fitta agenda di Papa Francesco.

Un ministero delle finanze. Avrebbe voluto lasciarlo in fondo all’agenda delle cose da fare, anche se il problema era emerso con chiarezza nel corso del conclave. Ma i suoi più stretti collaboratori e i cardinali amici gli hanno spiegato che non si poteva rimandare. Così Papa Francesco ha preso immediatamente in mano il dossier Ior e finanze vaticane, pressato dalle inchieste giudiziarie e dal negoziato con il Consiglio d’Europa sulla lotta al riciclaggio. Ora l’obiettivo è riunificare e semplificare, per garantire più facilmente trasparenza e controllo: le cinque istituzioni finanziarie della Curia romana (Ior, Apsa, Propaganda Fide, Fondo Pensioni e Governatorato) potrebbero finire tutte sotto l’ombrello di una sorta di grande «ministero delle finanze» incaricato della gestione e del controllo. Una riforma copernicana per un’istituzione finora fedele al motto evangelico: «la destra non sappia ciò che fa la sinistra».

Una Congregazione per i laici. L’inchino rivolto a piazza san Pietro gremita la sera dell’elezione, non era solo un gesto per accattivarsi la simpatia della folla. Era un segno dal profondo valore teologico: quella di Papa Francesco è una Chiesa di popolo, dove ai laici viene riconosciuto il posto d’onore. Per questo a essi non può essere dedicato solo un Pontificio Consiglio, cioé un dicastero di secondo piano. Meritano una vera e propria «Congregazione». È questa l’ipotesi alla quale sta lavorando il consiglio degli otto cardinali incaricati dal Papa di studiare le riforme. Un «ministero» dei laici che si dedicherà a quella porzione dei fedeli che rappresenta la stragrande maggioranza della Chiesa. Nella Congregazione potrebbero confluire molti altri dicasteri oggi presenti in Vaticano: famiglia, migrazioni, nuova evangelizzazione e così via. E ai vertici non sarebbe da stupirsi se il Papa volesse mettere un laico e non più un monsignore. Sarebbe un tassello decisivo nella direzione dello snellimento e della semplificazione della Curia, che è l’obiettivo principale dei cambiamenti intrapresi da Francesco.

I giovani e le donne. I giovani sono nel cuore di questo Papa, come ha mostrato il gigantesco bagno di folla sulla spiaggia di Copacabana in luglio, in occasione della Giornata mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro. A loro il pontefice affida il futuro della Chiesa, da loro si aspetta coraggio e voglia di cambiare, anche rischiando. Accanto ai giovani, le donne: vorrebbe più attenzione, genuina e rispettosa, da parte della Chiesa, all’universo femminile. Non chiede le «quote rosa» ma si aspetta un più autentico coinvolgimento delle donne a livello di governo centrale della Chiesa e sul versante dell’elaborazione teologica e culturale. Sa che non è semplice perché le resistenze del mondo maschile anche nei sacri palazzi restano molto forti ma Francesco ha in serbo nomine significative e rivoluzionarie anche su questo versante.

I divorziati risposati. Le difficoltà della famiglia tradizionale sono sotto gli occhi di tutti, ma per troppo tempo la Chiesa ha fatto finta di non vedere o si è pericolosalemente irrigidita. Il Papa ha spiazzato tutti: ha preso un questionario riservato ai vescovi e ha chiesto di inviarlo a tutti i fedeli. Sacramenti ai divorziati, contraccezione, coppie di fatto, unioni omosessuali: un sondaggio a tutto campo sulle opinioni dei credenti come mai era avvenuto nella storia della Chiesa. Moltissimi chiedono di cambiare, vorrebbero che ai divorziati venisse data una seconda possibilità di formarsi una famiglia restando a pieno titolo nella Chiesa. Il percorso per arrivare alla decisione finale sarà lungo: almeno due anni di consultazioni e due Sinodi dei vescovi. L’ipotesi potrebbe essere quella di prendere a modello la Chiesa ortodossa che offre ai divorziati l’opportunità di risposarsi pur mantenendo il principio dell’indissolubilità del matrimonio.

Tolleranza zero per la pedofilia, nonostante l’Onu. Pochi giorni dopo l’elezione ha raccomandato con forza di fare pulizia, «promuovendo le misure di protezione dei minori e i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli». Agli episcopati ha chiesto un impegno deciso e linee guida chiare. Nel mese di dicembre ha istituito anche una commissione incaricata di occuparsi di questa emergenza. Un’azione risoluta, nonostante le recenti critiche mosse alla Santa Sede dal Comitato Onu per i diritti dei bambini. Non sono ancora terminati però gli accertamenti a carico dell’ex-nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana, il polacco monsignor Jozef Wesolowski, accusato di pedofilia. L’istruttoria è condotta dalla Congregazione per la dottrina della fede ma per il processo canonico occorre aspettare e la Santa Sede non appare affatto intenzionata a estradare il diplomatico affinché sia processato all’estero.

Una nuova struttura della comunicazione. La società di consulenza McKinsey è incaricata dal Vaticano di studiare i bilanci e l’organizzazione dei media di Oltretevere: Radio Vaticana, Osservatore Romano, Centro televisivo vaticano, Sala stampa, Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Filmoteca vaticana, Libreria editrice vaticana, Tipografia vaticana, più il settore che si occupa di Internet. Un lavoro analogo stanno svolgendo altre società internazionali di revisione e consulenza presso lo Ior, il Governatorato, l’Apsa, l’Ospedale Bambin Gesù e la Casa Sollievo della sofferenza a san Giovanni Rotondo. È la prima volta nella storia che lo «scrigno» dei segreti vaticani viene aperto in maniera così ampia e trasparente di fronte a «estranei». L’obiettivo è avere un parere tecnico e imparziale sulle riforme necessarie. Uno dei nodi è rappresentato dai costi della Radio Vaticana, che conta ben 39 redazioni linguistiche diverse e sostiene spese di trasmissione molto rilevanti. Ci si chiede se nell’epoca di internet e dei social network sia ancora necessaria una struttura organizzata in questo modo. Molto frammentate le competenze anche tra le altre realtà della comunicazione. Si vorrebbe puntare invece alla costituzione di un nuovo dicastero della comunicazione che riunisca le diverse competenze. A guidarlo potrebbe essere chiamato l’attuale portavoce del Papa, padre Federico Lombardi (71 anni), mentre il suo posto potrebbe essere preso dal confratello gesuita padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, o da un laico, anche non italiano.

La lotta alla povertà in cima all’agenda diplomatica. Era considerata la prima e la più rispettata diplomazia del mondo. Poi si è andata progressivamente appannando nel corso del pontificato di Benedetto XVI. Oggi la diplomazia vaticana torna al centro della scena. Da Putin a Obama, dalla regina Elisabetta al presidente Hollande: tutti i leader fanno la fila per incontrare Papa Francesco. E lui detta le priorità: al primo posto la lotta alla povertà, quindi l’edificazione della pace e la costruzione di ponti di amicizia e fraternità tra i popoli. La veglia di preghiera contro l’intervento armato in Siria, il 7 settembre, è stato un successo diplomatico del Papa. Accanto a sé ha voluto monsignor Pietro Parolin, deciso a interpretare in modo diverso il ruolo di capo della diplomazia vaticana. «Semplicità, apertura, vicinanza, serenità e gioia» sono le doti che, secondo Parolin, dovrebbero caratterizzare il Segretario di Stato. Ma, come nel caso del Comitato Onu sull’infanzia, la comunità internazionale, pure accogliendo con grande simpatia il pontefice, non è disposta a fargli sconti.

I nemici in agguato. La primavera della Chiesa si sente arrivare ma fatica a sbocciare. Cercano di soffocarla sul nascere alcuni nemici del rinnovamento: sono anzitutto i curiali, cioè coloro che non ci stanno a veder svanire gli ultimi lasciti del potere temporale della Chiesa e i loro piccoli spazi di prestigio personale. Qualche svista nelle nomine di questi mesi pesa inoltre sull’efficienza e sulla coerenza della «macchina» messa in campo da Bergoglio. Ci sono poi coloro che avrebbero voluto un Papa europeo, possibilmente italiano, e non ci stanno a vedere la Chiesa a «testa in giù», che guarda alla sua missione dalla prospettiva del sud del mondo. Non mancano neppure i nostalgici di Ratzinger, che rimpiangono l’attenzione del «pastore tedesco» alla liturgia e alla tradizione. Ma il tentativo di contrapporre i due Papi è miseramente fallito, come spiega a Panorama il cardinale Julian Herranz, che ha guidato la commissione dei tre cardinali incaricata da Ratzinger di investigare su Vatileaks: «Sono convinto che non risponda alla realtà dottrinale e pastorale l’affermazione che la “rivoluzione” del “progressista” Francesco rappresenti una “rottura” con il pontificato “conservatore” di Benedetto XVI. Ciò che entrambi i Papi riflettono è un unico carisma, un’unica voce, quella delle parole di fede e dei fatti di amore di Cristo; quella voce che ci parla, che parla al mondo e si fa solidariamente eco nella voce e nella vita di Benedetto e di Francesco». 

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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