India: la triste storia di un'adolescente, drogata e costretta alla prostituzione
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India: la triste storia di un'adolescente, drogata e costretta alla prostituzione

Nel paese in cui nascere donna è una tragedia, la piccola Maruti prova a ricostruirsi una vita priva di violenze e prevaricazioni

Le Nazioni Unite ritengono che l'India sia oggi il luogo peggiore in cui nascere donna. Il più pericoloso, una realtà drammatica in cui le probabilità per le giovanissime di raggiungere serenamente i cinque anni di età sono meno della metà rispetto alla media mondiale, e in cui a mariti, padri e fratelli padroni non mancano mai "validi motivi" per giustificare omicidi efferati compiuti senza alcuna pietà. L'ultimissimo (e inaccettabile) caso ha coinvolto un sarto del Bengala Occidentale, Mehtab Alam, 24 anni, ha decapitato la sorella Nilofer, 22 anni, sposata da otto e madre di due bambini, per "salvare l'onore della famiglia". La donna, stanca di sopportare maltrattamenti e percosse subiti nella casa dei familiari del marito, si era infati macchiata di un reato imperdonabile: l'adulterio. La ricerca di una maggiore protezione tra le braccia di un ex fidanzato (forse perché le richieste di aiuto lanciate ai suoi stessi familiari erano cadute nel nulla), Nilofer l'ha pagata con la vita. E la sua è, purtroppo, solo una delle terribili storie che scandiscono con una macabra regolarità la quotidianità indiana.

Il New York Times ne ha raccontata un'altra, attraverso i racconti di Nick Kristof, giornalista che, per caso, si è imbattuto in Minati (il nome è immaginario) quando ha accompagnato i rappresentanti della Ong International Justice Mission , scortati dalla polizia, in un bordello di Calcutta. Una ragazzina di 19 anni che quando si è accorta della presenza di una delegazione occidentale e delle forze dell'odine nel suo inferno ha gridato loro "portatemi via". Ignara del fatto che stesero cercando un'altra persona.

E' certo che se Kristof non si fosse fatto incuriosire da questa insolita richiesta (raramente le prostitute indiane cercano di attitrare l'attenzione di chi non frequenta regolarmente i locali in cui lavorano) nessuno avrebbe mai scoperto la sua storia. E Minati sarebbe ancora oggi prigioniera dei suoi padroni. Sì, padroni, che l'hanno acquistata da un uomo del suo villaggio che l'ha prima drogata e poi rapita, e che ritengono di poterne gestire come preferiscono la vita.

L'incubo di questa ragazza è iniziato due anni fa quando, ancora diciassettenne, è stata picchiata dal fratello (suo unico tutore dopo la morte dei genitori) dopo aver discusso con lui per un problema economico. Minati racconta con le lacrime agli occhi la paura provata quel giorno. Anche se nei due lunghissimi anni successivi ha probabilmente rimpianto la scelta fatta dopo la lite. Vale a dire quella di scappare. Una fuga improvvisata che l'ha fatta cadere in un'altra trappola, ben peggiore dei colpi che avrebbe potuto ricevere dal fratello. Di quel giorno Minati ricorda solo di essere entrata in una casa da te' per riscaldarsi un po' e di aver ordinato qualcosa da bene. Poi più nulla, se non il terribile risveglio in un bordello di Calcutta, nel momento in cui chi ce l'aveva condotta riceveva l'incasso dalla coppia che l'aveva acquistata.

Da quel giorno la sua vita è cambiata. Ha dovuto imparare rapidamente a soddisfare i clienti che la sua protettrice le assegnava e smettere di protestare. Consapevole che in cambio avrebbe ricevuto solo percosse. Fino a quando non ha incrociato gli sguardi di questo gruppo di occidentali, a cui ha fatto arrivare il suo messaggio di disperazione. Oggi Minati è di nuovo libera, e racconta che le ragazze con cui ha trascorso ogni minuto libero negli ultimi due anni non capiscono dove abbia trovato il coraggio per chiedere aiuto. Perché le donne indiane una volta diventate prostitute preferiscono morire piuttosto che ottenere la libertà in una società che non le accetterà mai. Minati, invece, un compromesso tra la vergogna e il desiderio di libertà lo ha trovato: vuole trasferirsi lontano da tutti. Da Calcutta e dal paesino del bengala Occidentale da cui proviene. In maniera che nella sua nuova città, dove potrà finalmente iniziare una nuova vita, nessuno potrà mai conoscere i dettagli del suo passato. Per ricominciare da zero l'ottimismo è importante, ma Minati non considera che nel suo paese per una donna single è quasi impossibile trovare lavoro. Figuriamoci per chi si trasferisce da fuori e si rifiuta di spiegare che fine abbia fatto la sua famiglia. Nella migliore delle ipotesi potrebbe ritrovarsi emarginata da tutti. Eppure, anche questa condizione segnerebe un netto miglioramento rispetto al passato per questa povera ragazza...

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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