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GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images
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Il Papa a Firenze chiede alla Chiesa di "cambiare forma"

Un cristianesimo umile e popolare, senza l’ossessione del potere e delle strutture. Francesco replica così ai veleni di Vatileaks

Non basta indignarsi per l’immoralità, per i veleni, per le lotte di potere. Bisogna cambiare la "forma della Chiesa". "Cambiare verso", direbbe l’ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Questo è il progetto di Francesco. E questo chiede alla Chiesa italiana che sembra invece cristallizzata nel confronto tra ruiniani (seguaci dell’ex presidente della Cei, Camillo Ruini, al vertice per venti anni) e post ruiniani, seguaci di Bergoglio e nostalgici di Ratzinger. Una Chiesa che sembra non aver colto appieno la novità del pontificato di Francesco.

Dal 9 al 13 febbraio si svolge a Firenze il quinto convegno ecclesiale nazionale sul tema «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo». Sono gli «Stati generali» della Chiesa italiana, convocati ogni dieci anni per fare il punto sul cammino percorso. Un appuntamento centrale nella vita della comunità ecclesiale italiana che ha chiamato tutti i suoi esponenti a livello ecclesiastico, laicale, associativo. 2.500 rappresentanti in tutto.

No all’ossessione del potere
Francesco che, come vescovo di Roma, è anche primate di Italia, fa un intervento forte e deciso nella cattedrale di Santa Maria del Fiore. Non ha mai fatto sconti alla Cei, presieduta da Angelo Bagnasco. E stavolta striglia tutta la Chiesa italiana. "Non dobbiamo essere ossessionati dal potere", dice e pensa a vescovi e cardinali in primis. Ma la fede deve essere "rivoluzionaria" (e si sente l’eco della testimonianza di un altro sindaco di Firenze, l’indimenticato Giorgio La Pira). "Il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare".

Il Papa a Firenze: la Chiesa come Don Camillo, che parli alla gente - Foto


Una Chiesa italiana che a tratti sembra bloccata, quasi paralizzata dalla novità del Papa argentino, così come era accaduto nei primi anni del pontificato di Giovani Paolo II, dopo la stagione di Paolo VI. E Francesco chiede una Chiesa "inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti". E soprattutto "libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa".

Spesso i conflitti nella Chiesa sono sotto traccia, apparentemente sopiti ma sempre pronti a covare sotto la cenere. Bergoglio non lo accetta, chiede invece un confronto franco: "Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo, ma accettarlo". Il Papa invita a "discutere insieme, oserei dire arrabbiarsi, pensare alle soluzioni migliori per tutti".

E a una Chiesa che ha la tentazione di sentirsi superiore, una élite culturale e del pensiero, Bergoglio chiede di ritornare tra la gente: "Un umanesimo cristiano, popolare, umile, generoso, lieto», come quello di don Camillo.

Dal personaggio di Guareschi, Bergoglio non prende solo la bonomia e la semplicità, ma senza dubbio anche l’astuzia. Ancora una volta la sua risposta agli attacchi e alle resistenze che incontra è un appello al popolo. Con la forza della gente, Francesco vuole cambiare la Chiesa e la Curia. Sa di avere bisogno dell’aiuto di tutti. Ma non si arrende. Chiede a Dio di proteggere la Chiesa italiana "da ogni surrogato di potere, di immagine, di denaro". Ed è convinto che «la povertà evangelica sia creativa e ricca di speranza».

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Papa Francesco benedice e bacia una bambina nella cattedrale di Santa Maria del Fiore

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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