Cina, stress e lavoro eccessivo provocano 1.600 vittime al giorno
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Cina, stress e lavoro eccessivo provocano 1.600 vittime al giorno

600mila casi registrati solo nel 2013, ma per Pechino il problema "non è prioritario"

E' ufficiale: in Cina si muore per stress da lavoro. Il governo parla di una vera e propria epidemia, con 600mila casi registrati solo nel 2013 . Una media di 1.600 decessi al giorno. Tutto perché si lavora tanto. Anzi, troppo.

L'economia nazionale continua a crescere, ma anche le conseguenze della crisi economica internazionale iniziano a farsi sentire. Tante fabbriche quando non chiudono sono costrette a ridurre i costi per rimanere a galla. E la voce più facile da tagliare è sempre quella dei salari. La maggior parte di loro viene dalle campagne ed è talmente disperata da accettare condizioni e orari sempre peggiori e compensi sempre più bassi pur di conservare il proprio impiego. Fino a quando il loro corpo regge più. A peggiorare ulteriormente il quadro contribuisce l'incapacità del paese di garantire anche solo una minima base di diritti agli iper-sfruttati operai migranti. Assistenza medica, sussidi di vario genere, tariffe agevolate: tutti questi "privilegi" continuano ad essere loro negati da un sistema che non concede la residenza a chi si sposta per motivi di lavoro dalla campagna alla città.

Eppure, secondo le statistiche cinesi non sarebbero solo i colletti blu a morire perché lavorano troppo (e vale la pena puntualizzare che i decessi causati da incidenti o malattie non rientrano nella categoria). Lo stesso succede ai colletti bianchi, iper-stressati dall'avidità e dalle ambizioni di superiori che li costringono a sostenere orari infernali. Anche in questo caso, con la crisi il terrore di perdere il posto è tale da indurre gli impiegati a non protestare mai. A costo di mettere a rischio la loro stessa vita.

La situazione è grave, e secondo China Youth Daily i decessi per eccessivo lavoro sarebbero diventati davvero troppi. Nella maggior parte dei casi le vittime si accasciano sulla loro scrivania o in corrispondenza della loro postazione e smettono di respirare. Nella confusione di un ufficio o di una fabbrica dove i ritmi sono talmente veloci da non permettere a nessuno di rendersi conto di ciò che sta succedendo prima della fine del turno. 

Lavorare tanto fa parte della cultura asiatica. Giapponesi e coreani sono famosi per la profondità del legame con cui si legano all'azienda che li assume. Il motore dei cinesi, invece, sembra essere l'avidità, ma in alcuni casi anche il terrore di contraddire superiori troppo autoritari. L'etica del sacrificio e del duro lavoro è senza dubbio alla base di quel miracolo asiatico che tanti economisti non sono ancora riusciti a spiegarsi del tutto. Tuttavia, sacrificare la vita per il boom economico è inaccettabile. La Cina avrebbe dovuto correre ai ripari quando, qualche anno fa, si verificarono i primi episodi di morte per eccessivo lavoro. Aspettare di superare la soglia dei 1.500 casi al giorno è intollerabile. Eppure, c'è chi sostiene che per Pechino i decessi da stress e affaticamento non rappresentino ancora una priorità.

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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