Cina: violenze, arresti e giorni di ferie in regalo in attesa dell'apocalisse
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Cina: violenze, arresti e giorni di ferie in regalo in attesa dell'apocalisse

Il Partito approfitta della confusione creata dai fanatici che aspettano la fine del mondo per rassicurare il paese ed eliminare i "veri" sovversivi

In Cina l'apocalisse dei Maya ha già colpito. Varie volte. Qualche giorno fa era circolata la notizia della scelta di una serie di aziende di regalare ai dipendenti un giorno di ferie. Naturalmente il 21 dicembre. Autorizzandoli quindi indirettamente a trascorrere il giorno dell'apocalisse come desideravano.

Nel regno della superstizione, nelle città di periferia e nelle metropoli (Hong Kong, Shanghai e Pechino incluse, a patto di uscire dai quartieri a più elevata concentrazione di espatriati) non è raro imbattersi in grattacieli in cui i piani nella cui numerazione sarebbe previsto un 4 non esistono. Il motivo? La pronuncia del 4 ricorda un po' troppo quella di un altro carattere: quello che traduce la parola morte.

In una nazione in cui questo è solo uno dei tanti accorgimenti scaramantici che la popolazione segue con grande precisione (quando possibile, il numero 4 scompare anche dalle targhe automobilistiche, dai numeri di telefono e da quelli di conto corrente), quando hanno iniziato a diffondersi i primi commenti o iniziative in qualche modo collegate alla profezia dei Maya, il governo li ha prima monitorati con attenzione, scegliendo poi all'improvviso di stroncarli. Alla luce del sole e con violenza. Nella speranza di scoraggiare chiunque dal proporne di simili.

Perché lo ha fatto? Per tre motivi. Il primo legato alla necessità di mantenere l'ordine e la stabilità ad ogni costo. Il secondo a quella di rafforzare l'immagine del Politburo che si è appena insediato. Il terzo a motivi di "sicurezza nazionale".

In un momento in cui ogni sciocchezza si trasforma con troppa facilità in un valido motivo per protestare, la distribuzione di libri, cartelloni, canzoni o oggetti di altro tipo il cui contenuto avrebbe potuto alimentare il panico all'interno della società sono stati sequestrati, e chi li ha messi in commercio è stato arrestato. "Questi materiali di propaganda hanno già creato fin troppi danni", ha commentato un editorialista del Global Times. Del resto, il trentaseienne che appena un paio di giorni fa ha accoltellato 22 bambini e un adulto davanti all’entrata della scuola di elementare di Henan ha confessato di averlo fatto per obbedire alle voci sulla immimente fine del mondo della profezia dei Maya. Un fatto inaccettabile per il Partito, e che soprattutto non deve ripetersi.

Ancora, da quando i cinesi, terrorizzati dall'ormai prossima catastrofe, hanno iniziato a spendere tutti i loro risparmi per acquistare (dall'estero), capsule e container di sopravvivenza o materiali per costruire grandi navi per mettersi in salvo quando l'apocalisse li sorprenderà, il governo non ha potuto fare a meno di intervenire per frenare questa corsa alle spese folli arrestando e punendo chi aveva indotto schiere di cinesi fifoni e creduloni ad approprarsi di questi inutili salvavita. Cogliendo l'occasione per sottolineare che sarà sempre e comunque il Partito a prendersi cura di loro, invogliando il popolo a continuare a fidarsi delle autorità.

Infine, approfittando della copertura offerta dai Maya, la Cina ha colto l'occasione per liberarsi di "altri elementi sovversivi" in qualche modo riconducibili ai "seguaci dell'apocalisse". Tra questi, i componenti della Chiesa del Dio Onnipotente, convinti che una reincarnazione di Gesù Cristo comparirà prima o poi in Cina e che proprio nei giorni scorsi avrebbero sollecitato i propri adepti a ribellarsi al "Grande Drago Rosso", una metafora che indica il Partito comunista cinese. Insomma, anche questa volta sono bastate poche centinaia di arresti per sottolineare che la Cina non tollera alcuna forma di dissenso. E per i cinquecento fermati, forse, la fine del mondo è arrivata davvero.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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