Estintori anti immolazioni a Tiananmen
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Estintori anti immolazioni a Tiananmen

Pechino non vuole che altri tibetani si diano fuoco nella piazza simbolo della Cina

Cosa ci fanno decine di estintori in Piazza Tiananmen? Certamente li ha voluti il governo, e di sicuro sono stati posizionati di notte. Nel tentativo di farli passare inosservati. Probabilmente sperando addirittura di indurre molti a pensare che ci siano sempre stati...

Il fatto che Pechino voglia fare in modo che nessuno chieda le ragioni per cui la Piazza simbolo della nazione è oggi piena di estintori, posizionati a una quindicina di metri di distanza l'uno dall'altro, è legato alla necessità di evitare che la popolazione, più che i turisti, possa sospettare che il regime sia di nuovo spaventato. Da chi? In questo caso è facile rispondere: dai tibetani.

La Regione Autonoma del Tibet rappresenta una spina nel fianco per il regime sin da quando è stata ufficialmente annessa alla Repubblica popolare cinese, nel 1959. Parlare di assimilazione (con relativa distruzione della cultura locale) non è possibile, perché ne' la linea morbida e conciliante dei primissimi tempi ne' la linea dura hanno mai convinto una popolazione che non hai mai smesso di rivendicare la propria autonomia.

Da quando la Cina si è trasformata in un partner finanziario e commerciale importante anche per le nazioni occidentali, queste ultime hanno iniziato ad appoggiare con sempre meno enfasi le posizioni del Dalai Lama. Questo non significa che il leader spirituale del Tibet abbia perso il suo appeal, ma la speranza che sarebbero state le democrazie ad appoggiarlo (militarmente) nella sua lotta per l'indipendenza sono via via sfumate. Mentre, in parallelo, si sono moltiplicate le occasioni in cui i tibetani, religiosi e civili, in esilio e non, hanno cercato di far sentire la loro voce.

Ci hanno provato nel 2008, in occasione delle Olimpiadi di Pechino, ma il Partito ha chiuso loro la bocca blindando la regione. Che è rimasta a lungo inaccessibile, soprattutto per gli stranieri. Successivamente è stata ritentata la strada del dialogo. E per non indispettire i cinesi il Dalai Lama ha persino nominato un nuovo leader politico, nella speranza di uscire dall'impasse mantenendo un profilo bassissimo e lasciando che fosse un nuovo interlocutore ad occupare la prima linea. Ennesimo fallimento: Pechino si è rifiutata di riconoscerlo, non ha cambiato posizione, e il Dalai Lama ha continuato ad essere additato come un terrorista senza scrupoli manovrato dall'estero.

E' a questo punto che i tibetani hanno capito che avrebbero potuto continuare a sostenere la loro causa solo ricorrendo a gesti estremi. Vale a dire togliendosi la vita dandosi fuoco. Le autoimmolazioni sono iniziate in Tibet, circa un anno fa. Poi si sono estese ad alcune regioni della Repubblica popolare, e ora Pechino teme che, non avendo ottenuto alcun risultato, questi "rivoluzionari" possano arrivare a scegliere Piazza Tiananmen per mettere in scena i loro "atti terroristici". E il regime non può certo permettersi di farsi cogliere impreparato.

Immolazioni a Tiananmen o nelle vicinanze della Piazza sono già avvenute in passato. E il Partito ha cercato di cancellarne la memoria appoggiandosi alla censura. E se la potenza dei social network questa volta non permettesse a Pechino di avere la meglio, cosa potrebbe succedere? A questa domanda nessuno può rispondere.

Solo una cosa è certa: la Cina di Xi Jinping vuole rivoluzionare la propria immagine, ma non i principi in cui ha sempre creduto. E gli estintori servono proprio a questo: permettono di lasciare liberi i giornali di parlare di eventuali immolazioni...presentandole come incidenti da cui grazie al pronto intervento di esercito e forze dell'ordine tutti usciranno illesi. Immagine e buon nome del Partito incluse.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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