Giappone, la rivoluzione degli stalker
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Giappone, la rivoluzione degli stalker

Tra ladri di mutandine e molestatori a pagamento, sempre più anziani sfogano le proprie frustrazioni in maniera irriverente

Abbiamo già parlato dei maniaci di mutandine usate e anche degli stalker a tempo determinato reclutati per mettere in scena la "molestia perfetta", ma non ci siamo ancora soffermati a valutare il peso di queste a dir poco "strane" abitudini all'interno della società. Partiamo dai dati: i molestatori over 70 dagli occhi a mandorla sono aumentati niente meno che del 460 per cento, in appena dieci anni.

Le molestie sono un problema serio in Giappone. Ne sono protagonisti soprattutto gli anziani, ma non sono poi così rare tra i giovani. Lo dimostra il fatto che il governo è stato costretto ad approvare velocemente una legge in base alla quale anche l'eccessiva frequenza con cui si ricevono telefonate, fax e messaggi di posta elettronica può essere considerata (e denunciata) come molestia.

Nel 2012 la polizia ha registrato poco meno di 20mila denunce, circa il 36 per cento in più rispetto all'anno precedente. E il valore più alto da quando, nel 2000, lo stalking è stato ufficialmente definito un "crimine". Che cosa sta cambiando? Beh, anzitutto la popolazione sta invecchiando, cosa che, per ovvie ragioni, aumenta la probabilità con cui gli anziani si ritrovano ad essere protagonisti di molestie di vario tipo. Anche la crisi ha peggiorato la situazione, perché spesso è la frustrazione dei disoccupati (o dei loro genitori, che dopo aver speso una fortuna per farli studiare, somatizzano il fallimento dei figli come se fosse il loro) ad essere sfogata sugli altri. 

Infine, ed è indubbiamente questo l'aspetto più rilevante, la crescita esponenziale delle molestie è la diretta conseguenza di una vita iper regolamentata come è quella dei giapponesi. Dove a scuola le maestre insegnano ai bambini a non abbracciare mai i genitori, dove uomini e donne vivono in due mondi separati, dove ogni tappa dell'esistenza dei singoli sembra essere già pianificata sin dalla nascita, dove gli alcolici sono diventati l'unico mezzo per sfogare lo stress accumulato, e dove la paura di sbagliare ha portato tanti a non essere più nemmeno in grado di decidere come vestirsi, facendo quindi costantemente riferimento alle guide distribuite dalle aziende e dal governo quando si tratta di acquistare le "uniformi da lavoro". Estive e invernali.

A prescindere dalle abitudini e dalle differenze culturali, è un dato di fatto che i giapponesi non sono dei robot, e una volta programmati per comportarsi come tali inevitabilmente esplodono. Spesso quando diventano più anziani, le frustrazioni si accumulano, e si avvicina, anche per loro, il tempo di fare un bilancio degli anni dedicati ad obbedire a regole più o meno sensate.

Per risolvere questo problema, quindi, al Giappone non basterà punire gli anziani, e nemmeno denigrarli (in questo modo, probabilmente, finirebbe solo col fare aumentare il numero dei suicidi tra coloro che si ritroverebbero a "perdere pubblicamente la faccia" per i loro comportamenti. Ma trovare un modo per diventare progressivamente più moderno, e libero. Forse, modificare i programmi scolastici delle elementari e delle medie potrebbe essere un buon inizio. 

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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